12 settembre 2020

Mario Cresci alla Fondazione Modena Arti Visive

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Fondazione Modena Arti Visive presenta la personale di Mario Cresci, che crea un dialogo tra due percorsi espositivi e storia della fotografia. Fino al 10 gennaio

Mario Cresci, Dalla serie Rivelati, Roma 2010- Bergamo 2020, Stampa Giclée Fine Art, 39 x 48 cm © Mario Cresci, Courtesy Istituto Centrale per la Grafica, Roma, (da L. Calamatta, “La Madonna della seggiola di Raffaello”, 1863)

Negli spazi di Fondazione Modena Arti Visive inaugura oggi, 12 settembre, “La luce, la traccia, la forma”, la personale di Mario Cresci (Chiavari, 1942) a cura di Chiara Dall’Olio, che all’interno della sede espositiva di Palazzo Santa Margherita presenta «un allestimento composto da opere realizzate con linguaggi differenti e tecniche sperimentali, che da sempre connotano la cifra stilistica dell’artista».

Mario Cresci, ha ricordato il museo, «è autore, fin dagli anni Settanta, di opere eclettiche caratterizzate da una libertà di ricerca che attraversa il disegno, la fotografia, il video, l’installazione, il site specific. Il suo lavoro si è sempre rivolto a una continua investigazione sulla natura del linguaggio visivo attraverso il mezzo fotografico usato come pretesto opposto al concetto di veridicità del reale».

La mostra è strettamente connessa alle opere appartenenti a un altro percorso espositivo, dedicato a W.H.Talbot alle Gallerie Estensi, a Modena (fino al 10 gennaio): «Fondazione Modena Arti Visive ha invitato Mario Cresci a creare un dialogo con la mostra “L’impronta del reale. W. H. Fox Talbot alle origini della fotografia” che contemporaneamente le Gallerie Estensi, in collaborazione con FMAV, dedicano al noto fotografo inglese, inventore della fotografia su carta, e ai procedimenti di riproduzione delle immagini», ha spiegato l’istituzione.

Mario Cresci, Autoritratto #01, Bergamo 2010, Dalla serie “Attraverso la traccia”, Stampa Giclée Fine Art, 120×90 cm, © Mario Cresci

Il percorso espositivo

«Mario Cresci si è ispirato alle origini della fotografia come traccia creata dalla luce e ha selezionato per “La luce, la traccia, la forma” una serie di opere che evidenziano il suo interesse per l’incisione e più in generale per il “segno” che fin dal primo momento è stato, in senso più ampio, un tema costante della sua ricerca artistica», ha spiegato la Fondazione.

Alcuni estratti dal testo della curatrice, Chiara Dall’Olio, per i visitatori della mostra, ci aiutano a entrare nel vivo del percorso espositivo:

Mario Cresci «per la sua personale ha ideato un allestimento composto da una serie di opere che evidenziano il suo interesse per il ‘segno’ in senso ampio, tema costante, fin dal primo momento, della sua ricerca artistica. 

«Prima dell’invenzione della fotografia le immagini venivano diffuse attraverso l’uso della tecnica calcografica, ovvero attraverso delle lastre di rame incise con le tecniche dell’acquaforte e del bulino. Con l’avvento del dagherrotipo è la luce che impressiona la lastra metallica sostituendosi alla mano dell’artista. Poco tempo dopo sarà Talbot a inventare il negativo su supporto cartaceo». 

Mario Cresci, dalla serie Rivelati, Roma 2010, courtesy l’artista e FMAV

«Partendo da questa analisi, l’artista riprende un lavoro esposto nel 2011 all’Istituto Centrale per la Grafica di Roma, focalizzandosi sui segni incisi da Giovanni Battista Piranesi, (“Le Carceri VIII, XIV”, 1745 circa), Annibale Carracci (“Madonna che allatta il bambino”, 1583 circa) e Luigi Calamatta (“Madonna della Seggiola” di Raffaello, 1863), analizzati attraverso video e scatti fotografici capaci di disvelare la matericità del segno nel rapporto con la lastra di rame». 

«Il percorso della mostra si apre con il dittico “Autoritratto”, dalla serie “Attraverso la traccia” (Bergamo, 2010) realizzato usando la superficie specchiante del retro di un ‘grande rame’ che, modificata dall’ossidazione del tempo, restituisce un’immagine alterata della figura. Un gesto simbolico l’intervento di Mario Cresci perché in questo caso è la fotografia a ‘incidere’ la lastra di rame: un omaggio a quello sperimentalismo che caratterizzò l’invenzione della fotografia fin dalla sua comparsa nel mondo dell’arte».

Mario Cresci, Dalla serie Rivelati, Roma 2010- Bergamo 2020, Stampa Giclée Fine Art, 39 x 48 cm
© Mario Cresci, Courtesy Istituto Centrale per la Grafica, Roma (da G.B. Piranesi, “Le carceri VIII”, 1745)

«Nel video “Tre focus su Piranesi” (Roma 2011-Bergamo 2020), l’artista ha invece operato per sottrazione isolando, a partire da una macrofotografia, i solchi del bulino incisi da Piranesi sulle lastre di rame dalla serie Le Carceri. Cresci trasforma i segni incisi in segni luminosi in movimento, che si sommano fra loro ridefinendo il disegno originario, operando così un’analisi della percezione visiva attraverso le sue componenti elementari: le linee».

«Al centro dello spazio espositivo, la grande teca retroilluminata contiene l’opera “Alterazione del quadrato”, dalla serie “Geometria non euclidea” (Venezia 1964-Matera 1972), sequenza di immagini su pellicola, dove la riflessione di Cresci si concentra sullo spostamento del punto di vista, sull’esperienza della percezione e sulla sua ambiguità, e lo fa ricorrendo al quadrato, geometrica struttura elementare, punto di partenza di molte sue ricerche».

«In mostra, Cresci espone le opere dalla serie “Rivelati” (Roma 2010): tre inclinazioni diverse della stessa lastra che rivelano in un gioco di positivo e negativo tre ‘diverse’ immagini, modificate dalla luce, della “Madonna della Seggiola” di Raffaello. Per l’occasione l’artista ha integrato la serie con macro prelievi estratti dalle fotografie (realizzate ad hoc da Alfredo Corrao all’inizio 2020) delle lastre dei tre incisori. Queste elaborazioni di Cresci manifestano la loro natura di opere d’arte autonome che generano, attraverso tracce e segni, altre opere, utilizzando riproduzioni di riproduzioni della realtà, in un continuo circolo interpretativo e creativo». 

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