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Se crolla il tetto di legno “dei Falegnami”

di - 1 Settembre 2018
In questi ultimi anni è andato acuendosi il dibattito intorno ai beni culturali: politici, intellettuali, giornalisti, professionisti del settore e non, opinionisti e millantatori. Tutti ne parlano, si organizzano dibattiti, convegni, si rilasciano interviste, si discute (o si litiga) sui social. Lo stesso dicastero deputato alla loro tutela è stato riorganizzato più volte (con risultati discutibili) in un breve lasso di tempo. Nonostante questo, o forse proprio per questo incessante chiacchiericcio che non sfocia mai in azioni concrete, il patrimonio artistico italiano continua a cadere a pezzi. Letteralmente. L’ultimo esempio è arrivato in questi giorni con il crollo del soffitto della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, edificata sulle pendici del Campidoglio e sul Carcere Mamertino: il cuore stesso della città.
L’edificio è del Vicariato, il Mibac coadiuva nella tutela: le cause sono ancora da accertare, ma una riflessione preliminare può essere comunque fatta.
In un momento in cui cedono le infrastrutture stesse del Paese, con esiti purtroppo ben più drammatici, non si può comunque fare a meno di interrogarsi su questo ulteriore campanello d’allarme proveniente dai monumenti, che giunge a un anno esatto di distanza dal parziale distacco degli affreschi a Sant’Andrea della Valle e a undici mesi dal tragico episodio di Santa Croce a Firenze, dove perse la vita un turista in seguito al cedimento di un capitello.
Questa volta non ci sono state perdite di vite umane perché la chiesa era vuota al momento del crollo mentre sono in corso di valutazione i danni provocati alle opere d’arte.
La chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, fu iniziata nel 1597 per volere dell’omonima congregazione e proseguì per alcuni decenni sul disegno dell’architetto milanese Giovanni Battista Montano, abilissimo ebanista che eseguì il pregevole soffitto in legno a cassettoni ora distrutto. Si tratta di un edificio con un’unica navata e due cappelle per lato, con una facciata tardo manierista costruita su due ordini. Più volte restaurata, soprattutto nell’Ottocento, è sopravvissuta agli sventramenti edilizi voluti dal regime fascista negli anni ‘30, quelli che hanno demolito buona parte del tessuto urbano edificato sul Campidoglio e nella zona dei Fori.
Per la sua meravigliosa location, con affaccio sui fori imperiali, si tratta di una delle chiese più gettonate dalle coppie che intendono sposarsi: proprio in questo week end erano in programma dei matrimoni, ora dirottati alla vicina San Marco a Piazza Venezia.
Non fosse per questo motivo, nonostante la sua centralità, è uno dei luoghi di culto meno frequentati dai turisti poiché non ospita lavori di artisti noti al grande pubblico, ma solo agli specialisti. Il gioiello, che fortunatamente sembra non aver riportato danni nel crollo, è la Natività di Carlo Maratta: principe della scena artistica romana degli ultimi decenni del XVII secolo, il cui stile classico, che attinge a seconda dei casi, ma sempre con moderazione, alle istanze barocche, era il più ricercato dai committenti e il più copiato dagli altri pittori, al punto che la sua scuola dominerà almeno fino alla seconda metà del secolo successivo.
La collezione artistica di San Giuseppe dei Falegnami si sviluppa come una galleria di pittori minori del XVII e del XVIII secolo: nomi sconosciuti ai più come Cesare Maccari, Antonio Viviani detto il Sordo, Horace Le Blanc, Giuseppe Puglia, con un guizzo dovuto alla presenza del talentuoso Pier Leone Ghezzi.
L’auspicio è che, una volta tirato il sospiro di sollievo per l’assenza di vittime, i danni al patrimonio artistico siano contenuti e soprattutto che questo ennesimo, è bene ribadirlo, episodio possa rappresentare un punto di inizio per un serio check sulla condizione di salute dei beni culturali delle chiese italiane. In questi casi si dice sempre così, ripeterlo una volta ancora non farà male. (Luca Liberatoscioli)

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