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Che quella di quest’anno sia una Milano Art Week sottotono è sotto gli occhi di tutti, ed è a dir poco un vero peccato dati gli standard altissimi a cui gli ultimi anni ci avevano abituato.
Si risponderà che non è più come prima: a Milano forse no, ma che dire di città come Venezia (prima alluvionata e poi isolata per Covid) le cui istituzioni si sono sbrigate a rimettersi in moto (e che questa settimana oltre alla Mostra del Cinema offre anche la Venice Glass Week)? Che dire di Bergamo, la città più colpita d’Italia, che ha tirato su – durante il lockdown – la mostra (e i fondi per realizzarla) di Daniel Buren? Che dire di Roma, con le sue proiezioni pubbliche sui palazzi all’Ostiense, la riapertura del Macro e del Mattatoio, i programmi coordinati tra La Fondazione e Gagosian, solo per fare qualche esempio?
A Milano una ripresa “alla milanese” per ora sembra ben lontana all’orizzonte. Peccato di nuovo, perché anche se i fondi a disposizione sono ben lontani da quelli che vi erano prima, questi mesi sarebbero stati il periodo perfetto per dimostrare la capacità di rialzarsi della città, che invece sta vivendo lenta e, allo stesso tempo, affannata.
In attesa delle nuove mostre delle fondazioni che in città, negli ultimi anni, hanno fatto il buon tempo (Trussardi, che apre il 22 settembre alla Chiesa del Lazzaretto con Ragnar Kjartansson; Pirelli Hangar Bicocca con le grandi installazioni di Chen Zhen a ottobre; e Prada che prima o poi annuncerà i nuovi programmi…) da oggi al Museo del Novecento è visitabile la mostra di Franco Guerzoni (1948, Modena) “L’immagine sottratta”, a cura di Martina Corgnati, un campionario della produzione dell’artista modenese che, oltre alle grandi tele “parietali” di strappi, accumuli di intonaco, brandelli di colori astratti trasposti dalla realtà, offre la visione di una serie di opere più intime (anche degli anni ’70) dalle forme letterarie, vicine ad una rappresentazione warburghiana, un atlante di oggetti-rappresentazioni poetiche, reperti di un altro tempo.
Sempre al Museo del Novecento, ecco le due opere acquisite dall’Associazione ACACIA di cui vi avevamo raccontato negli scorsi giorni: sono di Loris Cecchini, artista nato a Milano nel 1969 e rappresentato in Italia da Galleria Continua, che quest’anno è il vincitore della 17ma edizione del Premio ideato da Gemma Testa. L’acciaio e l’oro di una sabbia fantastica, realizzata con resina e altri materiali da Cecchini, si alternano, si scontrano e si uniformano nello sguardo e nello spazio: sono forme naturali quelle di Waterbones (177), le “ossa di acqua”, e Aeolian Landforms (Dahkla 137C). Acqua e terra, aria e fuoco: i quattro elementi pervadono lo spazio dell’opera e allo stesso tempo sono stilizzati dal linguaggio dell’arte, in una rappresentazione sospesa tra il poetico e lo scientifico.
Una buona occasione per visitare il Museo del ‘900 potrebbe essere sabato, 12 settembre, approfittando dell’apertura gratuita. A offrire simbolicamente il biglietto ai visitatori, è Banca Generali, in partnership con il Comune di Milano. Proseguendo l’impegno dell’istituto bancario nella diffusione dell’arte e della cultura, durante l’Art Week il sito web ourdarkesthour.it ospiterà una gallery di fotografie scattate dall’artista veneziano Michele Alassio, per documentare lo stato della città lagunare nei giorni del lockdown dello scorso marzo. Le foto della raccolta, intitolata “Our Darkest Hour – It’s Radiant Time”, potranno essere acquistate in formato fisico e l’intero ricavato sarà devoluto in beneficienza a favore di CBM Italia per sostenere progetti legati all’emergenza Covid-19 in Italia.
Intervista a Martina Corgnati sulla personale di Franco Guerzoni al Museo del ‘900
Come è nata la mostra?
«È nata da una proposta che ho fatto al Museo del Novecento, che è stata accolta con entusiasmo. Guerzoni ha avuto un lungo e intenso rapporto con Milano, ma una sua personale non era mai stata allestita in un museo come il ‘900».
Con quali criteri avete selezionato le opere in mostra e strutturato il percorso espositivo?
«Abbiamo privilegiato la produzione degli ultimi dieci – quindici anni, posta in dialogo con alcune cose delle origini. Lo spazio dell’archivio si presta alle biblioteche, agli “archivi” appunto e alle indagini in profondità».
Una sezione è dedicata alle opere più recenti dell’artista, su che cosa verte?
«No, non una sezione, tutta la mostra è un dialogo fra alcune cose delle origini e la produzione più recente: grandi opere, strappi d’affresco, archeologie, fino alla serie Intravedere e “sfogliare la parete”».
Franco Guerzoni ha stretto una lunga amicizia e un sodalizio artistico con Luigi Ghirri che sono stati molto importanti per lo sviluppo della ricerca artistica di entrambi e a cui è dedicato il testo in catalogo della figlia di Ghirri, Adele. In che modo in mostra è possibile rintracciare questo rapporto?
«Sono esposti tutti i libri d’artista e alcune opere della serie “irrisolti”, le cui immagini sono state in effetti “fatte” da Ghirri».
Ci potete suggerire un paio di opere su cui soffermarci in mostra?
«Non è Pompei, un chiaro segnale di attenzione all’archeologia “povera” di Guerzoni e tutti i lavori esposti nelle bacheche. Contemporanei e antichi».