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20
giugno 2012
ASSOLOSHOW Dina Danish /Jacolby Satterwhite
parola d'artista
La prima è nata a Parigi, cresciuta al Cairo, adesso vive ad Amsterdam, ma si mette in mostra allo SpazioA di Pistoia. L’altro è statunitense ed espone a New York, in una doppia personale, da Monya Rowe. E qui si raccontano in due assolo…
DINA DANISH
I was born in Paris, grew up in Cairo and studied art in both Cairo and San Francisco. Now I live in Amsterdam. In the last few years, my work has followed a process that attempts to analyze various incidents. These incidents usually vary in subject matter. They can range from counting, direction, movement in general, the audience and the performer, tongue twisters, language, breathing, swimming on couches and the list goes on. For example, in around 2009, while watching one of my favorite songs by Egyptian singer Halim, I stumbled upon some fascinating and surprising footage. After many viewings, I finally realized the work Halim: The Dark Whistling Nightingale. There, I recount the collapse of one of his last performances in Cairo. Until now I fully absorbed by this concert and I am still conducting research around it.
Some of the works I will present at SpazioA Gallery will also be around newer and further ‘discoveries’ of the same concert. Last summer in San Francisco, I was trying to explain a childhood game to a couple of friends of mine. While folding a piece of paper into a boat and then tearing parts of it, you tell a story about the disappearance of a sailor. This incident made me interested in unfolding ideas about constructing and deconstructing a narrative and a piece of paper in the same time, which then resulted to my video The Sailor’s Shirt. In another incident, I took notice that the way I count the number four with my hand did not seem to resemble how it is commonly gestured. I then made a work Counting, which shows my hand trying to gesture all the possibilities of counting from one to five. And one day in Brazil, when the sun was shining bright and I had placed a cup on a red sheet of paper, the next day, as I took the cup off the paper, I noticed that the sun had bleached all that is around the object. I realized that the sun will keep fading the paper and that I could possibly create a painting (still image) of this ‘time-based’ paper. Thus, the title of the diptych Stop, Sun!/ Continue Sun! I order the sun to preserve one image and to make the other one disappear.
Sono nata a Parigi, cresciuta al Cairo, ed ho studiato arte sia al Cairo sia a San Francisco. Adesso invece vivo ad Amsterdam. Negli ultimi anni il mio lavoro è stato caratterizzato da un processo che cerca di analizzare degli eventi. Episodi diversi gli uni dagli altri proprio per le diverse tematiche che vengono via via prese in considerazione. Passo con disinvoltura dal tema del movimento a quello del conteggiare, dal tema del respiro al rapporto del performer con l’audience, fino agli scioglilingua. Tanto per fare degli esempi. Qualche anno fa, mentre guardavo il video di una delle mie canzoni preferite dell’artista egiziano Halim, mi sono imbattuta in alcuni affascinanti sequenze e dopo diverse riflessioni ho dato vita ad un opera nella quale narro del collasso che Halim ebbe sulla scena durante il suo show in Cairo. Sono stata completamente assorbita da quel concerto e, tuttora, la mia ricerca è indirizzata su di esso. Difatti alcune delle opere esposte da SpazioA riguardano ancora una volta quell’episodio, ripresentato con nuove e più recenti scoperte. In un’altra occasione, invece, ho notato che il mio modo di conteggiare con le dita il numero “quattro” non sembrava rispecchiare il modo comune di farlo. E allora ho creato un lavoro, dal titolo Counting, che mostra la mia mano rivelare tutti i gesti possibili per contare da uno fino a cinque. Infine, un giorno in Brasile, mentre il sole brillava forte, ho poggiato una tazza sopra un foglio di carta rosso. Il giorno seguente ho scoperto che il sole aveva sbiadito tutta la superficie attorno alla tazza: come se il sole, attraverso la sua azione, mi avesse aiutata a dare vita ad un dipinto, che ho poi intitolato Stop, Sun!/Continue Sun/.
JACOLBY SATTERWHITE
I use video, performance, 3D animation, fibers, drawing and printmaking to explore themes of memory, desire, ritual, and heroism. My recent body work “The Matriarch’s Rhapsody” utilizes my mother’s drawings and music recordings as a primary resource. My mother, battling schizophrenia, created songs of desire and thousands of schematic drawings/inventions influenced by consumer culture, medicine, fashion, surrealism, math, sex, astrology, philosophy, and matrilineal concerns. The drawings are mostly of common objects and luxury products found in the domestic sphere.
The Matriarch’s Rhapsody’s title stems from the action of repurposing everyday objects drawn by my mother, and queering their meaning in a performative animated narrative. My practice has it’s roots in dada, surrealist, and fluxus attitudes. I pair down multiple drawings and create a time based narrative out of a nonsensical intersection of the text, rendered objects and dance performance. I am interested in process as a meta narrative; the narrative between a mother & and son’s studio practices, the narrative between past, present, and future, and the narrative between mediums. My body and art facility, as an extension/interpretation of my mother’s voice and drawings, is an attempt to examine memory, insider/ outsider art practices, contemporary surrealist practices, queer phenomenology and push the tensions created during translation and inheritance of studio practice.
Nel mio lavoro utilizzo video, performance, animazione 3D, fibre, disegni e incisioni, per esplorare temi come la memoria, il desiderio, i rituali e l’eroismo. Uno dei miei lavori più recenti, dal titolo The Matriarch’s Rhapsody, ha come base alcune registrazioni musicali e i migliaia di disegni realizzati da mia madre per combattere la schizofrenia; disegni dallo stile molto schematico, influenzati dalla cultura consumistica, dalla medicina, la moda, il surrealismo, la matematica, il sesso, l’astrologia, la filosofia, e dal tema del “matriarcato”, che raffigurano oggetti per lo più comuni oppure prodotti di lusso appartenenti alla sfera domestica. Il titolo, The Matriarch’s Rhapsody, è nato dall’idea di riutilizzare ogni oggetto disegnato da mia madre per metterne in discussione il relativo significato in una azione/narrazione animata e performativa. La mia ricerca artistica trova le sue radici nel Dadaismo, nel Surrealismo, nelle attitudini Fluxus; in essa si intrecciano testi, disegni, oggetti dipinti e performance di danza. Ciò che mi interessa è la metanarrazione, il legame tra una madre e le pratiche artistiche del figlio, la relazione tra presente, passato e futuro, e il nesso tra i mezzi utilizzati. Il mio corpo e le mie capacità artistiche, intese come un’estensione/interpretazione della voce di mia madre e dei suoi disegni, sono un tentativo di esaminare la memoria, la creatività degli addetti ai lavori ma anche dei non addetti, e di mettere in evidenza il corto circuito che si crea tra il movimento performativo e l’eredità del lavoro in studio.
di marianna agliottone
dal 19 maggio al 27 luglio 2012
Dina Danish – Re-Play: Back in 10 Minutes
SpazioA Gallery
Via Amati 13 (51100) Pistoia
Orari: martedì-sabato 15:30 – 19:30 (o su appuntamento)
Info: +390573977354 – info@spazioa.it – www.spazioa.it
dal 22 giugno al 27 luglio 2012
Jacolby Satterwhite & Devin Troy Strother at the Hieronymous Bosch & Beyonce Giselle Knowles Carter Foundation
Monya Rowe Gallery
504 West 22nd Street, 2nd Floor – New York, NY 10011
Orari estivi: giugno, dal martedì al sabato 11-18; luglio, dal martedì al venerdì 11-18
Info: 212 255 5065 – info@monyarowegallery.com – www.monyarowegallery.com