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Una natura plastica, | per Blindarte

di - 28 Giugno 2017
C’è un esempio datato ‘600 (opera di Micco Spadaro, ovvero Atteone si trasforma in cervo); si passa alla natura morta di Raffaele Belliazzi, epoca del Risorgimento italiano;  ci sono i disegni dei primi del novecento del pastellista napoletano Giuseppe Casciaro, e poi ci sono, in ordine sparso, Man Ray e il grande Carlo Alfano, Enrico Baj e Massimo Bartolini, Christo e Mat Collishaw, Benny Dröscher e Jeff Koons, Mimmo Rotella e Mario Schifano, Giulio Turcato, Andy Warhol e Francesca Woodman. Ecco la “Natura Plastica” di Blindarte (via Palermo 11), che forse oltre che “in posa” e “in scena”, come ad arte si comanda, è anche ibrida.
A cura di Memmo Grilli, il cuore della ricerca è in quella “idea” neoplatonica, che viene fatta rivive nel ‘600 con i filosofi di Cambridge, capitanati da Ralph Cudworth, secondo il quale lo spiritualismo sarebbe stato composto anche di spiragli di libertà e autodeterminazione, e dove la natura diventa “realtà viva, dinamicamente proiettata verso una continua produzione di forme sempre nuove e non più inquadrabile all’interno delle coordinate della meccanica cartesiana”.
Ma la natura, in realtà, ha una polifonia di significati: scientificamente è possibile identificarla come un “essere vivente non consapevole”; umanamente la “natura” ha a che fare con l’istinto, che secondo le leggi della téchne, del fare, viene trasformata e oggettualizzata, resa “opera”. La natura, ancora filosoficamente, secondo Platone apparteneva appunto alla perfezione che era solo del mondo delle idee – mentre l’arte, ribadiamolo, era frutto di una “mistificazione” perché “imitazione”. E, ancora, sia in ambito filosofico che artistico, la natura contiene in se un germe sacrale, ma dove il sacro potrebbe anche leggersi nella sua accezione di “sacer”, ovvero il “separato” e “maledetto”: imprendibile, e non comunicabile.
E ancora, le idee. Scrive Grilli, nella sua presentazione alla mostra: “Aumentando nel tempo la propria diffusione, le idee impongono la loro forza spirituale sulla collettività e, poco a poco, confrontandosi con le realtà differenti, modificano, plasmano il proprio significato per adattarsi a contesti sempre nuovi e continuare il proprio ruolo guida. In questo modo arricchiscono di una velata inconsapevolezza non solo l’idea originaria, ma a volte anche l’artista stesso rispetto alle future interpretazioni della sua creazione”.
E la natura, crea. E non è un semplice spot, ma anche l’idea che mise in atto, per tutta la sua esistenza, Joseph Beuys nella convinzione che rovesciando la logica produttivistica in favore di una creatività libera e diffusa, l’uomo avrebbe ritrovato la sua identità profonda.
C’è, insomma, parecchio da vedere e parecchio da pensare. Al di là di tempi, tecniche, dimensioni e, perché no, prezzi di mercato. Che a loro volta appartengono a un altro ciclo della natura, in senso lato, quello del valore dell’opera dell’uomo. (MB)

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