Categorie: parola d'artista

exibinterviste | la giovane arte – Federico Fusi

di - 20 Settembre 2002

Hai inaugurato a fine luglio a Paliano (Frosinone) il Progetto Radio Arte Mobile: in che consiste? E da dove trasmette questa radio?
Radio Arte Mobile è un progetto che ho fatto insieme all’associazione culturale Zerinthya di Roma e che ha vinto il concorso “Cultura 2000” della Comunità Europea. Zerynthia ha selezionato altri due partners: il museo Progress di Vienna e lo Fargfabriek di Stoccolma. E’ nella fattispecie una web-radio che funziona in primo luogo ad intra rispetto al mondo dell’arte, come sorta di service per artisti, critici e addetti ai lavori. L’obiettivo è quello di creare una trasmissione che usi termini ‘puri’ rispetto all’opera d’arte, cioè non mediati da un’interpretazione o da una lettura a priori. L’artista ospitato infatti definisce le parole-chiave con cui parlare dell’opera. E anche il critico o l’addetto ai lavori, che solitamente ha un ruolo di mediatore e d’interprete, qui è chiamato ad esporsi in prima persona. In questo modo Radio Arte Mobile fornisce una “lettura diretta”, trasmette le proprie opere.
Ma Radio Arte Mobile ha anche una sua ‘fisicità’ di opera: è un furgoncino che ho ribattezzato pomante atto a ricevere e trasmettere in radio Web. Quando la macchina si ferma, si aprono “le ali” (mosaici tridimensionali che hanno motivi mimetici colorati); quando la macchina è in moto, queste tende si richiudono molto velocemente e la macchina è assolutamente normale. C’è stata già una prima edizione di Radio Arte nel 2000 a “Sonsbeek 9”. Qui ho presentato oltre ad una installazione di mosaici tridimensionali anche una stazione-radio sul campanile della chiesa di Arnhem. (Vision&prayer). Questa stazione-radio era collegata con la radio regionale di Arnhem e da studio veniva fatta una specie di “roulette-russa”, nel senso che il collegamento con il campanile veniva aperto a caso, per cui andava in onda quello che c’era al momento: silenzio, commenti dei visitatori, voci di bambini, suoni.

Perché i mosaici tridimensionali e il motivo del camouflage?
La scelta di questa struttura nasce sicuramente in contemporanea all’esperienza olandese di Arnhem, anche se da tempo lavoravo sulla possibilità di svincolare il mosaico dalla bidimensionalità, e portarlo in tridimensionale quasi smaterializzandolo, pur mantenendo la sua trama che potremmo dire di ‘pixel’.
Per quanto riguarda il camouflage invece l’ho usato per la prima volta nelle tende realizzate per l’ospedale Sant’Andrea di Roma. L’idea è nata perché l’opera doveva “presentare” simbolicamente l’ospedale, e l’ospedale è un luogo di lotta. Nel caso specifico della Radio invece si è sviluppata l’idea di una connessione tra la modulazione del segno camouflage e la modulazione dell’onda radio, come nel caso della mostra alla Galleria Continua. Per cui il motivo delle tende camouflage mi sembrava quanto mai una formalizzazione adeguata.

Nell’opera di Tokyo In the field of art c’era una statua della Madonna in cima a una ruspa, mentre all’Oratorio del Carovita nel Caravita dimora uno dei ‘pilastri’ che regge il baldacchino è un’orante… il tuo è un discorso sulla religiosità?
Preferirei dirlo sulla fede. Perché la fede è molto più personale e diretta della religiosità. Se pensiamo e definiamo la religiosità, di fatto arriviamo a degli scontri. Se invece percorriamo la strada della fede arriviamo ad una sintesi perché la fede è quella cosa personale che ti mette in relazione diretta con Dio, e Dio è uno. A Tokyo,come dici, ho operato dentro un tempio scintoista. Appena arrivato in città ho rilevato il fascino di ruspe nuovissime mai viste prima in Italia. Su una ruspa – ‘segno’ della loro cultura-produttiva ma anche di ricerca, di scavo, ho collocato l’immagine della Madonna col bambino, immagine della mia condivisione di fede, mentre all’esterno, la fortificazione di sacchi di sabbia era un incitamento alla protezione della necessaria ricerca di fede. Lo spirito con cui l’ho fatto era di dialogo. Volevo gettare un ponte tra istanze diverse ed ho avuto un riscontro positivo..
Il progetto carovita è più specifico, è una trilogia che si chiude quest’anno, e sviluppa un dialogo nuovo ed importante tra iconografia cristiana ed arte contemporanea.

Cosa significa essere artista a Siena? Hai mai pensato di spostarti?
Ho fatto il mio corso di studi fuori ed abitualmente opero all’esterno di Siena. Ci abito per una scelta di qualità di vita.
Siena, in pratica, è una città che ti offre delle opportunità, primo fra tutti il confronto con uno straordinario passato. E questo o lo subisci, oppure lo vivi come un dato acquisito e allora ti porta ad avere più attenzione quando lavori perché sai che vicino a te ci sono Simone Martini, Duccio di Boninsegna, Donatello e tutti gli Altri, quindi può essere uno stimolo. C’è poi un secondo fattore: che in un posto dove di contemporaneo c’è poco, hai un grosso incentivo a creare, perché puoi lavorare e portare tu la contemporaneità. Certo ci sono dei posti dove il circuito dell’arte contemporanea è presente con dinamiche ben consolidate, ma questo se rappresenta un’occasione di operatività specifica, nei fatti non è determinante né a livello di realizzazione e vita dell’opera d’arte né dello stesso artista.

Bio
Federico Fusi (Siena, 1967) vive e lavora a Siena. Ha partecipato a diverse mostre nazionali e all’estero, alla 7a Biennale dell’Havana (2000) e a Sonsbeek 9 (2001). Una sua personale (Frequenze) è stata ospitata quest’anno alla Galleria Continua e ha inaugurato recentemente il progetto Radio arte mobile, premiato dalla Comunità Europea (Cultura 2000).

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angela serino

Exibinterviste-la giovane arte è un progetto editoriale a cura di paola capata

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