© Monika Bulaj, Kabul, la città di Babur, . Afghanistan, 2010
«Le geografie che traccio con questa ricerca – spiega Monika Bulaj – sconvolgono le mappe mentali tradizionali sul sacro, basate su elezione, divisione ed esclusione, dando vita ad un piccolo atlante visuale delle minoranze a rischio e del “sacro”. Sono luoghi tenuti segreti e spesso indecifrabili dove da secoli si preservano parole trasmesse di bocca in bocca, e con esse il sapere sulle origini, le metafore delle iniziazioni e delle trasformazioni, le ricette per la sopravvivenza.»
Le testimonianze che Monika Bulaj riporta le ha raccolte in cammino. Con nomadi, minoranze in fuga, pellegrini, cercando il bello anche nei luoghi più bui, documentando le condizioni sociali degli strati più deboli dei Paesi da lei attraversati: Europa orientale, Caucaso, Medio Oriente, Africa, altipiano iranico, Asia centrale, Russia, Afghanistan, Haiti e Cuba.
Una mostra, organizzata da ERPAC, Ente Regionale per il patrimonio culturale del Friuli-Venezia Giulia, che ripercorre attraverso più di cento immagini, a colori e in bianco e nero, il lungo viaggio dell’artista. Chiave di volta di tutta la ricerca è il corpo, spesso pomo di discordia nelle religioni, iniziato e benedetto, svelato e coperto, temuto e represso, protetto e giudicato, intoccabile e impuro, intrappolato nella violenza che genera violenza, corpo-reliquia, corpo-martire, corpo-trappola, corpo-bomba.
«Mi piace pensare il corpo – ci spiega Monika Bulaj – come a un tempio, scrigno della memoria collettiva, quello che non mente. Nell’arcaicità dei gesti si legge la saggezza arcana di un popolo, la ricerca della liberazione attraverso l’uso sapiente dei sensi.»
Fotografie che mettono in luce l’invisibile, una ricchezza che sta scomparendo sotto gli occhi di tutti in quelle terre dove per millenni le genti hanno condiviso i santi, i gesti, i miti, i canti, le danze, gli dei. Le minoranze perseguitate in Afghanistan e Pakistan, i cristiani d’Oriente, i maestri sufi dal Maghreb alle Indie, gli sciamani dell’antica Battria, gli ultimi pagani del Hindu Kush, i nomadi tibetani, le sette gnostiche dei monti Zagros. Abitanti delle ultime oasi d’incontro, zone franche assediate da fanatismi armati, patrie perdute dei fuggiaschi d’oggi.
Una ricerca che inizia nel 1985 e che ha trovato espressione in numerose esposizioni in cui, i suoi scatti e reportage in costante cammino «con persone in fuga dalla follia dell’uomo.», citando l’autrice, hanno accolto in vari luoghi i visitatori.
«La fotografia è specchio e relazione – afferma la fotografa nell’introduzione nel volume fresco di stampa –, vetro da cui traspare qualcosa. Tutto accade nella grazia d’un incontro. Non nelle domande che contengono già le risposte, ma nell’ascolto, che rende il racconto indispensabile.»
Anche i visitatori della mostra al Magazzino delle Idee di Trieste potranno prendere parte a questo inedito cammino attraverso le immagini che la fotografa ha volutamente allestito in un intreccio narrativo – visivo più per similitudini che per latitudine e incontrare così un mondo antico, apparentemente distante dove poter scoprire invece, una vicinanza e assonanza sui temi presentati così universali per l’umanità.
INFORMAZIONI GENERALI SULLA MOSTRA
Geografie sommerse a cura di Monika Bulaj
Dal 15 luglio all’8 ottobre 2023
Magazzino delle idee – Corso Cavour, 2 – Trieste
www.magazzinodelleidee.it – info@magazzinodelleidee.it
Orari
Dalle ore 10.00 alle 19.00, da martedì a domenica; lunedì chiuso
Apertura straordinaria – 15 agosto
Biglietto
Intero € 8,00
Ridotto € 5,00:
Ridotto gruppi € 4,00:
Omaggio:
La biglietteria chiude mezz’ora prima dell’orario di chiusura (ore 18.30)
Informazioni: magazzinodelleidee.it – info@magazzinodelleidee.it – Telefono: +39 040 3774783
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