Puoi parlarmi del tuo iter formativo e di come abbia influito sulla tua ricerca artistica?
Mi sono diplomato in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia, ma non considero questa esperienza la mia principale fonte d’ispirazione…
Nemmeno l’ambiente lagunare che costituisce un elemento fondamentale del tuo lavoro?
Non saprei… almeno, non in forma cosciente. In realtà, le mie opere scaturiscono da un procedimento molto scrupoloso, completamente delineato nel progetto, che ne fissa le coordinate, visualizzandone il funzionamento mediante photoshop. Perciò, la fase ideativa contiene in nuce tutte le componenti del lavoro, che diventa un pretesto, un salto nel vuoto…
A questo proposito, sembra che la tua ricerca rivesta, sin dall’inizio, una connotazione più ambientale che concettuale, come si evince dalla sopravvivenza dell’oggetto scultoreo e dalla sua diretta correlazione con lo spazio.
In uno dei miei primi lavori, Lussureggiante prato verde della lunghezza lineare di un metro e dieci grilli, realizzato tra il 1997 e il 1998, il titolo sembra esaurirne il contenuto, rendendo superflua la sua messa in opera. In realtà, è un espediente ludico per favorire l’approccio del fruitore, al quale è fornita una chiave di lettura immediata, perfettibile di ulteriori approfondimenti.
Il titolo assume anche un valore evocativo, quasi onomatopeico, ridestando la sopita reattività agli stimoli percettivi.
Sì, nell’opera appena citata, realizzo il mio prato “ideale”, come un’unità standard parcellizzata e dispersa nello spazio espositivo. Le dieci teche fungono da macchine sonore, che imitano la presenza di un grillo in un prato. Il suono ossessivo muta in rapporto alla luce e alla presenza degli osservatori, capaci di “spaventare” i grilli. Le piante d’erba, con la loro organica concretezza, diventano la sola traccia visiva dell’immagine consueta.
L’elemento fisico, naturale, è ricostruito in vitro con il supporto esplicito della tecnologia, come se occorresse una protesi artificiale per recuperare l’originaria simbiosi con il Tutto… Trovo interessante, inoltre, il tuo modo di concepire l’interattività, che disinnesca l’opera, o comunque la perturba, anziché azionarla automaticamente.
Questo concetto ritorna in Insetto molto territoriale di distanza critica due metri, selezionato come rappresentante italiano al concorso internazionale “Opel and the united arts for Europe”, indetto nel 2000 dalla Opel A.G. di Francoforte.
Sì, anche stavolta il meccanismo simula un insetto sensibile alla presenza del fruitore, il quale, superata la distanza-limite di due metri, è colpito da una luce stroboscopica accecante. La reazione della macchina è analoga a quella di una puntura d’insetto e invita a preservare il necessario distanziamento critico dai fenomeni osservati.
Mi ricorda un’opera di Maurizio Mochetti, coinvolto da sempre nelle ricerche sullo spazio e la luce: una sfera che si mantiene nel freezer solo ad un certa temperatura; altrimenti, sopravvive soltanto quattro secondi ed è destinata a distruggersi. In quel caso, si rivendicava la distanza dall’oggetto, feticcio di un sistema artistico duramente contestato negli anni Settanta.
Non ne ero a conoscenza, ma trovo questo riferimento interessante e in profonda sintonia con il mio lavoro.
bio
Nicola Toffolini è nato a Udine nel 1975. Vive e lavora a Udine.
Tra le mostre personali si segnala: Lussureggiante prato verde della lunghezza di un metro e 10 grilli, Archivio Zero Media Zanchetta, Bologna 2001. Tra le collettive: XIV Quadriennale – Anteprima, Torino, Promotrice delle Belle Arti, 18 gennaio-21 marzo 2004; Techne 02, Milano, Spazio Oberdan, 30 ottobre 2002-2 febbraio 2003; Venire alla luce e lasciarci le penne, primo premio, Targetti Art Light Award 2002.
maria egizia fiaschetti
[exibart]
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