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Nella sede in cui la A+B Gallery si è trasferita poco più di un anno, in Corsetto Sant’Agata 22, a Brescia, da ieri è aperta “Pratonera” la personale di Nazzarena Poli Maramotti (1987, Montecchio Emilia), accompagnata da un testo di Cecilia Canziani.
Nel percorso espositivo tra nuovi dipinti, opere su carta e ceramiche che raccontano del luogo in cui l’artista è nata, in provincia di Reggio Emilia, e a cui un paio d’anni fa ha fatto ritorno, dopo anni trascorsi all’estero.
«La biografia dell’artista e il suo ritorno a casa – ha spiegato la galleria – è il nucleo attorno a cui si sviluppa l’intero corpus di opere esposte che raccontano un luogo di vita e di legami. “Pratonera” nasce dal ripensamento di immagini tipiche come la nebbia, i cancelli, le strade dritte e lunghe, i filari, gli animali, le persone, il gioco delle carte, le feste».
La mostra sarà visitabile fino al 18 settembre (ad eccezione dei giorni in cui la galleria sarà chiusa per pausa estiva, dal 9 al 23 agosto) e nei prossimi mesi la A+B Gallery proseguirà l’attività con un fitto programma: a luglio Davide Mancini Zanchi avrà una personale al Centro Arti Visive Pescheria, a Pesaro, a settembre la galleria presenterà una personale di Marco Neri e a dicembre una di Tobias Hoffknecht, con una nuova serie di sculture.
Il percorso espositivo
«Pratonera – ha proseguito la galleria – è il nome di un luogo specifico che si trova a Cavriago, vicino a Reggio Emilia, ai piedi dell’Appennino, già in pianura. Si trova nei dintorni dello studio di Nazzarena Poli Maramotti, luogo della sua famiglia, affetti e ricordi, ma soprattutto di consuetudini che lo rendono casa e lo sottraggono in un certo senso dal passare del tempo.
Nazzarena Poli Maramotti ha reso le immagini che abitano questo paesaggio con diversi elementi, tutti derivati dalla pittura. Dai formati estremamente piccoli e quelli grandi, dalle opere su carta a quelle su tela, dai soggetti riconducibili al ritratto, al paesaggio, alla natura morta, fino alle carte da gioco, alle quali è riservata una particolare attenzione nella figura della Pita. Inedite sono le opere in ceramica di vasi di fiori e paesaggi, eseguite con l’eccellenza del forno locale».
Tra le opere nuove, oltre ai dipinti, anche le ceramiche, di cui così scrive Cecilia Canziani nel testo che accompagna la mostra: «Le ceramiche sono nate dal desiderio di lavorare insieme, sono opere in un certo senso a più mani, in cui Nazzarena con la guida di un gruppo di amici ceramisti ha tradotto un suo soggetto ricorrente e che in questa mostra abbiamo visto tornare attraverso l’allusione alla Festa della Gorganza (cioè a un tempo, a un luogo, a un modo di essere collettività). Con lo stesso gruppo di persone Nazzarena gioca a carte, e le carte […] costruiscono tra chi gioca un lessico comune e un’appartenenza.
Le carte introducono anche un altro elemento nella mostra: costituiscono uno schema visivo dato e che è il risultato di semplificazioni e aggiustamenti che sono avvenuti nel corso del tempo, sono cioè una forma d’arte minore, attraverso la quale restano in circolazione simboli e codici altrimenti dimenticati. Riconosciamo una carta dai colori, dalla disposizione degli elementi, prima ancora di guardarla con attenzione, e esprimiamo un giudizio estetico, ma anche l’appartenenza a un territorio quando scegliamo un mazzo di Piacentine o di Napoletane. Rifare un intero mazzo di carte (che non è dipingere le carte come soggetto) è un modo per andare a cercare le radici della pittura nella cultura popolare».