Oggi, 5 dicembre, centinaia di iniziative promesse da musei, fondazioni, istituzioni pubbliche e private, gallerie, studi e spazi d’artista celebrano la sedicesima Giornata del Contemporaneo, promossa da AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani (potete trovare l’elenco completo delle iniziative qui).
Confermato e notevolmente ampliato, grazie ai progetti online, il coinvolgimento della rete estera del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, di cui fanno parte Ambasciate, Consolati e Istituti Italiani di Cultura, che fino all’11 dicembre 2020 darà vita a una settimana di promozione dell’arte contemporanea italiana all’estero.
In un’edizione profondamente segnata dalla pandemia, «la sedicesima edizione della manifestazione rimette al centro la comunità del contemporaneo – a partire dai Musei AMACI – e si ripensa proprio partendo dal concetto di community, da sempre alla base della manifestazione e oggi – in epoca Covid – tornato prepotentemente alla ribalta.
Come possono, oggi, i musei d’arte contemporanea e tutti i soggetti e le realtà che si occupano di promuovere e far conoscere il contemporaneo, fare comunità? È la domanda che ha ispirato le importanti novità della Giornata del Contemporaneo 2020», ha spiegato AMACI, ne abbiamo parlato con Lorenzo Giusti.
Oltre 500 eventi online e offline di musei sul territorio nazionale, molte adesioni da istituzioni all’estero, e la conferma della caratteristica che ormai contraddistingue la Giornata del Contemporaneo, quella di riuscire a innescare, a catena, migliaia di eventi anche in gallerie, spazi no-profit ed enti che a vario titolo si occupano di contemporaneo sul territorio nazionale e non solo. Che clima si registra? La voglia di essere presenti è cambiata rispetto alle edizioni precedenti?
«Quest’anno tanti degli aderenti alla Giornata del Contemporaneo non possono aprire al pubblico e le attività negli spazi sono rimandate al prossimo anno, ma abbiamo constatato un forte desiderio di riprendere i progetti e la volontà di raccontare e trasmettere, con altri mezzi e strumenti, il lavoro silenzioso di questi mesi. Proprio perché principalmente digitale, si tratta di un’edizione che è riuscita a coinvolgere tanti soggetti nuovi, svincolati dall’obbligo dell’iniziativa nello spazio fisico, com’era nel passato. Parlo quindi di tutte quelle realtà – editori, magazine, blog, scuole… – che, insieme agli altri soggetti che la giornata del contemporaneo ha sempre coinvolto (musei, fondazioni, gallerie, studi e spazi d’artista) – contribuiscono a dare vita a questa grande comunità dell’arte, a cui corrisponde un preciso e importante sistema produttivo che, al pari di altri, richiede specifiche politiche di sostegno per lo sviluppo e la promozione. Le adesioni sono state come sempre caratterizzate da entusiasmo, ma più che in passato abbiamo registrato la necessità di aderire, non tanto per far conoscere la propria realtà, quanto per essere parte di questa “rete del contemporaneo”. Oggi silenti e solo apparentemente fermi, tanti soggetti poco conosciuti (penso soprattutto alle associazioni, alle piccole gallerie, agli studi e spazi d’artista) non sono per questo meno importanti nel sistema dell’arte, per il quale in questa sedicesima edizione hanno stretto una specie di patto collettivo».
Un’edizione in bilico fino all’ultimo in merito alle modalità di svolgimento, soprattutto per quanto riguarda gli eventi in presenza, soggetti all’ultimo Dpcm. Come questa situazione ha condizionato la preparazione degli eventi per i musei?
«Malgrado l’aumento dei contagi degli ultimi mesi e il rischio di un nuovo lockdown, l’Associazione ha voluto ugualmente portare avanti in questa sedicesima edizione un doppio binario di partecipazione con un format ibrido online e offline, per essere pronti a rispondere a qualsiasi scenario. Ora sappiamo che musei e mostre saranno chiusi, come era prevedibile, e tutta l’attività della Giornata del Contemporaneo sarà quindi trasferita sulle piattaforme digitali, con cui negli ultimi mesi tutti abbiamo avuto modo di familiarizzare.
Le opere presentate dai Musei sui loro siti e social network – che quest’anno sostituiscono i laboratori e gli eventi in presenza delle scorse edizioni – sono comunque il risultato di mesi di lavoro da parte dei Direttori, dei curatori e degli interi staff delle istituzioni. Questi professionisti hanno continuato a offrire al pubblico, in forma diversa, una programmazione di contenuti senza limitarsi alla fruizione di lavori necessariamente digitali, ma cercando di testimoniare anche in forme diverse (quali anteprime di backstage, interviste o documentari) il lavoro delle artiste e artisti scelti».
Lei è da pochi mesi Presidente di AMACI. Il mosaico composto dai musei d’arte contemporanea sul territorio nazionale è molto eterogeneo, ma ci sono, secondo Lei, delle necessità comuni a tutti? E, eventualmente, in che modo AMACI sta lavorando per affrontarle?
«I musei AMACI sono realtà con governance eterogenee, ma sono accomunati dall’esigenza di tutelare un patrimonio pubblico e garantire la continuità dell’offerta culturale alla loro comunità, come è avvenuto anche in questi mesi di chiusura. Stiamo lavorando in stretta collaborazione con la Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiBACT affinché eventuali criticità possano trovare un sostegno tramite AMACI ed essere risolte a livello di rete».
Se da un lato si celebra con soddisfazione la voglia di partecipazione e la creatività con cui le istituzioni museali hanno reagito alla situazione generale, mesi di chiusure, aperture contingentate, nuove chiusure, etc. hanno portato a differenti modalità organizzative e di lavoro nelle istituzioni. Che cosa significa questo per il personale dei musei e, soprattutto, per l’occupazione, pensando, ad esempio, a ruoli come quelli del personale di sala o delle sezioni didattiche? Che prospettive ci sono in questo senso?
«Sicuramente la situazione causata dall’emergenza sanitaria ha messo a dura prova i musei e molti dipartimenti – in primis i dipartimenti educativi – come tante altre realtà e soggetti del tessuto sociale. Non sappiamo quanto questa emergenza durerà e sicuramente avrà delle ricadute economiche sul lungo periodo. In questi mesi decisamente impegnativi per l’organizzazione e la ri-definizione delle attività, si è presentata anche per le Istituzioni museali l’occasione per ripensarsi e ripensare ai propri modelli, anche organizzativi, oltre che per ripensare ad alcuni progetti e rimodellarli sulla base di nuove esigenze. Questo significa, in termini pratici, rispondere al cambiamento senza voler preservare a tutti i costi le vecchie modalità e posizioni, riadattandosi in maniera fluida e dinamica al mondo intorno a noi, che non sarà più quello di prima. I musei d’arte contemporanea sono un presidio fondamentale in questo senso, perchè non solo “conservano” e “ospitano” le opere d’arte contemporanea, ma soprattutto perché rispondono alle esigenze del proprio tempo e le incarnano, decodificandole e intercettando i nuovi bisogni delle comunità a cui si rivolgono. Inutile far finta che questo non abbia avuto e non avrà un impatto sul personale, forse anche in termini di occupazione, ma sarà un passaggio fisiologico che auspicabilmente aprirà a nuove opportunità. In ogni caso, credo sia finito il tempo dei musei come luoghi “altri”, distaccati dal loro territorio e dal loro contesto, e questo sarà un valore anche per le persone che ci lavorano o ci lavoreranno in futuro».
Quest’anno si registra un’ampia partecipazione alla Giornata del Contemporaneo dall’estero. È maggiore rispetto alle scorse edizioni? Si tratta di uno degli aspetti positivi di un’edizione che, per necessità, si affida molto all’online?
«La partecipazione della rete estera del MAECI (Ambasciate, Consolati e Istituti Italiani di Cultura) alla Giornata del Contemporaneo – Italian Contemporary Art è cresciuta gradualmente nelle ultime tre edizioni. Gli scorsi anni questa apertura internazionale ha favorito importanti scambi tra le Istituzioni con la realizzazione di conferenze presso Musei o Istituti Italiani di Cultura in cui sono stati coinvolti i Direttori dei Musei AMACI e gli artisti. Quest’anno la rete è stata supportata direttamente dalla Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese del MAECI, che per l’occasione ha organizzato molti webinar, per continuare a mantenere una proposta equivalente anche online e soprattutto continuare a favorire lo scambio tra istituzioni italiane e straniere, nell’ottica di una sempre più forte diffusione e conoscenza dell’arte contemporanea italiana all’estero. In un momento in cui non si può viaggiare, è sicuramente molto importante continuare ad alimentare relazioni che aiutino tutti noi operatori nell’obiettivo dell’internazionalizzazione».
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