Marina Bastianello Gallery apre la programmazione del 2022 con la prima personale di Nico Covre (1983) “A occhio e croce” (fino al 20 marzo), accompagnata da un testo di Roberto Zancan. Il percorso espositivo, ha spiegato la galleria, è «un’occasione per riflettere su un oggetto-soggetto che difficilmente notiamo nella nostra quotidianità . L’artista innesca un meccanismo che ci apre gli occhi sui capitelli, quelle piccole architetture che popolano le nostre strade, i nostri quartieri o che si mimetizzano nei paesaggi silvestri delle campagne, quelle icone irriducibili della cultura che ancora, seppur in silenzio, unisce un intero territorio».
Il progetto fotografico “A occhio e croce” – ha proseguito -, «nasce inizialmente come una documentazione fotografica, una mappatura dei capitelli votivi dell’Italia del Nord-Est, precisamente delle zone tra il Veneto e il Friuli, le terre natali dello stesso artista. La ricerca dei capitelli è diventata così un peregrinare in cui Nico Covre incontra costruzioni e narrazioni certe volte così incredibili da sembrare inverosimili. La sua ricerca si trasforma in scoperta, attraverso una modalità per approssimazioni successive: -“Sa dove posso trovare dei capitelli votivi? – “A occhio e croce dovrebbe essercene uno, laggiù”. Da quell’obiettivo iniziale, il progetto si è trasformato in qualcosa di diverso, diventando una ricerca volta a tracciare le forme di un immaginario che tutti conosciamo ma che ci passa davanti inosservato, sfuggendo allo sguardo. […] Nico Covre realizza una mostra dall’atmosfera surreale, non c’è l’interesse di trarre nessuna sentenza, il suo è uno sguardo personale e non oggettivo. Tutto nasce da un procedimento empirico, un’esperienza sul campo, con cui si sceglie volontariamente cosa mostrare e cosa no.».
«Alla narrazione fotografica di queste immagini è stato affiancato anche un preciso apparato testuale, ispirato dall’ultima opera di Dino Buzzati, I miracoli di Val Morel, piccolo volume che narra una storia tracciata sull’equilibrio precario tra realtà e immaginazione. Inserite all’interno della mostra come un ulteriore elemento di interpretazione ai fini dell’esposizione, le storie che Nico Covre raccoglie durante la sua ricerca fotografica vengono “offerte” al pubblico, come ausili, un po’ enigmatici, per la visita in galleria».
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