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Molti conoscono l’”effetto serra”, un fenomeno naturale che regola la capacità dell’atmosfera terrestre di trattenere o meno l’energia che proviene dal sole.
Meno noto probabilmente è il cosiddetto “effetto San Matteo”, che indica invece il fenomeno della concentrazione o dell’accumulazione di ricchezza, sapere, informazione, notorietà, successo a vantaggio di pochi.
Ma esiste anche un “effetto matrioska”. Ispirato alla celebre bambola di legno tipica dell’artigianato russo che contiene, al suo interno, altre bambole di dimensioni decrescenti. L’”effetto matrioska” si riferisce, infatti, a un qualsiasi oggetto o processo ricorsivo i cui elementi si ripropongono uguali a sé stessi, annidandosi l’uno dentro l’altro e, potenzialmente, all’infinito.
Dall’idea della matrioska deriva anche l’espressione “mise en abyme” o “effetto Droste” (la storica marca olandese di cacao) con le quali, in arte, si presenta la tecnica di costruzione di una “figura nella figura” o di un “racconto nel racconto”. Perdonate il preambolo che, oggi, è necessariamente articolato. Ma indispensabile per “smascherare” Valerio Nicolai. Un artista che, a dispetto della sua giovane età (non ha ancora trent’anni), è un sofisticato illusionista della pittura. Che manipola, estende, estroflette nell’ambiente. Anzi è l’ambiente stesso che viene risucchiato nell’opera, attirato nel suo gigantesco buco nero. Ed ecco che così si compone la nostra matrioska. È una specie di gioco delle tre carte. Ed è inutile provare a indovinarne il risultato. Meglio lasciarsi sorprendere lungo il percorso della mostra che, da oggi, il pubblico può visitare a Roma nei locali di smART-polo per l’arte. Capiterà così di imbattersi in inedite “matrioske”. Nessuno pensi, però, di trovare una galleria di rotondeggianti statuine di contadine, dipinte con colori sgargianti, vestite con il sarafán (tipico abito femminile) e con la testa ricoperta da un fazzoletto a fiori. No. Qui, a fare gli onori di casa, appaiono, tra gli altri, un quadro che offre noccioline, una boccia con un pesce rosso costretto a vivere con “strani coinquilini”, oppure un bersaglio ricoperto da cacche di uccello che hanno provato a fare centro. Ma che, invece, hanno fatto cilecca.
La prova di Nicolai è brillante e lo colloca, a buon diritto, tra i più promettenti artisti emergenti del Belpaese. E non solo perché, come scrive Marcello Smarrelli (curatore della mostra) “Se ci prestiamo al suo metodo di smontare e rimontare l’immagine, aggiungendo, togliendo, scambiando parti – in un’azione di bricolage dello sguardo e del pensiero – potremo generare nuovi modelli mentali, in continuità con quelli precedenti, ma più dinamici e ricchi e spesso più efficaci a fronteggiare la mutevolezza della realtà”. Nicolai fa molto di più. Si spinge ben oltre. Offre una preziosa testimonianza della vitalità della pittura nel Terzo Millennio, della sua natura “liquida” che le consente di ibridarsi con linguaggi, tecniche e tecnologie attualissimi, offrendo risultati ancora sorprendenti (nonostante secoli e millenni di grandi prove). Con buona pace di quei becchini che, da tempo, la danno per morta. (Cesare Biasini Selvaggi)
In alto: Matrioska con pesce, 2017, olio, acrilico, legno, ceramica, piastrelle, polistirolo, resina, das, boccia di vetro, pesce rosso, carta, (dettaglio). Photo: Francesco Basileo, courtesy: smART – polo per l’arte
In homepage: Freccette, 2017, legno, acrilico, cacche di uccello. Photo: Francesco Basileo, courtesy: smART – polo per l’arte