Lezione di danza, un pomeriggio, a Parigi. Dai primi anni settanta Edgar Degas (1834-1917) si dedica al tema delle ballerine. Frequentatore assiduo dell’Opera, non celebra il fascino mondano del balletto e non intende documentare il nuovo divertimento borghese. E’ interessato piuttosto alla meccanica del movimento, alle complicate evoluzioni delle ballerine mai casuali, frutto di esercizi ripetuti e faticosi.
Le sue lezioni di danza sono immagini di ragazzine impegnate in un lavoro difficile, finalizzato a costruire artificialmente la spontaneità. Quasi una metafora dell’arte di Degas: il duro esercizio necessario all’esecuzione di un passo di danza, che sul palcoscenico sembra facile e leggero, è paragonabile alla studiata costruzione delle sue opere, solo in apparenza rapide impressioni. Come questo Lezione di danza; la sensazione è quella di un’opera eseguita di getto, un attimo di vita colto con la rapidità di uno scatto fotografico. L’inquadratura –memore delle stampe giapponesi- spezza l’integrità delle figure, la pennellata è rapida, i volti sono appena accennati. Tuttavia la composizione è attentamente studiata e ricca di riferimenti alla tradizione. Degas osservava i suoi soggetti, schizzava rapidi bozzetti e li rielaborava a lungo nel suo studio, lontano dall’impressione dell’attimo. Egli rifiutò sempre la definizione di ‘impressionista’ ed avvertiva: “nessun’arte è meno spontanea della mia… di ispirazione, spontaneità… io non ne so niente”.
L’opera è scandita da un preciso gioco di linee; la fascia orizzontale scura alla base della parete di fondo, le verticali della cornice dello specchio, la diagonale immaginaria che divide le figure in due gruppi. Da una parte il maestro la donna seduta e le ballerine a riposo, dall’altra le ragazze che provano gli esercizi. E poi lo specchio, che riflette le spalle delle ballerine (come in Madame Moitessier di Ingres) e rende percepibile uno spazio non direttamente visibile, la parete di fronte con la finestra che apre la vista sugli edifici grigi della città.
Un gioco intellettuale raffinatissimo che chiama in causa lo spazio ‘abitato’ dallo spettatore (la finestra è dove ci troviamo noi spettatori) ed ha precedenti illustri, dai Coniugi Arnolfini di Van Eyck all’intrigante Las Meninas di Velasquez. Degas si era formato sui classici e non li rinnegò mai, convinto che si debba “copiare e ricopiare continuamente i maestri”.
L’atmosfera è quella della routine monotona degli esercizi ripetuti decine di volte. Una ballerina esegue un difficile passo in equilibrio sulla punta del piede, talmente sbilanciata in avanti da sembrare sorretta da fili invisibili. Il maestro immobile con il capo lievemente chino assiste inerte, una ballerina si aggiusta distratta un orecchino, un’altra volge le spalle alle compagne che provano. La donna al centro il cui abito viola si impone sui leggeri tutù delle ballerine –una madre che attende la fine della lezione- sottolinea con il suo totale disinteresse il carattere di banale quotidianità della scena. Seduta sgraziatamente legge il giornale, indifferente; è lei il centro della composizione con una scelta, tipica di Degas che allontana ai margini del quadro il soggetto dell’opera.
C’è un sentimento più forte della noia. Le figure ravvicinate in gruppi sono totalmente estranee l’una all’altra, non ci sono sguardi che si incrociano, tutti si danno reciprocamente le spalle. Sin dai primi ritratti (già ne La famiglia Bellelli) Degas si interroga sull’isolamento dell’individuo, sulle difficoltà di comunicazione anche tra chi trascorre insieme tantissime ore addirittura una vita intera.
Noia e solitudine, l’arte comincia a riflettere sull’alienazione dell’uomo e Baudelaire scrive “il vero pittore sarà colui che riuscirà ad afferrare il lato epico della vita di ogni giorno”.
bio: Hilaire Germain Edgar de Gas (scelse poi di firmarsi Degas) nacque a Parigi nel 1834 in una ricca famiglia di banchieri che non ostacolò la sua passione per l’arte. Nel 1854 iniziò una lunga serie di viaggi in Italia nei quali studiò Giotto, Botticelli, Raffaello, Tiziano. A Parigi fu allievo di Lamothe, un discepolo di Ingres; cercò sempre di conciliare tradizione e modernità. L’incontro con Manet nel 1862 lo portò in contatto con gli impressionisti. Partecipò a tutte le mostre del gruppo (non a quella del 1882). Con gli impressionisti ebbe in comune il gusto per l’audacia compositiva e la modernità dei soggetti, ma non condivise la pittura en plein air di solo colore. Fu scultore e autore di straordinari pastelli. Morì quasi cieco nel 1917.
bibliografia essenziale
Paul Valery, Degas Danza Disegno, Paris 1938 (ed. it. Milano 1999)
John Rewald, La nascita dell’impressionisimo, Verona 1976
Catalogo della mostra Degas. Classico e moderno, Milano 2004
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La nascita dell’impressionismo
Edgar Degas
Lezione di danza
1881
olio su tela; 81,6 x 76,5
Philadelphia, Philadelphia Museum of Art (collezione W.P. Wilstach)
antonella bicci
[exibart]
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