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‘True Fictions’ a Reggio Emilia. Pensando al futuro con Rodari
Opening
E alla fine “Fotografia Europea” a Reggio Emilia, in parte, si è fatta. Apre domani al pubblico, infatti, la mostra “True Fictions. Fotografia visionaria dagli anni ’70 ad oggi” (a cura di Walter Guadagnini) a Palazzo Magnani, e “Atlanti, Ritratti e altre storie. Sei giovani fotografi europei” a Palazzo da Mosto.
Per il sindaco della città emiliana, Luca Vecchi, si tratta di un messaggio di speranza per i mesi a venire. E, messaggio ancora più importante, «Nonostante l’emergenza non si può dimenticare la creatività, e non si può vivere in una società che dimentichi – a causa del Covid – la cultura e le sue manifestazioni».
Dello stesso avviso anche l’Assessore alla Cultura, Annalisa Rabitti: «La cultura è incontro e partecipazione» e la scelta di ospitare a Palazzo da Mosto sei giovani artisti è la necessità di dare voce anche a chi, negli scorsi mesi meno che mai, ha avuto voce – ovvero i giovani artisti – rimarca Guadagnini.
Sarebbe stato troppo facile, infatti – nonché forse troppo dispendioso in questi tempi complessi – invitare un big della fotografia che non avrebbe di certo bisogno di ulteriore popolarità.
True Fictions a Palazzo Magnani
Le opere dalla mostra curata da Guadagnini vengono da collezioni museali e private italiane e sono circa un centinaio di autori che vanno dagli anni ’70 ad oggi e che comprendono nomi come Jeff Wall, Cindy Sherman, James Casebere, Sandy Skoglund, Yasumasa Morimura, Laurie Simmons, Erwin Olaf, David Lachapelle, Nic Nicosia, Emily Allchurch, Joan Fontcuberta, Julia Fullerton Batten, Paolo Ventura, Lori Nix, Miwa Yanagi, Alison Jackson, Jung Yeondoo, Jiang Pengyi, fino ad arrivare ad autori raramente esposti in Italia come Bernard Faucon, Eileen Cowin, Bruce Charlesworth, David Levinthal.
Ma qual é il messaggio di “True Fictions”? Secondo il curatore si riassume con una domanda che arriva indugiando lo sguardo in questi esempi di “Staged Photography”: Che cosa sto guardando? Realtà o finzione? O una immagine vera, accaduta, un frammento di realtà trasposta su carta o un’illusione?
“La staged photography, negli anni, è diventata il mezzo privilegiato per inventare realtà parallele, menzogne credibili, mondi fantastici. É stata una rivelazione e una rivoluzione negli anni Ottanta ed è diventata un vero e proprio genere negli anni Duemila, quando Photoshop e l’elaborazione digitale hanno trasformato la natura della fotografia. Però poche sono state le mostre nel mondo, e nessuna in Italia, che abbiano provato a definire criticamente questo campo così vasto e così affascinante: questa mostra raccoglie dunque opere straordinariamente affascinanti, inquietanti e divertenti, che parlano di noi fingendo di parlare d’altro, ed è anche un’occasione di studio per inquadrare storicamente questo fenomeno”, scrive il curatore.
Non è un caso, infatti, che il tema dell’ormai storica manifestazione di Reggio Emilia che, ogni anno a maggio, indaga un tema differente relativo alle immagini, in questo 2020 sarebbe stata la “Fantasia”.
E così, in scena, risaltano i travestimenti e i set di Cindy Sherman e Nic Nicosia, giusto per fare due esempi opposti: differenti nella inquadratura, nelle identità e nel messaggio, ma simili nella necessità di costruire un palcoscenico di rappresentazione, di manipolazione, come avviene nelle immagini fantastiche di Paolo Ventura, che ci fanno tornare indietro nel tempo in epoche che non abbiamo vissuto (quelle della chiamata alle armi durante la Seconda Guerra) viste proprio attraverso una narrazione a metà tra l’idea della street photography e il teatro dei piccoli.
E poi le metamorfosi in altre opere di Yasumasa Morimura (che in questo caso si presta a sostituirsi a Frida Kahlo) o le architetture fantastiche di Emily Allchurch, piuttosto che le figure “mitizzate” dalle inquadrature di David LaChapelle.
Un percorso curioso e, allo stesso tempo, fruibile anche dai meno esperti di fotografia, per scoprire la magia che la postproduzione (con le sue possibilità tecnologiche) ha esercitato sugli artisti degli ultimi 40 anni, circa.
I giovani a Palazzo da Mosto
A Palazzo da Mosto, tra gli Atlanti e i Ritratti ci sono Alessandra Baldoni (Perugia, 1976) che presenta Atlas una mappa di analogie per immagini in dittici e trittici; Alexia Fiasco (Parigi, 1990) che con The Denial accompagna il pubblico in un viaggio fotografico alla scoperta delle proprie origini. E ancora Francesco Merlini (Aosta, 1986) con Valparaiso in cui l’autore attiva un confronto tra le proprie memorie familiari e i luoghi dell’infanzia; Manon Lanjouère(Parigi, 1993) che con Laboratory of Universe, mostra una serie di immagini che raccontano l’origine dell’Universo; Giaime Meloni (Cagliari, 1984) con Das Unheimliche che rappresenta una metafora sulla condizione dell’abitare contemporaneo, e infine Denisse Ariana Pérez (Repubblica Domenicana, 1988) con Albinism, Albinism II, una serie che cattura la bellezza dei ragazzi nati con l’albinismo.
E dulcis in fundo, a proposito di Fantasia, ecco svelato il tema di “Fotografia Europea” 2021: “Sulla Luna e sulla Terra fate largo ai sognatori”. Una frase che è anche un omaggio a Gianni Rodari, che a Reggio Emilia aveva dedicato il libro La Grammatica della Fantasia.
Un modo per riprendere in mano il futuro, con fiducia e lucidità costruttiva.