Bagno di folla già dalla preview per la 25ma edizione di The Armory Show, che ieri, 4 marzo, alle 11 ha accolto VIP e stampa per la visita in anteprima ai Pier 90 e 94.
La fiera è stata affollatissima fin dai primi momenti e un nutrito numero di addetti ai lavori era in fila ben prima dell’apertura per ritirare i badge per l’ingresso.
Da oggi, 5 marzo, fino all’8 marzo la fiera sarà aperta al pubblico.
Tra gli stand moltissima pittura, una discreta presenza di scultura e fotografia, mentre pari allo zero risulta il numero dei video esposti.
The Armory Show si riconferma una fiera dall’appel commerciale e fin dalle prime ore negli stand si è sentito un continuo discutere di prezzi, tanto nelle gallerie storiche quanto in quelle più giovani, in tutti i settori della fiera.
È opinione diffusa tra sia tra gli espositori che tra i visitatori che la distribuzione della fiera nei due padiglioni, Pier 90 e 94, distanti e collegati tra loro solo da una passerella esterna non sia funzionale al transito dei visitatori tra le due parti della fiera. Mentre in termini di qualità dell’offerta i due padiglioni sono abbastanza omogenei, da un punto di vista logistico il Pier 90 sembra quasi costituire una fiera a parte, con le gallerie di due sezioni curate che presentano unicamente solo show o double show: “Focus: Another time, another place” e “Perspectives: Past as Present”.
Questa organizzazione degli spazi è stata introdotta lo scorso anno, e molti rimpiangono quella precedente, in cui gli stand era collocati nei Pier 91, 92 (attualmente inagibile) e 94, direttamente collegati tra loro.
Entrando nel Pier 90 si incontra la sezione “Focus: Another time, another place”, curata da Jamillah James, dell’ICA LA – Institute of Contemporary Art di Los Angeles. Qui le gallerie presentano in particolare pittura di buon livello, con alcuni tratti di originalità, almeno nelle forme.
Jack Bell Gallery di Londra che propone un solo show di Lavar Munroe (1982, Bahamas), con dipinti dalle immagini distopiche e tele senza telaio, risagomate tagliandole a mano. Anna Zorina Gallery espone dipinti di Dominic Chambers e Zürcher Gallery, con sede in Bleecker Street a Manhattan e a Parigi, propone dipinti in bianco e nero di Matt Bollinger, a prezzi assolutamente abbordabili, dai 2mila ai 4mila dollari circa.
Proseguendo nel Pier 90 si trova la sezione “Perspectives: Past as Present”, a cura di Nora Burnett Abrams e Mark G. Falcone del Museum of Contemporary Art Denver.
Qui si trovano la DC More Gallery di New York con un solo show splendidamente allestito con opere di Duane Michals, artista a cui nel 2018 è stata dedicata un’ampia retrospettiva al Museo Ettore Fico di Torino, in fiera con le serie degli anni Sessanta e Settanta.
Un altro allestimento da non perdere è quello della galleria Caviar 20 di Toronto, che mette in relazione le foto di Nan Goldin degli anni Novanta, tra le più note, con lavori di Weegee, il fotografo che immortalò la movida americana degli anni Cinquanta e Sessanta, uno stand dedicato allo storico molto ben riuscito.
In questo padiglione “vince” una galleria italiana, A Palazzo di Brescia, con uno stand d’impatto e originalissimo che spicca tra le altre proposte del padiglione e interamente dedicato a Jonas Mekas, con opere composte da frame stampati su vetro.
La galleria Mazzoleni si distingue per l’eleganza dello stand in cui si trovano Boetti, Schifano, Salvo e allo stesso tempo anche Melissa McGill, l’artista della Red Regatta a Venezia lo scorso luglio, e David Reimondo con Etimografia, un “alfabeto” che l’artista porta avanti dal 2014 e che occupa un’intera parete.
Soddisfazione anche per P420, che presenta le opere di Irma Blank, Riccardo Baruzzi, Adelaide Cioni e del giovane Victor Fotso Nye. Opere opzionate dalla prima ora, e la percezione di una fiera decisamente frizzante.
In questo padiglione si trova anche la Galerie Nathalie Obadia di Parigi, che si fa notare per essere una delle poche a presentare la scultura. Nello specifico espone una delle sculture di Rina Banerjee, artista di origini indiane che vive e lavora a New York, che lei stesso stessa definisce “sculture chimeriche”, un inno alla femminilità, alla “divinità della natura femminile” attraverso un uso molto abbondante di ibridi tessili, oggetti e minerali che l’artista raccogli durante i propri viaggi.
In fiera ci sono anche tre progetti che meritano attenzione. Due si trovano nella sezione “Platform”: il primo è un video in stop motion di Nathalie Djurberg e Hans Berg, This is Haeven (2019), presentato dalla Tanya Bonakdar Aallery con sede a New York e Los Angeles, che collocato all’inizio della fiera è di grande impatto, mentre l’altro è The Caddy Court (1986-1987) di Edward e Nancy Kienholz, che era stato anche il mostra alla Fondazione Prada a Milano nel 2016-2017, qui presentato dalla L.A. Louver Gallery di Los Angeles.
C’è poi “A Special Project” con le bellissime fotografie di Dawoud Bey della serie “Harlem, U.S.A.” (1975-1979), esposte dalla Sean Kelly Gallery di New York (con sede anche a Taiwan), che aprono alla tematica della cultura afro-americana negli Stati Uniti.
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