Categorie: parola d'artista

exibinterviste-la giovane arte | Francesco Cervelli

di - 14 Gennaio 2005

Come sei diventato un artista? Cosa è stato davvero determinante? In questo momento della tua vita stai facendo quello che hai effettivamente scelto o fai questo lavoro per cause fortuite?
Fu frequentando il liceo artistico che mi resi conto di quello che volevo fare nella vita; a mia massima aspirazione era quella di fare pittura. Fu mia madre a iscrivermi, quando, uscendo dalle scuole medie le avevano detto che ero portato per l’architettura. Forse questo mi ha messo nella condizione di seguire le mie inclinazioni, se cosi si può dire. Dopo il liceo mi sono iscritto l’accademia di belle arti, il resto è venuto con il lavoro. In questo momento continuo a fare quello che ho scelto, forse non potrei fare altro…

Solitamente spetta ai critici sintetizzare e descrivere la ricerca di un artista. Se dovessi invece sinteticamente, in tre righe, definire la tua arte come faresti?
Tutto cola. M’interessa il sogno come attività dell’ esotico e dell’indistinto, forse la più primitiva attività dell’uomo Concepisco la pittura allo stesso modo. Il colore blu verde è la connessione della pittura con il sogno. Ciò non vuol dire che io non sogni rosso, viola, verde…

Un tuo pregio ed un tuo difetto nell’ambito dell’arte, quindi in campo lavorativo
Non ho alcun interesse per la competizione. Sono di carattere impulsivo, a volte lo considero un difetto a volte un pregio.

E nella vita?
È la stessa cosa.


Una persona davvero importante attualmente per il tuo lavoro?

La mia compagna Federica.

Come vivi il rapporto con i tuoi galleristi o comunque con le persone che si occupano di promuovere e vendere il tuo lavoro?
Dipende da come se ne occupano.

Sei soddisfatto di come viene interpretato un tuo lavoro? Chi l’ha interpretato meglio e chi invece ha preso una cantonata? Che rapporto hai con i critici e con la stampa?
Quando si sogna finché non si è svegli non ci si rende conto di aver sognato, l’interpretazione, quindi, riguarda la vita da svegli. Ciò significa che quando s’interpreta si è fuori dal sogno. A volte dicono che i miei quadri fanno paura, qualcuno li trova ironici, surreali. Per il momento mi posso ritenere soddisfatto. Naturalmente bisogna sempre pensare quanto c’è nel quadro e quanto ci mette del suo chi lo interpreta, ma come potrebbe non essere così?

Che rapporto hai col luogo in cui lavori. Parlaci del tuo studio…
Si trova al piano terra di un edificio, nel quartiere di Centocelle. Entrando al mattino mi ripeto: questo luogo è la condizione necessaria, l’osmosi senza tempo, non c’è molta luce naturale. E’ uno spazio che malgrado me stesso è sempre in uno stato di accumulo, in costante assestamento. E sempre in fibrillazione…

Quale è la mostra più bella che hai fatto e perché?
Quella che devo ancora fare…

Quanto influisce la città in cui vivi con la tua produzione? E’ indifferente? Preferisci girare di città in città o lavorare sempre nel solito posto?
Roma influisce nella maniera in cui si circola, ne fai parte, possiede un suo ritmo a volte prepotente. Fa la sua parte nel mio lavoro come l’hanno fatta tutti i loghi dove ho lavorato. Mi piace anche andare in altre città: ho avuto uno studio per qualche tempo a Parigi. E’ stata un’ esperienza! di tanto in tanto mi piace tornarci.

Ormai consacrati Cattelan e Beecroft, tra i giovani artisti italiani chi secondo te ha delle chance per emergere sulla scena internazionale? Chi invece è sopravvalutato?
Se non c’è un’inversione di tendenza ce la possono fare tutti quelli che hanno una consonante finale nei loro nomi… mi auguro che ci sia!

La politica culturale italiana e il sistema privato dell’arte. Per un giovane artista cosa significa rimanere
in Italia, produrre, investire, costruire qui?

In Italia fare ricerca in genere è già di per se rischioso, nel senso che se ne fa poca… fare arte è come vincere alla lotteria. Per un giovane artista significa lavorare di più, investire più tempo, imparare ad autopromuoversi e amministrarsi. Perdere la fiducia in sé stessi è un lusso che non ci si può permettere; fermo restando che tutto ciò non garantisce la riuscita. Quindi bisogna andare, conoscere altre città, viaggiare… E soprattutto bisogna edificare ovunque. Se possibile anche abusivamente.

intervista a cura di massimiliano tonelli

Visualizza commenti

  • Può essere interessante ma usare ancora la pittura ad olio riporta ad una pittura davvero antica.

  • Mi piace l'ultima risposta di F.Cervelli
    E' importante sapersi autopromuovere e amministrare - gestire prima ancora che altri lo facciano e scegliendo chi lo fa - senza perdere la fiducia in se stessi e senza essere così presuntuosi da averne "troppa" (sopratutto inizialmente si corre questo rischio) In ogni caso ci vuole un bel coraggio....a sapersi proporre bene
    Bello costruire anche "abusivamente" ...
    sperando nel condono edilizio !!

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