Il 27 marzo la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, nella sua sede accanto a quella principale del MASI Lugano, ha aperto la stagione espositiva con la mostra “Terre” dalla Collezione Olgiati, che fino al 6 giugno presenta ventidue opere di pittura e scultura dagli anni Venti al presente mai esposte da quando entrate in collezione e unite da una forte sperimentazione materica al loro interno.
Nel percorso espositivo il confronto con la materia e la varietà di approcci sono rappresentati da quattordici artisti: Alberto Burri, Jean Dubuffet, Max Ernst, Rebecca Horn, Anselm Kiefer, Leoncillo, Markus Lüpertz, Arturo Martini, Eliseo Mattiacci, Zoran Mušič, Enrico Prampolini, Gabriel Sierra, Antoni Tàpies, Emilio Vedova.
Abbiamo parlato della mostra direttamente con i collezionisti.
«La mostra nasce da un nucleo di opere cha abbiamo in Collezione e che prendono forma attraverso la materia e il colore. Ogni primavera la Collezione Olgiati apre la propria stagione espositiva con il desiderio di mostrare opere inedite, mai esposte prima o di recente acquisizione. L’idea é sempre legata a un desiderio non solo di mostrare delle opere nuove ma anche di creare un “fil rouge” che accomuna tutte le opere. In questo caso abbiamo individuato un nucleo di opere che dialogano tra la terra e il cosmo».
«È un discorso puramente trasversale di una scelta effettuata all’interno della Collezione. Possiamo dire che la nostra Collezione é “Italia-centrica” partendo dalle avanguardie storiche del primo Novecento sino ai giorni nostri. Ciononostante l’Italia non é l’unico Paese a essere protagonista, abbiamo tutto un aspetto internazionale all’interno della nostra raccolta che ci gratifica molto attraverso i vari link con le avanguardie storiche sino a quelle contemporanee».
«All’interno della mostra “Terre”, ci sono vari autori a noi molto cari ma se dovessi proprio sceglierne alcuni forse sceglierei le opere di Enrico Prampolini, Automatismo polimaterico F del 1941 e Automatismo polimaterico C del 1940 di cui ricordo molto bene la provenienza poiché fu acquistata nella famosa asta di Sotheby’s nel maggio del 1990 dedicata a una delle più importanti collezioni americane di arte futurista, ‘The Lydia Winston Malbin Collection’. Mentre tutti i Mušič provengono dalla storica Galerie de France di Parigi, acquistati all’inizio degli anni Ottanta e non per ultimo meno importante l’opera di Alberto Burri, Cretto bianco e nero del 1972, acquistato dall’amico, purtroppo oggi scomparso, Antonio Sapone, storico gallerista di Burri».
«Abbiamo sempre lottato e sostenuto il rapporto tra pubblico e privato e sino a oggi siamo molto contenti di come si sia svolta la collaborazione».
«A settembre apriremo un’importante mostra dedicata a Pietro Consagra curata da Alberto Salvadori».
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