Categorie: Opening

‘Venere. Natura, ombra e bellezza’, a Palazzo Te, Mantova. Le parole della curatrice

di - 11 Settembre 2021

A Mantova da domani, 12 settembre, “Venere. Natura, ombra e bellezza” a cura di Claudia Cieri Via, apre la terza tappa del progetto espositivo “Venere divina. Armonia sulla terra” prodotto da Fondazione Palazzo Te (fino al 12 dicembre).

«Una mostra che si avvale di un comitato scientifico composto da Stefano Baia Curioni, Francesca Cappelletti, Claudia Cieri Via e Stefano L’Occaso, e che attraverso importanti prestiti internazionali – dalla Biblioteca Apostolica Vaticana al Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique di Bruxelles dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid alle Gallerie degli Uffizi di Firenze all’Akademie der bildenden Künste di Vienna e molti altri – è un’occasione unica per esplorare i diversi volti della dea che hanno popolato l’arte europea e italiana del Cinquecento, mostrandone le luci e le ombre, il fulgore e il furore, e ripercorrendo immaginari e rappresentazioni capaci di esercitare il loro fascino fino ai giorni nostri» ha spiegato l’istituzione.

Giulio Romano e allievi
Volta della Camera dei Giganti, 1530-1534
, affresco 
Mantova, Palazzo Te
. Foto: Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo Te

Le parole di Claudia Cieri Via, curatrice della mostra

“Venere. Natura, ombra e bellezza” è il terzo appuntamento del programma espositivo “Venere divina. Armonia sulla terra”, come si inserisce nel progetto complessivo?

«Nell’ambito delle manifestazioni progettate dalla Fondazione Palazzo Te dedicate al mito di Venere a partire dalla primavera del 2021, questa mostra conclude il percorso che ci ha portato a ragionare intorno a questa divinità archetipica, mettendone a fuoco i suoi diversi aspetti: dalle origini classiche del mito alle sopravvivenze nella cultura, nella letteratura mitografica e poetica e nelle immagini fino all’età moderna. Venere, tradizionalmente dea dell’amore e della bellezza secondo il Giudizio di Paride è una divinità ancestrale e polimorfa. Venere risponde al canone della Bellezza classica, rappresentato dalla Afrodite Anadiomene che esce dalle acque, dalla Venere Naturale che incede nei giardini fioriti come immagine della Primavera, della rinascita e della rigenerazione che ha dato vita a tutte le manifestazioni del programma espositivo che hanno avuto luogo a Palazzo Te nel corso dell’anno. Infatti Venere trova la sua più naturale collocazione in questo magnifico Palazzo, progettato da Giulio Romano su committenza di Federico II Gonzaga, una dimora immersa nella Natura sull’isola del Tejeto ai margini di Mantova, un luogo di otia, nell’accezione rinascimentale, in contrapposizione ai negotia, luogo di piacere e di riflessione intellettuale.
Venere è anche protagonista delle favole mitologiche che la vedono sposa dell’anziano Vulcano, rapita da una passione erotica con Marte, in un coinvolgimento amoroso, fino alla morte, con Adone, prestando le sue sembianze anche ad altre figure del mito antico e dando luogo a travestimenti e ad interpretazioni complesse che animano anche le decorazioni di Palazzo Te, come emerge dal libro “Venere a Palazzo Te”, il progetto che ha avviato l’anno 2021 dedicato a Venere, pubblicato dalla Fondazione Palazzo Te (Tre Lune, 2021).
Ma Venere, madre di Cupido nella mitologia antica è anche soggetta alla variabilità delle occasioni declinando il suo potere in termini ora naturalistici ora erotici, ma anche legati all’inganno, alla magia e alla stregoneria che troveranno espressione nella letteratura e nelle immagini fra Cinquecento e Seicento. La mostra “Venere. Natura, ombra e bellezza” intende mettere a fuoco un progetto volto agli aspetti anche contraddittori di Venere attraverso una selezione di opere: sculture, monete antiche, manoscritti, libri a stampa e dipinti volti a far luce sui diversi aspetti della Divinità e intrecciando la tradizione classica e le sue sopravvivenze nel Cinquecento e nel primo Seicento evidenziando anche i rapporti e le diversità fra la cultura artistica italiana e la cultura nordeuropea».

Pieter Paul Rubens, Il Giudizio di Paride, 1606 circa, olio su rame, 34 x 45 cm, Vienna, Akademie der bildenden KĂĽnste
Come si può collocare Venere divina. Armonia sulla terra nel panorama degli studi sulla figura di Venere?

«Il progetto “Venere divina. Armonia sulla terra” è di grande interesse perché si configura in maniera molto innovativa nel panorama degli studi sulla figura di Venere, legata generalmente alla bellezza, alla nudità e all’armonia della divinità mitologica generalmente focalizzati sulla produzione artistica figurativa dell’Antichità oppure del Rinascimento e del barocco. Il progetto della Fondazione Palazzo Te invece ha scelto una impostazione trasversale di individuazione dei modelli antichi come modelli poliedrici e polimorfi che attraversano l’età classica per sopravvivere con continuità e variazioni fino alla modernità, cogliendo la polarità della figura di Venere fra armonia e disarmonia nei diversi contesti storici e culturali».

Bottega di (?) Maître de Rambures, La figure de Venus et comment elle doit estre painte miniatura in Les Metamorphoses d’Ovide, traduites [en vers français] et moralisées, XV secolo, manoscritto miniato, 440 x 330 mm, Copenhagen, Det Kgl. Bibliotek
Può indicarci un paio di opere che saranno in mostra particolarmente significative all’interno del percorso espositivo o per la loro provenienza?
«Fra le opere che a mio avviso caratterizzano il percorso espositivo della mostra vorrei segnalare lo strepitoso dipinto di Tiziano Venere che benda amore, un dipinto dove il soggetto della “Educazione di Venere” è immerso in un paesaggio tipicamente veneziano che intesse tutta la tela in una fusione incredibile fra le figure del mito antico e il paesaggio naturalistico in una sinfonia di colori. In un certo rapporto di continuità il dipinto di Rubens, che rappresenta Il Giudizio di Paride, un olio su rame, eseguito dall’artista fiammingo alla corte dei Gonzaga a Mantova nei primi anni del Seicento, fonde la tecnica pittorica con la luce del paesaggio alla veneziana e i panneggi trasparenti delle figure femminili».
Palazzo Te
, Facciata sulle Peschiere, 
Foto: Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo Te

“Cucire il tempo” alle Pescherie di Giulio Romano

Sempre a Mantova nei giorni scorsi è iniziato il progetto espositivo “Cucire il tempo”, a cura di Stefano Baia Curioni e Melina Mulas, che inaugura le Pescherie di Giulio Romano «come spazio espositivo, dopo i recenti interventi di restauro che hanno restituito alla città il prezioso monumento del Maestro manierista. A partire da una riflessione sul lavoro di Maria Lai, la mostra raccoglie e presenta al pubblico la ricerca di sei artiste italiane: Sonia Costantini e Maria Lai (fino al 26 settembre), Marta Allegri e Irene Lanza (28 settembre – 17 ottobre), Rosanna Bianchi Piccoli e Antonella Zazzera (19 ottobre – 7 novembre)».
Abbiamo chiesto a Stefano Baia Curioni che cosa significhi per la città la restituzione alla città delle Pescherie di Giulio Romano:«La restituzione delle Pescherie di Giulio Romano alla città di Mantova – ci ha risposto – è un atto per alcuni aspetti “dovuto” data la centralità dell’edificio e la sua rilevanza simbolica e storica – si affaccia sul rio antico che congiungeva fin dall’antichità i due laghi superiore e inferiore e sul ponte che apre l’accesso a una zona fondamentale del centro urbano – ma che deve essere considerata anche come un bel “miracolo” visto che era attesa ormai da molti decenni e si erano quasi perse le speranze. La splendida azione dell’Associazione degli Amici di Palazzo Te si è congiunta in questo caso anche con la programmazione voluta dalla Fondazione Palazzo Te, che ha immaginato un percorso espositivo conciso e poetico sul lavoro paziente di “cucitura del mondo” proposto in modo esemplare da sei artiste contemporanee, come guida per il cammino che deve condurci ad uscire in modo creativo dalla pandemia.
In questa prospettiva la riapertura delle Pescherie congiunge la riattivazione del patrimonio preziosissimo della città di Mantova con una visione culturale e sociale contemporanea. Entrare nella città significa con questa proposta non solo riempire lo sguardo di forme rinascimentali, ma anche ricevere sollecitazione per vivere poeticamente il presente».
Francesco di Niccolò de Luteri detto Dosso Dossi e Battista di Niccolò de Luteri detto Battista Dossi, La strega, XVI secolo, olio su tela, 136 x 214 cm, Ajaccio, Palais Fesch, Musée des Beaux Arts

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