Parlaci degli inizi, di come è nata la volontà di dedicarti all’arte…
Veramente non c’e’ stato un vero e proprio inizio. Ero una bambina che adorava alternare ore di gioco a ore chiusa a disegnare nella mia stanza. Dicevo sin da piccola che avrei voluto continuare ad avere quello spazio mio per creare e gli adulti mi rispondevano che quello era fare l’artista. Cosi a 14 anni mi sono trasferita dal piccolo paese in cui vivevo a studiare arte a Torino. Durante gli anni all’accademia ho lavorato come assistente presso lo studio di Gilberto Zorio e occasionalmente di Marco Gastini e Luigi Mainolfi che avevano gli spazi vicini. Questa e’ stata un esperienza importante, che mi ha dato un gran respiro in confronto allo spazio limitato e claustrofobico dell’accademia. A ore di lavoro su materiali diversi seguivano serate di openings. Negli stessi anni ho avuto il mio primo studio, diviso con altri amici artisti con i quali ho esposto per la prima volta nel 1992.
New York, il Messico, l’Italia. Come nasce la scelta della città dove realizzare i tuoi lavori e come, ognuno di questi luoghi, influenza la tua ricerca?
E’ vero che ogni luogo influenza il lavoro in modo diverso, per via della storia e delle energie di un posto. Diciamo però che non propriamente scelgo io il luogo, se non perché ho qualche particolare supporto nella realizzazione di un progetto. Vado piuttosto dove il lavoro mi porta…
Viaggiare e’ molto importante sia a livello personale che per avere una buona panoramica del mondo dell’arte. Per questo sono contenta che le cose mi abbiano portato a vivere a New York, ma anche che il lavoro mi riconduca spesso anche in Italia.
Le nostre percezioni cambiano in culture diverse ed è molto interessante vivere anche il luogo in cui ci si trova come se fosse un materiale.
Come ti rapporti con le figure e con le immagini che realizzi. Chi o cosa sono?
Le figure che rappresento sono fondamentalmente parte del mio immaginario. Nascono sul foglio in un modo quasi ipnotico. Come se si creasse un dialogo fra la materia e me, non importa che sia carta o ceramica o una biro blu.
I soggetti sono spesso persone isolate in un proprio mondo. Quello che mi interessa e’ proprio l’impenetrabilità’ dello spazio personale. L’incognita che ci si pone di fronte ad un corpo con gli occhi chiusi. La precaria presenza della mente, e che cosa determini essere presenti o no.
Come consideri il tuo lavoro?
La mia ricerca nasce dalla visione e percezione di quanto ci sta intorno. Mi interessa la relazione fra un uomo e un altro, la percezione di spazi fragili e personali.
Tratto tematiche che appartengono a tutti come il passare del tempo, la caducità umana, i silenzi che parlano, particolarmente in relazione con la nostra cultura.
Esiste il concetto e esiste una forma: e nel mio lavoro li considero entrambi. Mi interessano anche i misteri nascosti dietro al concetto, quella parte del lavoro che sfugge al controllo perché vive di una vita propria.
La ceramica, la penna, il silicone, ma anche il video o la performance: tutti questi medium espressivi, hanno una specifica identità …
Scelgo il materiale in relazione a quello che voglio dire, alla forma che desidero rappresentare, al posto in cui deve essere esposto.
Ogni materiale ha i suoi limiti e le sue regole. A volte è bello spingere limiti e regole al limite, provare a capovolgerli, altre volte –al contrario- trovo sia interessante rispettarli. Mi interessa il continuo dialogo con un materiale e registrare il tempo in cui il lavoro nasce, al punto di considerante il “tempo” stesso un materiale.
Ho lavorato a lungo con la biro. E’ un medium molto comune, solitamente utilizzato per scrivere e per questo l’ho scelta per riempire grandi superfici blu.
Quel blu a volte e’ scuro e a volte molto chiaro, come se fosse una sorta di calligrafia. Secondo dopo secondo riempivo superfici e solo talvolta si snodava un segno che, poi, prendeva la forma di un disegno.
Come se un pensiero si fosse registrato sulla carta. Non programmavo prima cosa fare, succedeva e basta.
La biro scompare con il passare degli anni, lentamente, proprio come i pensieri si dimenticano.
Recentemente il disegno è molto centrale nel mio lavoro. Che sia su carta o video o su ceramica mi interessa come la parte razionale del lavoro entra in relazione con quella più fantastica. E come il segno copra la superficie millimetro per millimetro. Appropriandosene.
Quali sono i tuoi principali punti di riferimento, del passato o del presente
Durante gli studi il primo amore e’ stato per Leonardo da Vinci, per la sua sete di creare e per come la scienza incontrasse la delicatezza del suo segno. Poi Michelangelo, per la passione e la provocazione dei suoi contrasti, Medardo Rosso per la “visceralità” dei suoi ammassi di materia.
Marcel Duchamp per il mistero della propria vita nascosta dietro ai concetti, Hans Bellmer, per I disegni e le sperimentazioni che rendevano vive le sue sculture nelle installazioni e fotografie.
Nel contemporaneo Louise Bourgeois, Kiki Smith, William Kendridge.
Non posso dimenticare Egon Shiele e Henry Michaux che attraverso I suoi scritti raccolti nel libro Brecce è stato per me una specie di bibbia .
Credo di poter dire che i miei punti di riferimento sono tutti quegli artisti che hanno raggiunto un livello espressivo personale, indipendentemente dal media utilizzato trovando un giusto rapporto fra manualità e concetto. Ammiro quelli che alla fine dell’opera hanno partorito qualcosa che parla anche senza il supporto di parole. Perché credo ci sia qualcosa di misterioso dove la parola non arriva e dove la mente non controlla.
bio Luisa Rabbia è nata a Torino nel 1970. Attualmente vive a New York. Ha vinto diversi premi e residencies. Ha da poco realizzato un progetto speciale dal titolo “IL RIPOSO DEL TEMPO” realizzato in occasione dell’iniziativa Arte all’Arte IX, a cura di Achille Bonito Oliva, James Putnam e dell’Associazione Continuadi San Gimignano (SI). Tra le ultime mostre personali:THE LAST RESORT, Luisa Rabbia- David Krippendorf, Massimo Audiello Gallery, New York, UP AND COMING, Luisa Rabbia-Monika Bravo, a cura di Jose’ Rocha. Arco Art Fier, Madrid, LA SALA DEGLI SPECCHI, Fondazione Palazzo Bricherasio, Torino, A MATTER OF LIFE, Ciocca Arte Contemporanea, Milano LUISA RABBIA, Massimo Audiello Gallery, New York.
Fra le principali mostre collettive: MAKEOVER, Massimo Audiello Gallery, New York, ARTOMI AT 9W, Paul Rodgers 9 W Gallery, New York, BALLPOINT, Geoffrey Young Gallery, Great Barrington, MAKEEP YOUR DISTANCE, GSIS Museum ng Sining, Pasay city, Malaysia, ASSAB-ONE, a cura di Laura Garbarino e Roberto Pinto, Milano, AMOR VACUI, a cura di Milovan Farronato e Laura Garbarino. Open Space, Milano.
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www.luisarabbia.com
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