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exibinterviste – la giovane arte Globalgroove
parola d'artista
I media come medium, senza scadere nella retorica della tecnologizzazione. Ecco un duo che più metropolitano non si può. Guardano al futuro ma non dimenticano Baudelaire e John Heartfield. E non hanno ancora una galleria di riferimento...
Pensiamo a Globalgroove come a un archivio di progetti, ognuno dei quali realizzato con diversi codici stilistico/espressivi e con diversi medium. Due parole chiave potrebbero essere montaggio e trasversalità. In tre righe ci stiamo?
Sembrerebbe di sì… Che formazione avete?
Molte letture, molti ascolti musicali, molti film, alcune mostre. Laurea e specializzazione in Storia dell’arte moderna (rispettivamente a Roma e a Siena), laurea in Fine Arts (al Pratt Institute di New York).
Caspita… Chi si occupa di vendere e promuovere il vostro lavoro?
Ancora non abbiamo trovato un gallerista con il quale instaurare un percorso di crescita e promozione del nostro lavoro. Nell’attesa ci guardiamo in giro e consultiamo l’oroscopo.
In bocca al lupo… Due parole sul vostro studio? Immagino sia un luogo speciale…
È a Trastevere, in una stretta strada senza uscita a quattro passi dal carcere di Regina Coeli e a due da un centro di igiene mentale. È spazioso ma molto buio, colpa di un convento che s’innalza per ben cinque piani dall’altra parte della strada. Che altro aggiungere? Ah, certo… Che c’è molto ordine -niente sturm und drang, quindi-, che le sedie non sono granché comode e che lo stereo è sempre acceso. È il nostro bunker.
A questo punto parliamo di Roma…
Roma ci fa perennemente incazzare. Col suo caos e il suo rumore, con la sua sciatteria e il suo pressapochismo, ci mantiene in tensione e polemici, quindi influenza sicuramente il nostro lavoro, ma in “opposizione”, in via indiretta. Non lavoriamo però solo qui, dipende dal mezzo espressivo… Con video e foto abbiamo realizzato progetti anche in altre città, ad esempio Amsterdam e Londra. Ci piacerebbe molto fare qualcosa a Berlino. I luoghi hanno la loro importanza, ma sempre fino a un certo punto. È quello che senti e come guardi che fa la differenza, non dove sei. Baudelaire non si è quasi mai mosso da Parigi, eppure…
Finora cosa è stato determinante nel vostro percorso? Contano davvero le coincidenze? Perché ci si mette a fare arte?
Di fortuito e determinante ci sono stati alcuni incontri nell’infanzia, e poi la nostra conoscenza, dodici anni fa, dalla quale è nata un’amicizia e successivamente l’idea di lavorare insieme. Correva l’anno 1999… Da questa data in poi è stata sicuramente una scelta, anche se la “molla” iniziale è stata un disagio, il bisogno di dare forma e senso a un “disordine” esistenziale.
Quanti artisti avete amato?
Tanti… William Burroughs, Kurt Schwitters, Andreas Gursky, Peter Blake, David Lynch, Martin Kippenberger, Brian Eno, Barry Adamson, Robert Rauschenberg, James Ballard, El Lissitzky, Stanley Kubrick, David Bowie, Pipilotti Rist, Frank Zappa, Patti Smith, David Cronenberg, Bernd e Hilla Becher, DJ Spooky, PJ Harvey… La lista è davvero lunga!
Arte visiva e attualità socio-politica possono guardarsi dritte negli occhi?
Dipende… Nel lavoro di John Heartfield nella Berlino anni ‘20, oppure in quello di Andy Warhol nella New York anni ‘60, il rispecchiarsi di arte e attualità era quasi in tempo reale… In altri casi il rapporto è più traslato. Crediamo che il collegamento debba esistere sempre, anche in ricerche intimiste o concettuali. Dove sarebbe sennò la contemporaneità?
Una persona attualmente importante per il vostro lavoro?
Al primo posto nella nostra hit parade attualmente ci sta Benedetta Di Loreto, di 1:1 Project.
Soddisfatti di come la critica legge i vostri interventi?
Che dire… Fino a oggi la maggior parte dei critici, curatori o giornalisti ha adottato la pratica del copia e incolla campionando da testi che scriviamo noi…
Addirittura…
Ovviamente ci sono state delle eccezioni: Valentina Tanni (una delle prime persone a scrivere sulle nostre sperimentazioni in ambito web e video); Matteo Gilebbi (un ricercatore di letteratura italiana della Wisconsin University, che ci ha dedicato molto spazio in un suo saggio intitolato Hyperpoetry); Ninì Candalino (giornalista e mass-mediologa, che ha appena scritto la postfazione del nostro prossimo libro).
Una mostra che non scorderete?
La quarta edizione di Area d’azione, allestita nella Rocca Sforzesca di Imola e curata da Roberto Daolio. Avevamo a disposizione uno staff tecnico con il quale interagire e una location davvero perfetta per il lavoro che presentavamo, Notes for the future (2006), un’installazione audio-visiva sul tema della guerra. Il nostro progetto era nel “mastio”, il torrione centrale della Rocca. Sotto il pavimento ci stavano le “segrete”. Qui e là, sui muri, graffiti di soldati e prigionieri che coprivano l’arco di parecchi secoli… Davvero inquietante.
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bio: Globalgroove (Fabio Toffolo, Roma, 1962 e Michele Andreoni, Cagliari, 1965) vivono a Roma. Personali: Remake, Musumeci Arte Contemporanea, Catania (2005); Momisdrunk, Rialto Santambrogio, Roma (2003); Ipotesi di mercato, Anticaja e Petrella, Roma (2000). Collettive: Mobile Journey, IU, Isola di San Servolo, extra50 della “52° Biennale di Venezia” (2007); Area d’azione, Rocca Sforzesca, Imola (2006); Artesto, La Triennale, Milano (2006); Web Biennal, Contemporary Art Museum, Istanbul (2005); Videodrome, Elettro+, Firenze (2005); Netporn, De Badcuyp, Amsterdam (2005); Nerd, British Academy, Roma (2004).
[exibart]