Lei ha deciso di partecipare. Cosa l’ha convinta?
L’idea controcorrente e brillante. Ammiro molto Vittorio per avere messo in piedi una Biennale così “autentica”. Non condivido invece la scelta di certi artisti che hanno deciso di boicottarlo. Vittorio è per l’arte di non prendersi troppo sul serio, invito che ha esteso agli artisti partecipanti. Scegliere di portare in biennale una miscela delle arti visive senza limitarsi ad un genere preciso, d’altronde New York ha sempre professato questa commistione, centro vitale internazionale dell’arte, ha sempre regalato un’idea contaminata di arti e linguaggi. Vittorio ha saputo uscire dai binari del “sistema arte”, dove le cose sono fatte in “casa”, dove tutto si circoscrive alle supposte eccellenze di alcuni artisti di tendenza in campo estetico che i curatori selezionano. Lui è stato più audace degli altri, probabilmente meno coraggiosi, asserviti alle logiche di un sistema vecchio e stantio.
Quindi alle accuse di padiglione magmatico, caotico, che mischia arti e generi, Lei risponde…
Rispondo che ha fatto bene. Che l’arte risponde a mille linguaggi. Che l’arte è caos.
Si vuole un ritorno all’ordine ma non è possibile, il subliminale invito al prestabilito è impensabile. C’è questa idea di ordine dell’arte che non è reale e che evoca anche il mostro di un’idea di ordine razziale, cosa che qui in Italia abbiamo superato come concetto ma di certo non in altri paesi. Credo inoltre che il modus agendi di Vittorio, nel curare ma non selezionare gli artisti, sia stato innovativo ed efficace.
Un’opera progettata nel 1977, ma l’idea era troppo ardita per essere digerita in quel periodo, durante i difficili anni di piombo. Cos’è cambiato?
E’ cambiato che in quel periodo storico c’era gente che andava in giro a mano armata, così per prudenza non la realizzai. Poi arriva un momento in cui la misura è colma e bisogna agire, e così ho
Ha dichiarato che “l’Italia ha bisogno di una classe politica attiva, giovane, attenta ai cambiamenti che il tempo, in costante divenire, ci sottopone”. La ventata di rinnovamento politico dopo le amministrative segna l’inizio di un nuovo percorso politico?
Ad un certo punto, quando le cose sono al collasso, accade qualcosa che apre ad un cambiamento. Non so cosa voglia dire l’esito delle amministrative, di certo il paese ha bisogno di un gruppo di “dottori” che lo curino perché ridotto in brandelli… la mia opera parla proprio di questo.
Tornando alla Biennale. Tintoretto “più contemporaneo dei contemporanei”. Alla potenza del maestro rinascimentale si contrapporrebbe una sterilità comunicativa del contemporaneo che si rifugia nel passato: esempi come Urs Fischer ma anche artisti italiani colleghi come Giuseppe Veneziano, con il suo Cristo con mutande griffate, che lei dichiara di non avere gradito.
C’è crisi creativa per il contemporaneo?
Tintoretto è totalmente contemporaneo. Faceva un particolare uso della luce delle prospettive audaci, combinava l’immaginario religioso con quello quotidiano, raggiungendo una drammaticità compositiva che si rendeva accessibile ad un pubblico variegato. Il mondo artistico contemporaneo è in un momento di crisi. Il nuovo oggi risiede nell’avanzamento tecnologico, e l’arte degli artisti in Biennale forse è vero, guarda un po’ troppo indietro, al passato. Si è seduta sul concetto di mimesi.
La Biennale di Bice. Davvero illuminante?
Trovo che le intenzioni “illuminatrici” della curatrice Bice Curiger per la sua Biennale, siano state
E tra le due Biennali, quella della Curiger e quella di Sgarbi, quale vince?
Non saprei. Vittorio ha osato presentare una Biennale unica di cui molto si parlerà in futuro. Una Biennale democratica, scelta dai non addetti ai lavori nell’auspicio di un superamento dell’assunto dello “spettatore, incapace, nella maggior parte dei casi, di capire alcunché”, dell’arte contemporanea (Jean Baudrillard). Ma degli esiti finali se ne parlerà a Biennale chiusa.
Qual è l’opera che più l’ha colpita?
Quella di Urs Fischer più di tutte. Un’opera sull’arte che si autoconsuma. L’artista americano ha reinterpretato il Ratto delle Sabine del Giambologna con una statua a grandezza naturale tutta in cera che brucerà come una candela consumandosi per tutto il periodo di apertura della Biennale. Di fronte alla statua, un visitatore guardingo, anche lui di cera, destinato, come l’opera d’arte stessa, a consumarsi.
Come ha interpretato la scelta del Ministro Galan di non visitare il Padiglione Italia?
Non credo sia ammissibile che un poltico a capo di un ministero, lo stesso che ha finanziato la realizzazione del padiglione Italia, non lo visiti. I ministri come parte politica dovrebbero essere a “servizio di” e non farsi “servire da”. L’Italia è così purtroppo, l’avanzamento del paese, sotto tutti i profili, fa le spese con questo atteggiamento, che definirei, da prime donne della politica e dei suoi componenti.
a cura di rebecca vespa
Gaetano Pesce per il Padiglione Italia
inaugurazione sabato 3 giugno 2011
dal 4 giugno al 27 novembre 2011
54. Esposizione Internazionale d’Arte- Biennale di Venezia
ILLUMInazioni
Vernice 1-2-3 giugno 2011
Apertura al pubblico 4 giugno 2011
[exibart]
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Salve a tutti,
io cosa penso... Non ho visto la mostra dal vivo quindi baso il mio pensiero su altre risorse. Dico che i fatti sono quelli che sono e non possiamo farci niente. Possiamo però tentare di fare qualcosa per i fatti che saranno.
Per me Sgarbi non ha nessuna credibilità, trovo evidente che in qualsiasi, qualsiasi, circostanza egli tenti di creare caos per fare parlare di se, piuttosto che dell'argomento in questione. Per esempio in questo caso si parla di lui e non di Arte. Per fare caos lui cerca sempre di uscire dagli schemi cercando di provocare e scandalizzare. E' dagli anni cinquanta che l'arte si riduce sempre più solo al ruolo di "provocatrice" e sinceramente non c'è più nulla che mi stupisca o scandalizzi... Non mi stupisce, ma mi rattrista, il fatto che non ci sia nessuno, che sia un filosofo, un'artista o un intellettuale di non so quale disciplina, che comunichi un pensiero complesso, una filosofia, qualcosa di propositivo e non di critico e provocatorio... Me ne frego che Roberto d'Agostino si compiaccia che venga messo in luce il concetto dell' "l’italico costume del “io raccomando te, tu raccomandi me, noi raccomandiamo tutti“…" come se fosse una notizia o uno scandalo. Il marcio presente in tutte le società è evidente e sempre più scontato e non serve a nulla denunciarlo senza proporre una soluzione al problema. La denuncia fine a se stessa, o finalizzata al commercio, serve solo a rendere sempre più ovvio e scontato il marcio finendo per considerarlo inevitabile. Così lo si prende per quello che è e magari se possibile se ne approfitta anche noi...
Concludo dicendo che quanto detto è un piccolo tentativo di smascherare il vuoto e l'inutilità di questo genere di arte... Io ci metterò tutta la vita, o magari non basterà neanche quella, per proporre un altro tipo di Arte e per far riprendere all'arte il cammino interrotto qualche decennio fa.
Andrea Cirino
L'ARTE ...quella che dava sempre una risposta alla domanda " Ma...infine,praticamente, a cosa serve?".... ha smarrito il sentiero della comunicazione intelligente per eutanasiarsi in qualcosa che non serve più nè a lei , nè a nessuno!!!!!
In tempi di "sbandamento" , gli artisti ed i critici bellicosi si avventano contro se stessi.(Parafrasando un aforisma di Nietsche).