E’ il sottile zampillo di latte bianco, che scorre immutabile e senza tempo dalla brocca di terracotta, o il contrasto giallo blu del semplice abito della ragazza ad attirare il nostro sguardo? Difficile dirlo. Resta il fatto che questa Lattaia di Vermeer è una delle opere più affascinanti di tutta la storia della pittura.
Rappresenta l’interno spoglio di una stanza nella quale una domestica è intenta a versare del latte da una brocca. Ha davanti a sé un tavolo -una barriera tra lei e noi- coperto da un drappo sul quale sono disposti con apparente casualità alcuni oggetti: un boccale di bronzo, un panno blu, pane di forme diverse. La luce proviene da una finestra sulla sinistra –come in molte opere di Vermeer– e illumina una parte del viso della ragazza, rende bianchissimo un lembo della sua cuffia e si posa sul pane dorato. Una luce morbida, filtrata dai vetri spessi della finestra, smussa i contorni e conserva inalterata l’atmosfera di magica quiete del dipinto.
Un attimo di vita quotidiana che non è possibile definire ‘pittura di genere’. Niente a che vedere con le opere dei contemporanei De Hooch, Ter Borch, van Mieris ricche di dettagli pittoreschi che riconducono la scena ad un particolare luogo e tempo. L’atmosfera della Lattaia non è narrativa, ma di tutt’altro genere; vi “aleggia una calma di sogno, una completa immobilità […] che ci porta lontano dalla grossolana e nuda realtà quotidiana” (Huizinga). Vermeer riduce all’essenziale i particolari e si concentra sulla figura assorta della donna il cui aspetto, semplice e solenne al tempo stesso, ha indotto alcuni storici dell’arte a paragonare le figure di Vermeer alla geometrica solennità di Piero della Francesca e (più di due secoli dopo) alla sintesi forma colore di Cezanne.
Invece della pittura lucida, smaltata e nitidissima delle ‘scene di genere’ dei suoi contemporanei olandesi Vermeer adotta una tecnica a grani di colore,
I grani di colore –tocchi di pennello densi di colore che restano in rilievo sulla tela– danno vita agli oggetti, descrivono la diversa consistenza dei materiali: la ruvida cesta di vimini, la seta grezza del corpetto giallo, la cuffia inamidata, la porosità della brocca di terracotta, la crosta croccante del “pane nel cestino e dei panini sulla tavola che sono costellazioni di punti luminosi” (Schneider). Vermeer studia la luce (quanta pittura del XVI e XVII secolo è stata uno studio della luce e dei suoi effetti), il modo in cui si rifrange sugli oggetti e sui materiali, come modifica l’intensità e il tono dei colori.
Anche per la Lattaia –come per tutte le atre opere dell’artista– i critici sono andati alla ricerca di complessi significati iconologici; in questo caso si è parlato di allegoria dell’operosità domestica e di significati eucaristici per la presenza del pane e di quella che potrebbe essere una brocca per il vino. Così come poco importa stabilire se Vermeer abbia fatto uso oppure no della camera oscura –certi effetti di puntinismo sembrerebbero derivare da una visione ‘sfuocata’ dell’immagine ottenuta attraverso la camera oscura. Tutte queste teorie perdono importanza di fronte alla bellezza di quest’opera nella quale “la vita quotidiana appare sotto l’aspetto dell’eternità” (De Tolnay).
bio. Johannes Vermeer nasce a Delft nel 1632 e vi muore nel 1675. Montias ha meticolosamente ricercato i documenti esistenti sull’artista e sulla sua famiglia senza riuscire a rintracciare niente che riguardi direttamente la sua attività artistica; non ci sono notizie sulla sua formazione, né su rapporti con altri artisti. Abbiamo solo informazioni frammentarie qualche nome di committente, un inventario di opere redatto poco dopo la sua morte, l’anno d’iscrizione come Maestro Pittore alla Corporazione di San Luca (1653). Incerto anche il catalogo e poche le opere da tutti riconosciute come autografe.
bibliografia essenziale
John Michael Montias, Vermeer. L’artista, la famiglia, la città, Torino 1989
Arthur K. Wheelock, Jan Vermeer , Milano 1996
Norbert Schneider, Vermeer. Tutti i dipinti, Colonia 2001
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Johannes Vermeer
Lattaia
1659 circa
olio su tela; 45,4 x 40,6
Amsterdam, Rijksmuseum
antonella bicci
[exibart]
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