Alla Galleria Gilda Lavia, a Roma, inaugura domani, 17 aprile, “async”, la nuova personale di Pamela Diamante che presenta opere concepite appositamente per la mostra in cui, «l’artista analizza il rapporto antropocentrico tra soggetto-figura umana e oggetto-natura, ribaltandone le posizioni e attuando un processo di sublimazione degli elementi. Corrispondenze profonde e non visibili emergono attraverso l’utilizzo di una simbologia insita nella natura stessa delle cose», ha spiegato la galleria.
Il titolo della mostra, “async”, «prende il nome dalla grande installazione principale che si pone come un rispecchiamento del quotidiano in cui vi è una riflessione sull’asincronia del rapporto tra l’uomo come “evento” fugace del tempo e la natura, che si manifesta nell’eterno ritorno di un theatrum mundi».
“async” (che potete vedere nell’immagine qui sopra) «è un’opera multimediale in cui emerge la forte attitudine dell’artista a ibridare i vari linguaggi utilizzati, partendo dalla ricerca scultorea in cui la forma diviene spazio e luce; modulazioni energetiche creano immagini in movimento e suoni, questi ultimi sperimentati in collaborazione con il compositore Marco Malasomma», ha proseguito la galleria.
La mostra sarà visitabile a partire da domani, 17 aprile, con un lungo opening dalle 11.00 alle 19.00, e proseguirà fino al 12 giugno 2021 (per conoscere gli orari di apertura potete consultare il sito della galleria).
«In questo ultimo anno ho riflettuto spesso sul valore simbolico di cui è stata sovraccaricata questa pandemia, un aspetto chiave è stato la messa in discussione dei modelli con cui abbiamo vissuto fino allo scorso anno e un conseguente riavvicinamento alla natura. In molti hanno letteralmente abbandonato le metropoli per dedicarsi a contesti più bucolici.
Poiché la prospettiva antropocentrica dell’uomo è da sempre oggetto della mia ricerca, credo che questo fenomeno di massa non sia avvenuto in nome di un’autentica connessione uomo-natura ma come l’ennesimo bisogno da soddisfare, lasciando quindi invariato il rapporto asincronico tra soggetto (uomo) – oggetto (natura).
Eppure la natura continua a dimostrarci che c’è una potenza espansiva che l’uomo non può controllare, fenomenologicamente si manifesta attraverso ciò che mi piace definire il theatrum mundi, ossia la catastrofe, in cui non vi è alcuna mediazione simbolica perché la realtà è sempre più forte di qualsiasi rappresentazione e l’uomo è semplicemente spettatore dell’inatteso.
La mostra sarà tutta basata su questo ribaltamento in cui la natura si manifesta attraverso modalità estetiche in tutta la sua volontà di potenza e l’uomo che, attraverso oggettivazioni concettuali, rilascia effimere tracce che si consumano nel tempo».
«Ciò che desideravo ardentemente era creare uno spazio etereo, un luogo “altro” che riuscisse a irrompere nel presente, in questo presente assolutistico, sterile, alienante, temporalmente dilatato, strappare un istante alla realtà ricreando l’intensità dell’attimo in cui lo stupore genera un’emozione. Questo è il compito che ho affidato ad “async”, opera ibrida da cui l’intera mostra prende il nome e per cui la galleria Gilda Lavia mi ha concesso di stravolgere completamente lo spazio.
Lavori come la serie Appunti e Fenomenologia del sublime, divengono postazioni per il pensiero, sono lavori con una forte impronta semiotica, in cui i segni racchiusi all’interno della pietra vengono interpretati attraverso visioni che sfociano nel fantastico, mostrando una natura che, in veste di pittrice, riesce a rappresentarsi mettendo in discussione tutto il rapporto della mimesi ed evidenziando un equilibrio talmente perfetto da bastare a se stesso. L’uomo non è incluso, può solo limitarsi alla contemplazione.
Conclusione perfetta quindi, 5’ per indurre un’assenza, opera video in cui io stessa provo a indurmi un’assenza epilettica, tipologia di epilessia priva di convulsioni in cui, per pochi istanti, si varca una nuova realtà percettiva che nessuno sa spiegare; l’azione è un poetico fallimento, un puro gesto estetico, poiché non essendo un soggetto con tale patologia, non mi resta che accettare il mio destino e rimanere imprigionata nella realtà».
«Ho sempre pensato che l’opera d’arte debba essere un’opera aperta, uno spazio in cui differenti punti di vista possono incontrarsi senza sovrapporsi. In questa mostra mi piace molto il dialogo che si è creato in maniera spontanea tra tutte le opere, anche se ognuna mantiene la sua autonomia concettuale; sembra che in qualche modo si completino, arrivando al nocciolo della mia ricerca».
«Credo che in questo momento storico gli artisti abbiano una grande responsabilità, poiché oltre a una crisi sanitaria, economica, sociale, stiamo vivendo soprattutto una crisi culturale. In tempi apocalittici l’arte deve essere una risposta capace di trasformare questo choc in una chance».
«Il prossimo progetto espositivo, a cura di Angela Tecce e promosso dall’IGAV – Istituto Grauzzo per le Arti Visive e Ministero degli esteri “La Via della Seta. Arte e Artisti contemporanei dall’Italia” in cui sarà esposta la serie Estetica dell’Apocalisse, vedrà varie tappe all’estero per citarne alcune Millenium Museum di Pechino, Tbilisi History Museum Georgia, Museo CerModern Ankara, Taras Shevchenko National Museum Kiev Ucraina».
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Sono completamente esterefatta di come si riesce a stravolgere l’arte, e far credere che sia arte. Io la chiamerei semplicemente: Buffonata