Alla Galleria Nazionale di Roma inaugura oggi “You Got to Burn to Shine (Per risplendere devi bruciare)”, a cura di Teresa Macrì, una mostra con la forza di un potente atto di affermazione dell’arte come visione dirompente, anticonformista, di responsabilità intellettuale con il dovere del “dissenso ” e dell’utopia come orizzonte.
La mostra affascina fin dal titolo, che – spiega il museo – è «preso in prestito dalla celebre raccolta di poesie del poeta, artista e performer statunitense John Giorno, sottolinea la complessità dell’individuo nello stare al mondo e, parallelamente, ne propizia la sua costruzione come soggetto». Tredici gli artisti invitati, per un percorso espositivo che corona una lunga ricerca portata avanti dalla curatrice: la mostra trova, infatti, il proprio impianto teorico nel volume “Pensiero discordante”, sempre di Teresa Macrì, che sarà presentato al museo, con Matteo Lucchetti, martedì 5 febbraio.
Abbiamo posto alcune domande a Teresa Macrì su questa mostra e sulla sua suggestiva genesi.
I temi della mostra sono molto impegnativi, dalla “ridefinizione del sistema-mondo e la sua interpretazione estetica” al ruolo dell’opera d’arte come veicolo per “nuove geografie mentali sia individuali che collettive”…
«Potrebbero sembrare delle tematiche impegnative, io non le ritengo tali. L’artista e gli intellettuali in generale, dovrebbero avere il ruolo di interpretarli appunto e poi spingere, segnalare, suggerire dei dispositivi concettuali, per riflettere sui cambiamenti del mondo continui e inarrestabili, sulle sue dissimetrie. Dovrebbe essere una attitudine quotidiana e ossessiva. Se non è la forza visionaria dell’intellettuale a coniugare paradigmi alternativi e indicare differenti geografie mentali chi lo può fare? I politici mi sembrano assolutamente inadeguati. Personalmente, poi, non amo e non ho mai amato l’arte consolatoria, decorativa o retorica, che non esprime contenuti forti e dissacratori. C’è troppo perbenismo e troppe strategie di compiacimento nel sistema dell’arte. Il sapere, invece, è l’ossigeno per uscire da questo conformismo collettivo, inaccettabile e sempre più diffuso. L’arte è l’ossigeno per disegnare e inverare altri orizzonti, forse utopici. Ma senza l’utopia non esiste sfida, non si accede al cambiamento».
Da dove deriva questa scelta?
«Non è stata una scelta, semmai una necessità, quella di creare una piattaforma visionaria, i cui vari mondi immaginari, dissimili tra loro, disegnassero e vagheggiassero un orizzonte del possibile e una inclinazione al dissenso a questo sistema-mondo appiattito. Tutto ciò però è rappresentato con una vis leggera e fiammeggiante, permeata da un umore pop che ne filigrana l’intera ossatura della mostra. Pur invitando alla riflessione. Non fanno parte della mia natura il tragico o il sacrale.
E, in fondo, “You Got to Burn to Shine”, per me, è la chiusura di un cerchio, di uno studio intenso lungo, anarchico, a volte folgorante, un “viaggio” distillato in vari steps, in cui i libri, gli scritti, le conferenze, i workshop, simposi, talk e mostre ne hanno delineato l’inizio e la fine».
Come hai scelto i tredici artisti invitati?
«Emotivamente. La selezione è strettamente emotiva, basata sulle passioni, sugli interessi, sulle pratiche e sugli stupori che questi artisti mi hanno solleticato. Per me non c’è altra scelta possibile: niente strategie, niente equilibrismi, semmai sbilanciamenti e massima distanza da posizioni politicamente corretti. Molti di questi artisti sono stati gli oggetti centrali dei miei studi. Francis Alÿs e Jeremy Deller, in modo particolare, a cui ho dedicato anni di ricerca avvincente e che hanno la qualità di sorprendermi sempre. Sislej Xhafa che è un artista libero da schemi e con cui ho una corrispondenza di sentimenti, (l’intensità, l’ironia e il sarcasmo) e una sintonia etica indefinibile. In Sislej ritrovo, ogni volta, uno schieramento politico/poetico nell’affrontare le pratiche sociali e soggettive senza banalità. Così come nel pensiero di Luca Vitone. John Giorno è una figura di culto. Poeta, performer e artista visuale di forte impatto, poco conosciuto in Italia, ma irridente e anticonvenzionale. L’ispirazione della mostra è inevitabilmente suggerita dai suoi poemi e dal suo ingegno vigoroso e dal suo fare poliedrico.
Krištof Kintera è un artista che, nella sua follia ideativa, fonde irrisione e denuncia, quasi un atto post-situazionista per spostare il mondo. E poi Luca Guadagnino, che certo è un unicum spiazzante nell’esposizione, ma per cui nutro un sentimento speciale, avendo già lavorato insieme e conoscendoci da quasi 25 anni, e con il quale si condivide una empatia ineffabile. Lo trovo espressivamente ubiquo, radicale e quindi divisivo. Unico! La sua opera in mostra è un flash, un lampo spirituale.
Le emotività di cui ti parlavo prima sono racchiuse in queste convergenze intellettuali e in queste concordanze emozionali. Occuparsi e sconfinare sulle idiosincrasie del mondo, filtrando i sentimenti, le relazioni affettive. Il pubblico e il privato, che sono tratteggiati e sfiorati anche dai lavori degli altri artisti: Bertille Bak, Elena Bellantoni, Roberto Fassone, Mike Kelley, Domenico Mangano & Marieke van Rooy e Fiamma Montezemolo. Tutti, incondizionatamente, allineati su problematiche sociali e/o intime ma che nell’atto di indagarle si smarcano dal pensiero comune. Sì, è una mostra che nella volontà (non so nella riuscita) è interamente volta al dissenso».
In che modo questa mostra è legata al libro “Pensiero discordante” che hai pubblicato nel 2018 con Postmedia Books?
«Come affermavo prima è un cerchio che si chiude, una fase della mia vita esperita e Pensiero discordante fa parte della sua circolarità. Il libro è breve e secco, ed è in qualche modo, l’impalcatura teorica della mostra. Il suo doppio letterario. Da domani però si va avanti per altre avventure». (Silvia Conta)
Francis Alÿs, Bertille Bak, Elena Bellantoni, Jeremy Deller, Roberto Fassone, John Giorno, Luca Guadagnino, Mike Kelley, Krištof Kintera, Domenico Mangano & Marieke van Rooy, Fiamma Montezemolo, Luca Vitone, Sislej Xhafa
“You Got to Burn to Shine”
A cura di Teresa Macrì
Dal 5 febbraio al 7 aprile 2019
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Viale delle Belle Arti, 131, Roma
Opening: lunedì 4 febbraio 2019, ore 18
Presentazione del volume di Teresa Macrì “Pensiero discordante” (Postmedia Books) con Matteo Lucchetti: martedì 5 febbraio 2019, ore 17.30
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