Realizzato nel 1958/59, l’opera fa parte di un primo insieme collocabile sommariamente tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, periodo in cui l’artista applica per la prima volta il termine schermo al titolo.
L’opera sintetizza il concetto stesso di schermo, inteso innanzitutto come modo di vedere il mondo e dunque elemento che individua una personalissima poetica in grado di ricondurre l’eclettismo e la multiformità espressiva del decennale lavoro di Mauri entro una sostanziale unità di fondo. Sulla superficie del quadro è applicato un telaio aggettante di forma rettangolare ma con gli angoli smussati, sagoma che rimanda istintivamente a quella del televisore. Il tutto è ricoperto di garza dal colore delicato. La sagoma in rilievo ritma discretamente una superficie apparentemente monocroma, e tuttavia non definibile esattamente come tale: lo schermo di Mauri infatti non elimina totalmente i segni dalla superficie, bensì li nasconde al proprio interno, velandoli, e così facendo lascia allo spettatore la libertà immaginativa e linguistica di cui il mezzo massmediatico lo priva, sfruttando l’ambiguità del linguaggio.
Lo schermo di Mauri, come opera ma soprattutto come concetto, lavora sulla capacità critica dell’utente denunciandone la strumentalizzazione a favore della consapevolezza come unica forma di salvezza. Con lo stesso principio compare a volte la scritta The End, simbolo di una proiezione finita che contemporaneamente legittima quella che nasce dalla fantasia dello spettatore. L’opera di Mauri implica infatti una forma di interazione che prescinde però esclusivamente dalla volontà di chi gli sta di fronte, perché il suo essere primariamente oggettuale –condizione del mondo in generale- determina una naturale predisposizione al senso che interagisce naturalmente con la specifica soggettività di chi la fronteggia, dando vita a nuove forme di significazione.
Così non siamo solo noi che interagiamo con lo schermo proiettandovi le nostre pulsioni interiori, ma anche lo schermo fa lo stesso con noi. La polemica nei confronti della strumentalizzazione delle coscienze e dell’ambiguità del linguaggio assumerà poi toni più violenti a partire dal 1971 con la denuncia dell’ideologia, considerata l’oggetto di consumo europeo. Ed allo stesso tempo fonda le basi nei disegni e collage paralleli e precedenti agli Schermi, con le cancellature che intervengono sulla superficie del foglio, o le bolle del fumetto piene di segni incomprensibili o annullate, quasi a dare la possibilità di parlare e toglierla allo stesso tempo. Lo schermo non esaurisce qui la sua complessità ma ne evidenzia comunque un aspetto basilare e costante: la volontà di reagire e far reagire a una forma di comunicazione azzerata che continua a sopravvivere in forme più sottili, anche al di fuori di logiche di regime.
biografia
Fabio Mauri nasce a Roma nel 1926. Trasferito a Milano scopre presto l’arte contemporanea attraverso le opere di Carrà, De Chirico, Tosi, Savino, Tomea. Nel 1931 si trasferisce a Bologna dove conosce Pasolini e viene introdotto al Futurismo, avanguardia che avrà grande influsso sulla sua formazione. Dopo la guerra rimane profondamente colpito da immagini di campi di sterminio e vive una profonda crisi. A questo periodo risalgono i suoi primi dipinti, di natura religiosa e semi-figurativi, in stile espressionista. L’attività artistica di Mauri cambia direzione nel 1956, in seguito all’incontro con l’opera di Burri. Mauri inizia a produrre disegni, collage e Schermi, gettando le basi del suo percorso. Nel 1971 inizia la serie delle performance ideologiche e continua la sperimentazione di vari linguaggi espressivi, rimanendo tuttavia fedele al percorso avviato e, soprattutto, al concetto che ne guida la produzione: lo schermo. Nel 1994 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma gli dedica una grande retrospettiva.
bibliografia essenziale
Fabio Mauri 1959-1969, Studio d’Arte Toninelli, Roma, 1969 (catalogo della mostra)
D.P.V. Der Politische Ventilator, Milano, Krachmalnicoff, 1973 (libro d’artista)
Linguaggio è guerra, Roma, Massimo Marani Editore, 1975 (libro d’artista)
Fabio Mauri: Opere e azioni 1954-1994, Roma, Carte Segrete – Milano, G. Mondadori, 1994 (catalogo della mostra)
Fabio Mauri. Male e Bellezza. Das Bőse und das Schőne, Klagenfurt, Kunsthalle, 1997 (catalogo della mostra)
L. Vergine, Body art e storie simili. Il corpo come linguaggio, Milano, Skira, 2000
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Schermo, 1958/59
Tela e telaio aggettante, cm 62x45x5
Collezione privata
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