Nel 2006 sono stato, insieme a pochi altri artisti, fondatore della galleria del giovanissimo Giacomo Guidi. Da allora la nostra collaborazione, se pur con qualche discontinuità , si è protratta fino ad oggi. Ora il contributo che propongo di rendere pubblico è una breve riflessione sullo stato delle cose, che ho messo a punto partendo dalla mia esperienza nel contatto con la galleria in questione, ma anche con quella piÚ vasta percezione del mondo che in ogni pur piccolo gesto mi accompagna.
Ă noto che lo spirito tardo della nostra epoca sia uno spirito confuso e confusionario per chi ne viene investito, ma anche per chi se ne riveste e in qualunque modo lo esibisce. Quando le ambizioni e le energie implicate, insolite e generose a loro modo, di un gallerista devono per forza essere ormai alimentate da unâambizione che tende a divenire invasiva, sembra che nelle testimonianze della diffusa civetteria del nostro tempo non si possa agire e operare senza gli orpelli collaterali. In questo senso è stato forse fatale che i nostri attuali modi della comunicazione attraverso i social network abbiano favorito â o forse anche arrecato danno, allo svolgersi dei nostri quotidiani comportamenti con quella infinita serie di infingimenti, fatuitĂ e narcisismi che essi incoraggiano avallandoli e rendendoli cosĂŹ indispensabili.
CosĂŹ in Giacomo Guidi, che di fatto è capace di generositĂ e coinvolgimenti totali e totalizzanti, tali virtĂš non possono essere scisse da altrettanti simmetrici difetti e devianze: lâassenza di questâultime implicherebbe infatti lâindebolimento e il fallimento anche delle prime. Questa meccanica significa che si è in una congiuntura etica tardiva, si seguono idealitĂ commerciali e non è possibile uscirne indenni, e Guidi, che conduce una galleria e segue soprattutto idealitĂ economiche, non può restare immune dalle volgaritĂ dellâeconomia, e di una come la nostra in particolare. Se Guidi, e come lui anche noi che lâabbiamo seguito e sorretto, ha un difetto, questo difetto è il suo stesso martirio che consiste nellâaderire e alimentare ad oltranza una fede economica e dâimmagine che appartiene a uno spirito decaduto. Ma Guidi sa e soffre di non avere, come scrive Flaubert, il fiuto di Canaan, cioè di una promessa sublime, ma ha il fiuto dellâEgitto, un formidabile fiuto delle suppellettili dellâEgitto e programmaticamente non è uscito nel deserto, non ci ha portati nel deserto, e noi questo lo sapevamo: Giacomo Guidi, come tutti noi, ha paura del deserto e non ci ha fatto uscire dallâEgitto. In quel luogo poteva solo radicarci e, radicandoci con tutta la voglia e lâenergia della giovinezza, organizzare, con tenacia, dedizione e presunzione straordinarie, mostre, eventi, collaborazioni dellâEgitto e non di Canaan. E nella deriva di questa normalitĂ non si può certo auspicare, a nessun titolo, lâesaltazione  presunta di alcuna alternativa purezza.
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Il problema è un altro: tutti gli artisti Big stanno lasciando Guidi perchè Guidi dal punto di vista finanziario ed economico è del tutto inaffidabile. Vende le opere e non paga. Questa è la situazione. Tutto il resto è aria fritta.
solo in italia un personaggio patacca come guidi