A Milano la Dep Art Gallery inaugura oggi, 2 febbraio, “Chromasophia”, la seconda personale in galleria di Regine Schumann (1961, Germania), a cura di Alberto Zanchetta, che presenta una ventina di opere in plexiglass acrilico, molte delle quali realizzate appositamente per l’occasione.
Nel percorso espositivo anche Colormirror Rainbow Satin
«Per la prima volta in Italia, la personale espone la recente serie Moons, nata dalle urgenze espressive dell’artista emerse nei primi mesi della pandemia: «La serie è stata creata all’inizio del 2020 – racconta l’artista – in un momento di limitata libertà di movimento, al ritmo di un inusuale rallentamento del tempo. Al centro di Moons vi sono i temi della distanza e della vicinanza o, meglio, vi è il desiderio insoddisfatto di allontanarsi», ha spiegato la galleria.
Il titolo, Chromasophia, è un «neologismo che unisce le parole Colore/Chroma e Sapienza/Sophia: una “sapienza del colore” che Schumann ha maturato nel corso dei decenni con l’intento di offrire allo spettatore infinite possibilità combinatorie, tutte egualmente sorprendenti», ha ricordato la galleria.
«Dando seguito alla mostra personale che l’artista aveva inaugurato nel 2019, l’esposizione intende approfondire la ricerca di Regine Schumann. Le opere scelte per l’occasione sono tutte recenti, organizzate secondo texture regolari e rapporti bicromatici, eccetto il caso della serie Colormirror Moons, che viene presentata in Italia per la prima volta. Il percorso espositivo è ambivalente, perché può essere fruito con la luce naturale o a incandescenza, oppure può essere fruito attraverso la black light che – agendo sull’esistenza fisica dell’oggetto così come sulla predisposizione psichica dell’osservatore – alleggerisce i volumi delle opere, dissolvendone la compattezza e rendendo i colori “spettrali”. In particolare, l’alone che promana dalle opere irradiate con gli UV può richiamare alla mente i fuochi fatui, che risplendono ma non ardono».
«Schumann conferisce ai colori una consistenza che si identifica con le superfici in plexiglass. Si tratta, quindi, di un “colore integrato” che però non è immutabile né inerte. Proprio perché labile e cangiante, nessun colore si identifica in modo definitivo con l’oggetto fisico. Se ne ha una riprova grazie all’impiego della black light: il colore diventa impalpabile, come se si disincarnasse dall’opera e fluttuasse libero nello spazio (per l’artista é fondamentale concepire la scala cromatica in rapporto allo spazio e al tempo, in quanto ogni colore diventa tridimensionale e si mantiene in costante variazione/vibrazione). Non meno importanti sono gli effetti specchianti, i quali sfruttano l’interpolazione dello spettatore, mentre le superfici satinate tendono a saturarsi, finendo così per ottundere la profondità e la visuale».
«Al piano superiore della galleria sono esposti due esemplari della recente serie Colormirror Moons, caratterizzata da forme semicircolari che proiettano lo sguardo in spazi siderali. Si tratta di mezzelune che avvicinandosi e/o sovrapponendosi tematizzano il concetto della distanza. A seconda delle diverse condizioni di luce, si ha la sensazione che questi semicerchi sporgano verso l’esterno o si introflettano nei corpi-di-colore che le contengono. A dispetto di altre opere, in questo caso la componente cromatica è essenziale, ma le ombre che aggettano sul fondo producono variazioni di tono e intensità».
Antonio Addamiano: «Nell’arco dell’anno continueremo la ricerca internazionale in cui la galleria si è specializzata in questi ultimi anni, e sperando in un miglioramento della situazione sanitaria avremo in programma la mostra dell’artista coreano Chun Kwang Young, uno dei protagonisti della mostra collettiva del 2020 intitolata “THE EASTERN GESTURE. Five Voices from the Korean Avant-garde” curata da Gianluca Ranzi.
E siamo anche in fase di ideazione e di organizzazione per il ritorno di un nostro artista italiano che in passato abbiamo trattato, potrebbe essere una bella sorpresa…».
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