A Roma negli spazi della galleria Gagosian, da oggi, 14 gennaio, la mostra “Richard Artschwager” (1923, Washington, DC – 2013, Albany, New York), che attraverso 15 opere indaga un periodo chiave della sperimentazione dei materiali dell’artista: l’inizio degli anni Sessante e la seconda metà degli anni Ottanta.
«Nel 1962 l’artista inizia a utilizzare la Formica, un materiale radicalmente anticonvenzionale e di “bassa” qualità, noto all’epoca per essere utilizzato nella realizzazione delle superfici lisce dei banchi. La sua finitura lucida e marmorizzata è riconoscibile negli oggetti di vita quotidiana e presenta al tempo stesso una somiglianza astratta con la pittura espressionista. I primi anni Sessanta segnano anche l’inizio dell’uso sperimentale da parte di Artschwager del Celotex: un materiale molto ruvido, composto da fibre di canna da zucchero compressa, che utilizzava come base per i suoi singolari dipinti in grisaille, nei quali l’originalità del materiale industriale si confonde con le linee disegnate a mano», ha spiegato la galleria.
«La mostra dedicata a Richard Artschwager, che presentiamo a partire dal 14 gennaio e sino all’11 marzo 2021, segue l’importante antologica – la prima mai realizzata in Italia – che il Mart di Rovereto ha dedicato alla sua opera nel 2019, con la curatela del grande Germano Celant e in collaborazione con il Guggenheim di Bilbao, portando all’attenzione del pubblico italiano l’importanza di questo grande Maestro internazionale.
Il progetto espositivo allestito nei nostri spazi romani è in realtà il secondo dedicato all’artista: Gagosian a Roma aveva già presentato nell’autunno del 2012 una selezione di nuovi lavori, incentrati sul tema del pianoforte, in una delle ultime esposizioni realizzate in presenza dell’artista prima della sua scomparsa nel 2013. In questa occasione però abbiamo scelto di concentrarci su un momento particolare della sua produzione, gli anni tra 1964 e 1987, un ventennio molto dinamico, in cui ha dato forma a sperimentazioni formali e concettuali fondamentali per la sua opera».
«Il percorso espositivo si compone di 15 opere e si svolge per tutta l’estensione della galleria, dall’ingresso sino all’ovale.
Si parte con una scultura angolare in formica, materiale fondamentale per l’artista,situata all’ingresso a 6 metri di altezza, e si prosegue al primo piano tra la prima sala e l’ovale in un alternarsi di opere che propongono scenari molteplici, dagli skyline cittadini con grattacieli tratteggiati su Celotex, altro materiale industriale prediletto dall’artista, sino a opere più astratte che giocano con la percezione dell’osservatore».
«Sicuramente Sliding Door del 1964, una scultura in formica che anticipa l’ironia tipica del lavoro di Artschwager dove spesso, con una prospettiva duchampiana, oggetti funzionali vengono privati della loro ragione di essere. In questa scultura il soggetto è la riproduzione fedele dell’anta scorrevole di un armadietto che, una volta aperta, rivela l’impossibilita’ di utilizzo dello stesso.
Interior del 1964 utilizza invece un altro materiale particolarmente amato da Artschwager, un prodotto industriale sintetico, il Celotex, utilizzato come isolante che l’artista trasforma nella tela dei suoi dipinti in grisaille.
Infine, segnalerei un’altra scultura: Corner (1967-1984), posizionata a circa 6 metri di altezza, racconta la singolare attenzione di Artschwager per gli spazi abitualmente dimenticati o non utilizzati».
«Visti i tempi per scaramanzia preferiamo non parlarne!».
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