Maestro Guglielmo
Il Pergamo
1159 – 1162
Cagliari, Cattedrale Santa Maria di Castello
La datazione rilevata dall’iscrizione lungo la cornice inferiore stabilisce l’ante quem al 1162 e menziona Guglielmo – da non confondere con il Guglielmo di Innsbruck citato dal Vasari – come autore del pergamo, realizzato per la cattedrale di Pisa nell’arco di quattro anni. L’iscrizione prefissa inoltre il completamento della fabbrica del Duomo, alla cui decorazione della facciata collaborarono lo stesso Maestro e la sua bottega.
La commissione a Giovanni Pisano di un nuovo pulpito nel 1312 determinò il trasferimento del vecchio nel Duomo di Cagliari; ciò avvenne durante la fase d’ampliamento della chiesa di Santa Maria, divenuta cattedrale dopo il 1258, anno della distruzione pisana di Santa Igia, capitale del giudicato di Calari. Quando Bonifacio VIII nel 1297 concesse al Regno d’Aragona la licentia invadendi sui territori che nominalmente costituivano il Regno di Sardegna e Corsica, si delineava una grave minaccia per la dominazione pisana nell’isola. L’obiettivo fondamentale della donazione, nell’eventualità di uno scontro fra Pisa e il regno aragonese, era la consolidazione tra i due centri attraverso la “venerabile reliquia” che accorciava, in tal modo, le distanze con la madre patria.
Il pergamo giunse a Cagliari nel 1312 per essere collocato presso la terza colonna destra della cattedrale fino al 1669, quando in vista della ristrutturazione dell’aula, l’opera fu smembrata a formare due pseudo-cantorie inaccessibili addossate alla controffacciata. Secondo fonti cinquecentesche la struttura era a cassone unico, costituita da otto pannelli scolpiti e innalzata da colonne marmoree impostate su quattro leoni stilofori, oggi in parte mutili ed inseriti nella struttura presbiteriale. L’ipotesi si fonda sulla testimonianza di Aleo che descrisse un unico pergamo, ricostruibile attraverso il pulpito di Carlo V, eseguito nel 1535 per la chiesa di San Michele di Stampace, dove si trova tutt’oggi, concepito come un’unica cassa rettangolare con due distinti leggii, per l’Epistola l’uno e l’altro per il Vangelo.
A sinistra del portale mediano s’individua il pulpito destinato alla lettura del Vangelo riconoscibile dal lettorile costituito dal gruppo del Tetramorfo che ripartisce il prospetto frontale nel quale si distinguono, La Natività e la Resurrezione nel registro inferiore e oltre la cornice mediana L’Annunciazione, La Visitazione e le Marie al sepolcro. Nei lati brevi partendo da sinistra sono visibili I Magi da Erode e La strage degli innocenti e nel pannello opposto L’Ultima cena e il bacio di Giuda.
Contraddistinto dal leggio composto dalle figure di Paolo, Tito e Timoteo, il pulpito destinato alla lettura dell’Epistola s’inserisce a destra del portale mediano. Il gruppo sormontato da tre angeli s’innesta tra le rappresentazioni della Trasfigurazione, in continuità tra il registro inferiore e quello superiore, e La Presentazione al Tempio sottostante Il Battesimo di Cristo. Lateralmente si stagliano L’Epifania e Il ritorno dei Magi, a sinistra, e la rappresentazione dell’Ultima cena e del Bacio di Giuda a destra.
Completamente stravolto, a causa dello smembramento e riassemblaggio d’epoca secentesca, il racconto non segue un ordine cronologico, e l’impresa di restituire l’originaria fisionomia romanica diviene ancora più ardua soprattutto considerando i restauri e le integrazioni avvenute dal 1669 fino al XIX secolo, tra cui l’inserimento di un basamento baccellato e le teste angeliche sottostanti i leggii.
I quattro leoni, sui quali s’impostavano le colonne marmoree reggenti il cassone, si presentano con diverse connotazioni iconografiche; collocata nell’estrema destra del recinto presbiteriale la prima fiera agguanta il corpo di un drago atterrato; agli spigoli dello scalone s’inseriscono un leone che artiglia il petto di un orso con le fauci spalancate e la terza fiera intenta ad immobilizzare un toro che gli conficca le corna in gola; l’ultimo leone collocato all’estrema sinistra ghermisce il petto di un cavaliere disarcionato e il suo cavallo, il quale cerca di ferire la belva con un pugnale.
La lettura critica del pergamo è ancora molto limitata, si presentano, infatti, problemi relativi alla ricostruzione originale, sia nel Duomo pisano sia in quello di Cagliari, alla formazione dello scultore, la cui levatura non è inferiore a quella di Wiligelmo o dell’Antelami, al linguaggio plastico ed espressivo adottato e alla distinzione delle mani all’interno della bottega che realizzò il pergamo e collaborò alla decorazione della facciata del Duomo di Pisa.
Tecnica: Scultura marmorea.
Bibliografia essenziale:
R. Calderoni Masetti, Il pergamo di Guglielmo per il duomo di Pisa oggi a Cagliari = Opera della Primaziale Pisana, Pisa, 2000.
R. Coroneo, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo ‘300 = Storia dell’Arte in Sardegna, Nuoro, 1993.
R. Coroneo, Fra il pergamo di Guglielmo e la bottega di Jaume Cascalls: Arte in Sardegna nella prima metà del XIV secolo, in “Medioevo, saggi e rassegne”, XX, Cagliari, 1995.
R. Coroneo, Recensione a Anna Rosa Calderoni Masetti, Il pergamo di Guglielmo per il Duomo di Pisa oggi a Cagliari, in “Bollettino d’Arte”, n. 109/110, Roma, 1999.
C. Maltese, Arte in Sardegna dal V al XVIII secolo, Roma, 1962.
C. Maltese, R. Serra, Episodi di una civiltà anticlassica, in “Arte in Sardegna”, Milano, 1986.
M. Salmi, Toscana e Sardegna nel periodo romanico, in “Atti del XIII Congresso di Storia dell’Architettura”, Roma, 1966.
P. Sanpaolesi, Il Duomo di Pisa e l’architettura romanica in Toscana dalle origini, Pisa, 1975.
R. Serra, La Sardegna = Italia romanica, X, Milano, 1989.
R. Serra, Pittura e scultura dall’età romanica alla fine del ‘5oo = Storia dell’arte in Sardegna, Nuoro, 1990.
Opera è un progetto editoriale a cura di Daniela Bruni
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Roberta Vanali
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Molto bello ed interessante.