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exibinterviste – la giovane arte Raffaele Luongo
parola d'artista
Aggiornare l’iconografia della morte. Un’indagine senza tempo tornata attualissima, un artista che sarebbe stato perfetto per la Biennale 2007. Intitola molti lavori col proprio nome di battesimo e non fa mistero di svenarsi -letteralmente- per l’arte...
A fare in modo che quando ti si chiede che mestiere fai, tu possa rispondere senza sensi di colpa che sei un artista. Quindi sono grato ad Alfonso Artiaco.
E la critica? Ci prende con te?
Trovo che molta arte contemporanea sia insopportabile, tanto inetta nelle idee quanto vana nell’esposizione. Detto questo, trovo ancora più insopportabili quei critici che sovrappongono se stessi all’opera. Credo che oggi sia più importante sottrarre cose che aggiungere. Nel mio caso nessuno ha colto perfettamente la mira e nessuno ha preso cantonate perché nessuno, in realtà, parla dell’opera.
Napoletano doc?
Vivo tra Napoli e Firenze. È una linea fisiologica che indica uno stato di veglia e uno stato di sonno. A Firenze sono idee da dormiveglia, a Napoli è un rivoltarsi come calzino, molta attività, molto lavoro, per discriminare. Il mio studio è lo spazio nella mia testa, uno spazio che non si contrappone a nulla perché è anch’esso materia. Certo, materia più sottile che si combina con quella che si trova a Milano, Firenze o Napoli; è solo una questione di frequenze diverse.
Perché ci si mette a fare arte?
Credo che ci sia uno stato di cose necessarie che determina una forma necessaria: barista, autista, artista. Come fare a sapere qual è il giusto desiderio quando ci si conosce quasi solo di vista? Per molti anni mi sono domandato se, per una ingenuità adolescenziale o per uno scambio di persona, stavo persistendo nell’errore, credendomi artista, di voler fare l’artista, mentre in realtà il mio era un destino di archivista capo, o al limite di conducente di trebbiatrici (dico sul serio).
La tua formazione?
Nel sussidiario delle scuole medie c’era riprodotto un quadro di Max Ernst (Celebes). Quella e altre illustrazioni avevano un effetto ipnotico su di me. Al liceo, la pittura moderna e quella contemporanea. Hanno formato il mio gusto e il mio pensiero l’iconografia della morte (Cinquecento e Seicento), lo studio dello Jyotish, la pasticceria del bar di mio padre, Giorgio Morandi, l’architettura del Medioevo e molte altre cose.
Parlaci del tuo lavoro…
Penso che ognuno possieda un’attitudine a dire cose secondo la distanza tra sé e le cose stesse. Io so dire partendo dal mio ritratto bidimensionale, e con totale approssimazione vado verso ciò che muore sempre o verso ciò che permane scartando i residui. Disegno col mio sangue. Il sangue è l’elemento limite tra l’opera e il mio corpo. Forma una cicatrice. Per me il sangue diventa residuo, nel senso che si sottrae alla circolazione, al suo simbolismo, si rapprende e si ossida. È un Caput Mortuum e quindi leva contestualità, ambiente, significati.
Un difettuccio te lo riconosci?
Essere schiavi di una forma, di una definizione di sé è un grande difetto in arte. Il mio difetto in arte come nella vita è quello di cadere preda di una forma o di una definizione di me. Di contro, il mio pregio è quello di essere libero da forme o definizioni di me.
Non fa una grinza… L’arte ha inevitabilmente a che fare con l’attualità?
L’arte è sempre attualità, poi riguardo i campi di discussione mi preoccuperei di come le cose vengono dette e perché, e soprattutto di cosa si sposta, cosa si produce e quanto dura. I bari del Caravaggio è un discorso socio-politico più attuale di qualsiasi opera contemporanea.
Chi stimi degli artisti sulla cresta dell’onda?
In genere, gli artisti che conosco lavorano muovendosi con precisione in un campo semantico preconfezionato. Questo mi pare molto noioso. Mi piace Lorenzo Scotto di Luzio: ha una una coscienza libera e un’intelligenza non autistica.
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Personale da Artiaco a Napoli
Tuscia Electa 2006
exibinterviste – la giovane arte è una rubrica a cura di pericle guaglianone
bio: Raffaele Luongo (1966) è nato a Caracas. Vive tra Napoli e Firenze. Personali: Baruffa in Galleria, Alfonso Artiaco, Napoli (2006). Tra le collettive: Innesti doc, Tuscia Electa, Panzano in Chianti (FI) (2006); Presentation of video “Dove sta andando l’arte contemporanea?”, Festival dei popoli, Firenze (2004).
[exibart]
ma chi è?
É un giovane ARTISTA Napoletano…
un’intervista impeccabile. peccato per l’ultima risposta: sa un po’ di piaggeria.
Per quel che vale ti faccio i miei complimenti. In bocca al lupo.
Il giovane artista è intelligente. E ha fatto una bella intervista. Non fa niente se non è tanto giovane. Ma dove espone?
hai ancora i tuoi bellissimi capelli ricci?
vai forte…auguri
My name for you Raffaele is Chandra. I wish the best for your life and for your art and even for Luppo Alberto.
Bests regards
from Chandra!
Continua così Raffaele , conoscendoti di persona posso solo dire che le tue opere sono UNICHE …
L’arte contemporanea è come una donna che si sveste ….non si sa mai cosa ne uscirà ….
Ma di sicuro , sarà qualcosa di UNICO…