Al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato apre oggi, 4 giugno, “Nudi”, a cura di Cristiana Perrella, la prima mostra in Italia dedicata al fotografo e poeta cinese Ren Hang (1987-2017), tragicamente scomparso a neppure trent’anni.
Tra i primi nuovi progetti ad aprire in Italia dopo il lockdown, “Nudi” (fino al 23 agosto) «raccoglie una selezione di 90 fotografie di Ren Hang provenienti da collezioni internazionali, accompagnate dalla documentazione del backstage di un suo shooting nel Wienerwald nel 2015 e da un’ampia selezione dei libri fotografici da lui realizzati».
«Ren Hang, che non ha mai voluto essere considerato un artista politico – nonostante le sue fotografie fossero ritenute in Cina pornografiche e sovversive – è noto soprattutto per la sua ricerca su corpo, identità, sessualità e rapporto uomo-natura, che ha per protagonista una gioventù cinese nuova, libera e ribelle», ha spiegato il Centro Pecci.
«Piuttosto che suscitare desiderio, queste immagini sembrano voler rompere i tabù che circondano il corpo nudo, sfidando la morale tradizionale che ancora governa la società cinese. In Cina, infatti, il concetto di nudo non è separabile da quello di pornografia e il nudo, come genere, non trova spazio nella storia dell’arte. Le fotografie di Ren Hang sono state per questo spesso censurate. “Siamo nati nudi…io fotografo solo le cose nella loro condizione più naturale” (Ren Hang)», si legge nel comunicato stampa.
«Nato nel 1987 a Chang Chun, nella provincia di Jilin, soprannominato la “Detroit della Cina”, Ren Hang ha studiato Comunicazione all’Università di Pechino, interrompendo i suoi studi per iniziare, da autodidatta, la carriera di fotografo, primo soggetto il suo coinquilino. Con fotocamere digitali a basso costo e un uso crudo del flash, ha messo a punto uno stile che lo ha reso riconoscibile e gli ha permesso di affermarsi fuori dal suo paese, diventando un autore di culto.
Tra le sue mostre principali la collettiva “FUCK OFF 2” al Groninger Museum nel 2013, curata da Ai Weiwei, la personale al FOAM, Amsterdam, nel 2017, quella alla Maison de la Photographie a Parigi e a C/O a Berlino, entrambe nel 2019.
Ha pubblicato il suo lavoro in numerosi libri autoprodotti a bassa tiratura, oggi introvabili.
Accanto alle sue fotografie ha sviluppato una produzione poetica che ne condivide temi e toni. Spesso teneri, sensuali e completamente privi di censura, i suoi versi sono stati un altro strumento per infrangere i tabù sociali, per esplorare i temi della vita, della morte, del desiderio.
Affetto da grave depressione, Ren Hang si è tolto la vita a Pechino, nel 2017», ha ricordato il Centro Pecci.
«La mostra di Ren Hang risponde a diverse linee di ricerca del museo: in primo luogo a quella che nei prossimi anni vedrà approfondire la conoscenza sull’arte cinese delle ultime generazioni. Prato ha una delle più grandi comunità cinesi d’Europa e questo ne fa un hub ideale per una riflessione su uno dei territori culturali più complessi ma anche stimolanti della nostra contemporaneità. Avevamo in programma per il 2020 una grande mostra sulla “generazione next” dalla Cina, gli under 35, ancora poco conosciuti in Europa. È rimandata per ovvie ragioni al prossimo anno ma abbiamo voluto comunque iniziare a dare un segnale di attenzione rispetto a questo tema, scegliendo di fare un focus su uno degli artisti che sarebbero stati in mostra, Ren Hang, appunto. Presentare il suo lavoro conferma inoltre l’attenzione per la fotografia che ha caratterizzato questi primi miei due anni al Centro Pecci e ci permette di proseguire la riflessione sull’identità LGBTQ, segnalandola come una delle nostre linee di ricerca».
«La mostra, la prima in Italia, presenta tutti gli aspetti principali del lavoro di Ren Hang: l’uso scultoreo del corpo, la relazione tra corpo e natura, la rappresentazione di una sessualità non binaria. Manca solo una serie di opere che avrei voluto in mostra ma che non abbiamo potuto far arrivare, quella dedicata ai ritratti della madre dell’artista».
«La mostra presenta opere realizzate tra il 2012 e il 2016, un anno prima della precoce scomparsa dell’artista. Per sua scelta le foto non hanno indicazione di titolo né di data, ma sono pensate come un flusso e così abbiamo voluto presentarle accostando le immagini per nuclei di ricerca ma anche creando dialoghi tra soggetti apparentemente molto diversi. Il percorso della mostra si completa con una selezione dei libri fotografici di Ren Hang, molti dei quali disegnati e prodotti dallo stesso artista, come quelli realizzati nel suo ultimo anno di vita, uno al mese, e da una scelta di immagini del backstage di un suo shooting fotografico del 2015, nel Wienerwald, in Austria, che mostra l’assoluta naturalezza del suo rapporto con i modelli delle sue foto, in gran parte suoi amici».
«La riapertura sta andando molto bene. Come previsto, non abbiamo grandi problemi nel far rispettare le misure di sicurezza né queste incidono sulla qualità e sul piacere della visita.
Abbiamo avuto, anche sorprendentemente, subito molto pubblico e questo ci ha dato una grande motivazione per lavorare sul programma dei prossimi mesi con fiducia».
«A settembre inaugureremo la seconda della grandi mostre dedicate alla rilettura di aspetti specifici della nostra collezione, che viene messa in dialogo con opere provenienti da altre importanti raccolte internazionali. Dopo l’arte post-sovietica sarà il turno della poesia visiva e delle ricerche sul linguaggio.
A ottobre inaugureremo “Protext!”, una collettiva sull’uso del tessuti da parte di artisti che operano con un intento di critica sociale, con opere, tra gli altri, di Marinalla Senatore, Tschabala Self, Pia Camil.
A novembre avremo “Senza Fretta”, la personale di Simone Forti a cura di Luca Lo Pinto e Elena Magini, focalizzata sulla serie delle News Animation.
A dicembre chiudiamo l’anno con la mostra di Cao Fei, realizzata in collaborazione con il MAXXI».
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