Categorie: parola d'artista

exibinterviste | la giovane arte – Cristiano Pintaldi

di - 31 Maggio 2002

Condividi la sensazione di un rinnovato interesse per arte contemporanea a Roma ?
Negli anni ’60 e ’70 l’arte contemporanea aveva allontanato il pubblico meno attento, che oggi mi sembra esserne nuovamente attratto. La città è a mio avviso in forte crescita, c’è oggi una situazione di grande fermento. Fino a pochi anni fa le gallerie a Roma chiudevano, adesso assistiamo al fenomeno contrario. Ad esempio Franco Noero sta aprendo un nuovo spazio a Trastevere in società con un gallerista americano ed uno scozzese, so di altri galleristi inglesi e americani intenzionati ad aprire a Roma, per non parlare delle recenti aperture o riaperture di Matteo Boetti e delle sorelle Bonomo.

Il collezionismo, secondo te, vive lo stesso trend ?
Se pensate che solo pochi anni fa il collezionismo non era completamente sparito solo grazie alla professionalità e alla lungimiranza di pochissimi addetti ai lavori, ora invece, grazie a Dio, sta crescendo e l’informazione corretta e puntuale ne è un supporto fondamentale.

Raccontaci qualcosa della tua formazione.
Sono nato a Roma da una famiglia di pubblicitari. Il ruolo della famiglia è stato per me importante. Da piccolo andavo in ufficio dai miei genitori e giocavo con le matite, i pennarelli e i trasferibili, materiali che io uso tutt’oggi, ma che nelle Agenzie di pubblicità sono stati sostituiti completamente dai computer.
Ho frequentato il liceo artistico a Roma ed una sola settimana l’Accademia: ho un problema con l’autorità, forse il periodo che ho combinato di meno sono stati proprio gli anni del liceo artistico.
Ho cominciato a lavorare seriamente dopo il liceo con la 2RC, una galleria di stampatori. Simona e Luigi Scialanga sono stati i miei scopritori, loro hanno visto i miei lavori e ci hanno creduto.
Ho lavorato con Paolo Sprovieri nella storica, oggi ormai chiusa, galleria di Piazza del Popolo.

Che ruolo ha la televisione nel tuo lavoro?
La televisione è per me fonte di ispirazione primaria. Sono sempre stato attratto dall’idea di utilizzare la televisione come elemento che testimoni un’epoca, una generazione. La televisione è realtà doppia, materiale e virtuale, ed ha assunto oggi una importanza totale.


Come trasferisci su tela le immagini che cogli dalla televisione ?
Produco l’immagine attraverso i pixel che la compongono, con la stessa tecnica con la quale si forma l’immagine televisiva. I “miei” pixel sono quadratini di un centimetro per un centimetro con all’interno tre segmenti paralleli verticali uno rosso, uno verde e uno blu.

Le tue opere sono solo su tela?
Si, e il colore di fondo della tela è sempre nero, è una costante e mi affascina anche il gioco concettuale che questo implica. Il fondo nero è il vuoto e le tre particelle, il rosso il verde e il blu che compongono il pixel sono l’atomo, la cellula, qualcosa che viene dal nulla, sospeso nel vuoto che ci circonda e di cui facciamo parte.
I miei quadri rappresentano le due facce della realtà, da una parte quella televisiva, virtuale e dall’altra quella concreta, tangibile e materica.
La realtà non si può fermare, la mia opera è invece un simbolo fisso nel tempo, questo è il gioco su cui sto lavorando e che più mi affascina.

Qual è la parte più complessa del tuo lavoro?
La ricerca dei colori è sicuramente la parte più impegnativa. Che dal rosso,dal verde e dal blu dei pixel sul fondo nero della tela nasca il bianco è una magia che ancora mi stupisce. Lavoro sull’equilibrio di questi tre colori del pixel da cui deriva una scala cromatica di grigi, dal bianco al nero. Utilizzo colori naturali per la loro intensità e solo con questi riesco ad ottenere l’effetto che voglio. Li metto in equilibrio tra loro, entra in gioco anche la trasparenza, la luminosità, e la copertura che dipendono dalla pressione che do al getto dell’aerografo: in fondo la chiave del mio lavoro è proprio l’equilibrio, equilibrio tra i colori e equilibrio tra i pixel e le forme alle quali i pixel danno vita.

Quali soggetti preferisci?
Sono attratto da tutto ciò che è “ai confini della realtà”, ho rappresentato spesso gli alieni, penso che la realtà stia mutando in modo sensibile, in poco tempo avremo coscienza della realtà al di fuori di noi. I pigmei per esempio – altro soggetto su cui ho lavorato – erano fino a poco tempo fa protetti dalla foresta, la loro realtà, è bastato l’arrivo della televisione per rompere violentemente l’isolamento che li proteggeva, per rompere un equilibrio millenario.

Che uso fai del computer?
Il mio computer è collegato ad una macchina che stampa metri quadrati di griglia di plastica, praticamente le migliaia di pixel dentro i quali io dipingo. Della tecnologia – se si può dire così – uso il vuoto, i buchi. Ottenere questi piccoli segmenti vuoti, queste griglie insomma non è per niente facile. Per un quadro di grandi dimensioni, ad esempio, la macchina lavora fino a dieci ore al giorno per una settimana e va sempre controllata per evitare errori. Uso la tecnologia, ma per realizzare quadri “tradizionali”.

Adesso a cosa stai lavorando?
Ad una retrospettiva, dieci anni del mio lavoro, che si inaugurerà il prossimo 2 giugno alla “Pescheria” di Pesaro, il Centro di arti visive diretto da Ludovico Pratesi. Alla mostra, curata da Costantino D’Orazio, saranno esposte sei grandi tele che ripercorrono l’intera mia ricerca.
Ad ottobre, a Londra, da Niccolò Sprovieri presenterò una serie di lavori sui “Crop’s circles”: il fenomeno ancora inspiegabile di immense figure geometriche, visibili solo dall’alto, che appaiono d’estate in Inghilterra sui campi di grano, disegnate dallo schiacciamento delle spighe che stranamente rimangono intatte anche se risultano poi geneticamente modificate. Sprovieri ha presentato uno di questi quadri in anteprima a Miart di Milano da poco conclusa.

Le tue opere hanno quotazioni piuttosto alte per un giovane artista, chi sono i tuoi galleristi in Italia?
E’ vero c’è interesse per i per i miei quadri, ma dietro ogni mia opera c’è anche un lavoro lungo e complesso dovuto proprio alla tecnica che uso. Per un’opera grande, diciamo di tre metri per due, dall’idea al progetto esecutivo passano almeno tre anni e la fase realizzativa vera e propria supera il mese. A Roma ho lavorato con la galleria Sprovieri e con la galleria Il Ponte, a Torino con Franco Noero e a Milano con Enzo Cannaviello e 1000Eventi.

E all’estero come vanno le cose?
Nel 1999 ho fatto una personale a Braga, in Portogallo, nella galleria Mario Sequeria, un’esperienza che mi ha coinvolto emotivamente per il calore umano con cui sono stato accolto. Quest’anno ho partecipato con la galleria 1000Eventi alla Fiera di New York “Armory”, dove ho venduto un’opera, fatto per me importante in quanto il mercato americano sebbene ancora non mi conoscesse ha mostrato interesse per il mio lavoro.

Bio
Cristiano Pintaldi è nato a Roma nel 1970. La sua prima mostra personale dal titolo Trasmissioni si è tenuta nel 1991 a Roma alla Galleria 2RC curata da Luigi Scialanga. Segue Avvistamenti nel 1992, sempre a Roma, alla Galleria Sprovieri a cura da Achille Bonito Oliva. Dal 1995 ad oggi presenta le sue opere in mostre personali a Roma ( Il Ponte), a Milano ( Studio D’Arte Enzo Cannaviello e 1000Eventi), a Bologna (Galleria d’Arte Moderna e No Code) e a Torino ( Franco Noero).

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Pierluigi Sacconi

Exibinterviste-la giovane arte è un progetto editoriale a cura di Paola Capata

[exibart]

@https://twitter.com/pilus

Giornalista pubblicista dal 2004. Vive in Italia, Svizzera e Stati Uniti.

Visualizza commenti

  • pintaldi è bravo. forse ha avuto successo troppo presto. nei prossimi anni vedremo se reggerà e se il mercato continuerà a corteggiarlo. voi fate un lavoro egregio. gli artisti si raccontono per quello che sono ed è più facile per noi, non addetti ai lavori, amarli e seguirli nel loro lavoro: grazie!
    simonetta

  • ottima intervista, dovreste pubblicarle in un instant book in modo da ampliarne la diffusione
    vladimiro

  • Cara Simonetta, non credo al successo prematuro. Pintaldi ha avuto il successo che l'artista Pintaldi si meritava. Piuttosto è ora il nostro sistema che sta combinando dei guai, sempre alla ricerca dei nuovi Cattelan e pronto ad archiviare gli artisti come finiti quando hanno superato i 30 anni. Gli artisti, come i calciatori, sembra che debbano avere una carriera di una decina d'anni max, poi non appartengono più alla contemporaneità e diventano "soliti nomi", archiviati e storicizzati, quasi che sia scontato che da essi non possa provenire altro che il manierismo della loro produzione precedente. Detto ciò, và pure considerato che Pintaldi stesso si è un po' "piantato" negli ultimi tempi, non riuscendo a far nulla di concreto per mettere in scacco quella drogata tendenza cui facevo riferimento sopra. Pur tuttavia io credo che al cosiddetto "giudizio del tempo" Pintaldi dovrebbe reggere: insomma, con tutto il parlare che si fa in questi anni di media, di tecnologia, di McLuhan e soci, di real/fiction, trasferendo questo tema in arte è piuttosto difficile non considerare anche la prima produzione originale e affascinante di Pintaldi (non solo lui ovviamente).

  • a me pintaldi piace, mi interessa il suo lavoro e penso che il suo successo sia meritato. il sito è fatto bene ed utile per tenersi informati le interviste aiutano a conoscere gli artisti, ne metterei di più
    meli

  • Le opere di Pintaldi dimostrano la viva attenzione nei confronti della televisione e del suo trasformarsi in oggetto di ispirazione: è tra i pochi strumenti che riesce a dare di uno stesso soggetto "noto" innemerevoli immagini e sfumature. Domandarsi quanto reggerà è come mettersi seduto sotto al portico, perdendo di vista il messaggio primario che l'artista vuole dare. Innegabile è il suo impegno artistico ai vari livelli.
    Geniale è la sua produzione.
    Daniela

  • Il merito di pintaldi è sicuramente quello di aver inventato ciò che in artenon si era ancora visto. Quindi piaccia o no,questo artista è destinato ad entrare nella storia dell'arte.

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