Categorie: parola d'artista

exibinterviste | la giovane arte – Corrado Sassi

di - 9 Agosto 2002

In questi giorni possiamo vedere un tuo lavoro all’interno della mostra Tutto Normale. Ce ne vuoi parlare?
Già in un’altra circostanza una delle mie bolle di neve era stata notata e per Tutto Normale sono stato invitato a realizzarne altre.
Io avevo già pensato di farne una serie con vari personaggi, quindi ho approfittato dell’occasione e sono contento del risultato, anche perché come spazio, i giardini si prestano molto ed inoltre penso questo lavoro sia giusto per la mostra.
La mia idea del lavoro è che sia sempre in bilico tra il tragico e il molto divertente; amo fare delle cose che attraggano, perché penso che l’opera d’arte debba attirare il pubblico come una specie d’esca sull’amo, in modo che si possa comunicare il proprio messaggio al maggior numero di persone possibile, altrimenti lo scopo dell’artista non si raggiunge. Oggi, nella nostra società si tende a nascondere, ad eliminare completamente ogni momento di riflessione e d’introspezione, la tristezza è sostituita da un’eccessiva allegria, dal divertimento estremo, anche preconfezionato, quindi a me piace, nelle cose che faccio, che questo confine fra il divertente e il triste scompaia quasi.
Alla fine, il tema della mostra mi sembra che fosse questo, anche le altre opere esposte hanno un po’ questo aspetto.

Nelle tue quattro bolle, che ricordano le famose palle di neve natalizie, “vivono” altrettanti personaggi. Perché la scelta di chiuderli come fossero prigionieri?
Sono come delle icone, o come fossero in un museo di storia naturale.
In genere in queste palle di neve ci sono i monumenti, invece qui ci sono questi personaggi che sono i nuovi status simbol, le nuove icone della potenza e del successo.

Prosegue, quindi, la tua critica verso le immagini che ci sono proposte quotidianamente, come fossero un bombardamento continuo?
E’ una presa di coscienza più che una critica: è il muoversi in un mondo che è fatto d’immagini pubblicitarie. Fotografandole dai cataloghi, per un verso faccio una critica, per un altro, sfrutto qualcosa che è stato abbandonato, cioè immagini di luoghi e di persone che vivono solamente nello spazio e nella stagione del catalogo. Quello di Ikea autunno-inverno, ad esempio, ha valore per quei 4 mesi e poi viene buttato, ed allora io recupero ciò che viene gettato, per dargli una vita più lunga. E’ una sorta d’arte povera dei giorni nostri: io sfrutto delle immagini che hanno un fine solamente pubblicitario, per un altro scopo. E’ una specie di riciclo.
Avendo iniziato con la fotografia e il foto giornalismo, ho un po’ l’impronta del reporter, quindi si può dire che realizzo una specie di reportage in un mondo virtuale fatto solo delle immagini che ci vengono proposte.

In questo senso, nella tua ricerca artistica, quanta parte ha avuto il tuo interesse per la psicologia? Ti sono studi utili i tuoi studi universitari in questa disciplina?
Un po’ si. Ho iniziato ad interessarmi alla psicologia da ragazzino, quando andavo in vacanza con i miei genitori, poi mi è rimasta quella specie d’ossessione che ti viene quando studi psicologia: ogni gesto che tu compi o compiono gli altri, pensi che nasconda sempre una spiegazione. Magari inconsciamente mi è rimasta quella cosa, forse mi ha aiutato a trovare subito un’idea nelle cose che uno fa, un motivo. Forse mi ha aiutato a vedere tutti i significati che può avere un’immagine.

Passi con grande naturalezza dalla fotografia, alle istallazioni, ai video. Come nasce l’esigenza di un’espressione artistica così varia?
A me piace usare tecniche differenti perché fare sempre le stesse cose mi scoccia. Il motivo per cui faccio quello che faccio è che mi diverto, altrimenti farei qualcos’altro. Devo dire che in passato le mie sono state anche delle ricerche per trovare una strada personale, ora magari c’è un discorso un pò più lineare, forse c’era anche prima ma era più difficile da riconoscere.

Quali progetti hai per il futuro?
Una performance a Roma a settembre, a cui tengo tanto, e poi vedremo per altre cose.


Bio
Corrado Sassi nasce a Roma nel 1965, studia fotografia a New York ed ha al suo attivo numerose mostre in Italia e all’estero, tra cui ricordiamo Miradas Parallelas, nel 1995 a Lima, Where are all the people, nel 2001 a New York, Dieci al cubo a Torino nel ‘98, America, GNAM, 1999 e sempre a Roma, Inedito nel 2000 presso la Galleria S.A.L.E.S. Lavora tra Roma e New York anche se racconta di aver trovato grande ispirazione a Venezia dove ha vissuto per un anno.


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Exibinterviste-la giovane arte è un progetto editoriale a cura di paola capata

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  • è caro il mio corrado, la plastica che utilizzi nelle tue bolle di sapone che paiono uscire dal naso di un ciclope addormentato dai fumi narcotici dell'alcol, sembra che faccia davvero mancare l'aria, ma no a chi è racchiuso dentro, attore sottopagato o non pagato affatto del teatrino senza respiro che nasce dalle tue perversioni. Fa mancare l'aria alla tua intervista e di conseguenza a te stesso, perché non racconti sinceramente come ti piace divertirti, stare in giro alla sera tardi ma soprattutto presenziare in maniera testarda e ottusa alle inaugurazioni delle infinite mostre d'arte in contemporanea e non di tutto l'occidente. Inaugurazioni a cui tu non rinunci solo et unicamente per il fatto che si mangia e si beve, con la possibilità disinibitoria di intraprendere volendo -e tu non disdegni- qualsiasi tipo di investimento emozional-interpersonale. Dico questo perché tu non mi cdonosci ma anch'io condivido questa tua passione scroccona di esser a più non posso con un vulevan in bocca et un calice di prosecco tra le mani. Che farfuglio vaniloqui speso diffamatori et autodiffamatori. Quasi un contratto di sputtanamento -più o meno incosciente- ma perenne della mia persona. Quindi ad ogni tuo spostamento a pettine in qualsiasi inaugurazione girati e guardati le spalle. Io sarò li con il bicchiere alzato e pronto a brindare alla tua salute, sempre pronto a rubarti la tartina da sotto gl'occhi e l'ultimo bicchiere pulito. In attesa di girare un film insieme ti metto a saluto e ricordati che son sempre dietro di te. Mai davanti

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