Categorie: Opening

Tesori dai depositi di Capodimonte

di - 21 Dicembre 2018
I depositi, considerati spesso come universi chiusi, polverosi, custodi impenetrabili con tesori nascosti e ignorati, sono in realtà, il luogo originato da scelte umane, identificano un’epoca e, attraverso la selezione delle opere fatte dagli uomini, rendono possibile rintracciare un gusto, una ragione storico artistica, una esigenza conservativa. Secondo capitolo di una trilogia di esposizioni, la mostra odierna “Depositi di Capodimonte. Storie ancora da scrivere” è allestita a Napoli presso il Museo e Real Bosco di Capodimonte. Ce ne parla in anteprima il suo direttore, Sylvain Bellenger, che abbiamo intervistato.
Per l’allestimento della mostra è stato selezionato circa il 20% delle opere contenute nei cinque grandi depositi del Museo di Capodimonte. Come è nato questo progetto?
«Il Museo con questa iniziativa prosegue il suo lavoro di riflessione su ruolo dei Musei (già “Carta Bianca. Capodimonte Imaginaire” nel 2017 nasceva con intento “provocatorio” rispetto al principio costitutivo del museo – non più entità statica e immobile, ma luogo di libertà e di creatività’’). Torna un anno dopo a occuparsi di collezioni e depositi, un tema con il quale i musei (almeno quelli europei) sono costretti a confrontarsi da sempre e che ha visto le istituzioni in cerca di sempre nuove idee di valorizzazione. Capodimonte con questa mostra, organizzata dal Museo insieme alla casa editrice Electa, ha fatto uscire dai 5 depositi di Capodimonte (Palazzotto, Farnesiano, 131, 85 e GDS), 1.220 opere tra pittura, scultura, arti decorative, arazzi, armi… per dare un’idea della ricchezza e della varietà delle opere conservate nella Reggia. A giugno 2019, infine, ci sarà una terza mostra. C’era una volta Napoli. Storia di una grande bellezza (14 giugno 2019-15 aprile 2020) che dimostrerà, con 1.000 oggetti, che oltre ad essere ricerca storica, una mostra è anche uno spettacolo».
Qual è stato il parametro di riferimento per la selezione delle opere? Può parlarci di alcune delle meraviglie che si nascondevano nei depositi che più identificano la mostra?
«L’intento dei curatori non è stato quello di “svelare tesori nascosti” – che pure ci sono! – ma aprire una riflessione sul ruolo dei depositi oggi. Non a caso, il catalogo uscirà a fine mostra e dopo un simposio internazionale tra esperti sul tema che raccoglierà le “storie ancora non scritte” dei nostri depositi. Esitazioni di attribuzione o datazione, dimensioni, fragilità e stato conservativo delle opere, ragioni di gusto e altro sono tutti fattori che incidono sulla scelta di ciò che è esposto e ciò che non lo è. Eppure il deposito è il luogo in cui l’attività di un museo è più intensa: qui nascono gli allestimenti, le mostre, gli approfondimenti scientifici degli studiosi, ed è grazie ai depositi che si consolida, con i prestiti internazionali, l’autorevolezza di un museo. Non è un caso che sempre più spesso si cerchi di renderli fruibili. Anche questa mostra è frutto di una selezione, dettata, per lo più, da ragioni legate ai limiti degli spazi espositivi (10 sale), allo stato conservativo delle opere e alla loro qualità, ma il numero elevatissimo di dipinti, sculture e oggetti presentati evidenzia l’intento principale: mostrare al pubblico quante più opere è possibile e, soprattutto, quelle poco o per nulla conosciute che, forse, sorprenderanno visitatori, connaisseurs, studiosi stimolando dibattiti, riflessioni, nuove proposte attributive. In mostra ci sono tele di Annibale Carracci, Mattia Preti, Salvator Rosa, Guido Reni, insieme a porcellane di Meissen e della Manifattura Richard Ginori. Tra tra le tante opere vorrei segnalare anche una curiosità: il gruppo di armi provenienti dalle prime esplorazioni in Oceania dal Capitano Cook e donati da lord Hamilton, ambasciatore inglese alla corte di Napoli a Ferdinando IV».
Contestualmente agli interventi di restauro realizzati per la mostra “Depositi di Capodimonte”, sono stati effettuati anche altri ripristini sulla collezione permanente; dalla sostituzione della cornice per “La Flagellazione” di Caravaggio, alla nuova illuminazione dell’Appartamento Reale, fino alla riapertura degli spazi della Collezione Mario De Ciccio. Ce ne può parlare?
«È vero: stiamo lavorando intensamente su più fronti cercando di rendere fruibile il massimo patrimonio storico artistico qui conservato. Abbiamo cominciato nella primavera 2018 riaprendo l’Armeria Farnesiana e Borbonica, e proseguiamo con la collezione di Mario De Ciccio. Donata allo Stato italiano nel 1958, è costituita da 1.300 pezzi, soprattutto oggetti d’arte applicata di differenti epoche e tipologia, raccolti dal collezionista nell’arco di oltre 50 anni prima a Palermo, sua città natale, poi a Napoli, sua patria d’adozione dal 1906, ed anche sui più quotati mercati d’arte internazionale. Il pubblico potrà ammirare galanterie, vetri, bronzetti, avori e smalti medioevali, paramenti sacri, tessuti e ricami, argenti di uso liturgico, bronzetti, ceroplastiche, pastori siciliani, una importante selezione di oggetti archeologici e uno sceltissimo gruppo di maioliche e di porcellane. Abbiamo restaurato i lampadari dell’Appartamento reale dotandoli anche di nuova illuminazione. Infine, presenteremo la celebre “Flagellazione” di Caravaggio, esposta al Museo di Capodimonte da molti decenni, con una cornice coeva. La preziosa cornice è realizzata a intaglio con motivi fitomorfi e presenta una tecnica di doratura “a guazzo” sugli elementi in rilievo e una doratura “a missione” sui fondi da cui emergono i motivi decorativi. È un importante manufatto realizzato a Napoli negli stessi anni in cui Caravaggio dipingeva la “Flagellazione” per Tommaso de Franchis; il restauro effettuato costituisce un rilevante recupero di un’opera conservata nei depositi, possibile grazie al contributo del FEC (Fondo Edifici Culto – Ministero degli Interni)».
Il Museo di Capodimonte ha avviato la costituzione della prima Scuola di digitalizzazione dei beni culturali e paesaggistici d’Italia, in collaborazione con l’Università Federico II. Come si sta svolgendo questo incontro con le attualissime tecnologie dell’informazione?
«La storia dell’arte è sempre stata legata alla fotografia e le immagini ad alta definizione rappresentano una rivoluzione nella disciplina. Comodamente collegati al proprio computer si possono osservare dettagli iconografici, segni e pennellate, consistenze materiche, estendendo le possibilità visive dell’occhio umano. Per questi motivi il Museo di Capodimonte ha avviato, con la mostra “Depositi”, un progetto scientifico in collaborazione con la Regione Campania e il Mibac, finalizzato alla digitalizzazione progressiva dell’intero patrimonio storico artistico, con bibliografie articolate per facilitare le ricerche degli studiosi di tutto il mondo. Con l’Università Federico II di Napoli, nell’edificio settecentesco detto Colletta e inglobato nel Bosco di Capodimonte, il museo ha avviato la costituzione della prima Scuola di digitalizzazione dei beni culturali e paesaggistici d’Italia. Per diffondere l’accesso all’arte a un pubblico più vasto è stata attivata, dall’estate del 2018, la campagna Google, con l’immissione di oltre 500 capolavori del Museo di Capodimonte (di cui 200 sono stati fotografati con la tecnica di ultima generazione “Art camera”) sulla piattaforma dedicata Google Arts & Culture, offrendo la possibilità di visite virtuali a 360° delle sale del Museo e dei viali del parco. Qui il virtuale anticipa il reale, rende visibile ciò che è nascosto e quanto è esposto e cambia chi decide cosa evidenziare della Storia, che non è un fatto dato, ma deve essere rielaborata, scritta e riscritta». (Cesare Biasini Selvaggi)
INFO
Opening: ore 17
DEPOSITI DI CAPODIMONTE Storie ancora da scrivere
dal 21 dicembre 2018 al 15 maggio 2019
Museo e Real Bosco di Capodimonte
via Miano 2, Napoli
orari: tutti i giorni, dalle 9.30 alle 17.00,tranne il mercoledì,
chiuso il 25 dicembre e il 1° gennaio, 24 dicembre e 31 dicembre, dalle ore 9.30 alle 14.00 mercoledì 26 dicembre, aperto dalle ore 14.00 alle ore 19.30

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