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21
dicembre 2014
Lettera Aperta
parola d'artista
A margine del Guidigate
di Vittorio Messina
Prende posizione uno dei primi artisti che hanno accompagnato la nascita della galleria Giacomo Guidi nel lontano 2006
di Vittorio Messina
Prende posizione uno dei primi artisti che hanno accompagnato la nascita della galleria Giacomo Guidi nel lontano 2006
Nel 2006 sono stato, insieme a pochi altri artisti, fondatore della galleria del giovanissimo Giacomo Guidi. Da allora la nostra collaborazione, se pur con qualche discontinuità, si è protratta fino ad oggi. Ora il contributo che propongo di rendere pubblico è una breve riflessione sullo stato delle cose, che ho messo a punto partendo dalla mia esperienza nel contatto con la galleria in questione, ma anche con quella più vasta percezione del mondo che in ogni pur piccolo gesto mi accompagna.
È noto che lo spirito tardo della nostra epoca sia uno spirito confuso e confusionario per chi ne viene investito, ma anche per chi se ne riveste e in qualunque modo lo esibisce. Quando le ambizioni e le energie implicate, insolite e generose a loro modo, di un gallerista devono per forza essere ormai alimentate da un’ambizione che tende a divenire invasiva, sembra che nelle testimonianze della diffusa civetteria del nostro tempo non si possa agire e operare senza gli orpelli collaterali. In questo senso è stato forse fatale che i nostri attuali modi della comunicazione attraverso i social network abbiano favorito – o forse anche arrecato danno, allo svolgersi dei nostri quotidiani comportamenti con quella infinita serie di infingimenti, fatuità e narcisismi che essi incoraggiano avallandoli e rendendoli così indispensabili.
Così in Giacomo Guidi, che di fatto è capace di generosità e coinvolgimenti totali e totalizzanti, tali virtù non possono essere scisse da altrettanti simmetrici difetti e devianze: l’assenza di quest’ultime implicherebbe infatti l’indebolimento e il fallimento anche delle prime. Questa meccanica significa che si è in una congiuntura etica tardiva, si seguono idealità commerciali e non è possibile uscirne indenni, e Guidi, che conduce una galleria e segue soprattutto idealità economiche, non può restare immune dalle volgarità dell’economia, e di una come la nostra in particolare. Se Guidi, e come lui anche noi che l’abbiamo seguito e sorretto, ha un difetto, questo difetto è il suo stesso martirio che consiste nell’aderire e alimentare ad oltranza una fede economica e d’immagine che appartiene a uno spirito decaduto. Ma Guidi sa e soffre di non avere, come scrive Flaubert, il fiuto di Canaan, cioè di una promessa sublime, ma ha il fiuto dell’Egitto, un formidabile fiuto delle suppellettili dell’Egitto e programmaticamente non è uscito nel deserto, non ci ha portati nel deserto, e noi questo lo sapevamo: Giacomo Guidi, come tutti noi, ha paura del deserto e non ci ha fatto uscire dall’Egitto. In quel luogo poteva solo radicarci e, radicandoci con tutta la voglia e l’energia della giovinezza, organizzare, con tenacia, dedizione e presunzione straordinarie, mostre, eventi, collaborazioni dell’Egitto e non di Canaan. E nella deriva di questa normalità non si può certo auspicare, a nessun titolo, l’esaltazione presunta di alcuna alternativa purezza.
Il problema è un altro: tutti gli artisti Big stanno lasciando Guidi perchè Guidi dal punto di vista finanziario ed economico è del tutto inaffidabile. Vende le opere e non paga. Questa è la situazione. Tutto il resto è aria fritta.
solo in italia un personaggio patacca come guidi