THE ITALIAN JOB n.2 – An-Archiving Game nasce da un primo lavoro della stessa serie, in quanto gli stessi temi – originalità, legalità, legittimazione artistica, rapporto artista-curatore, lavoro immateriale – restano costanti.
Circa un anno fa sono stato invitato da Chiara Passa a presentare un’opera per la sua Widget Art Gallery, una galleria on-line che invita ogni mese un artista a presentare una .GIF animata. Intendevo allestirvi una mostra che ne sfruttasse le inedite possibilità: dinamismo e indipendenza dalle limitazioni fisiche a cui una mostra è sottoposta in una galleria di vetro e cemento. L’invito arrivava poco tempo dopo il lancio della mia opera THE ITALIAN JOB – nata in seguito alla residenza online embarrassment party organizzata da Marii Nyröp – che consisteva nel furto della proprietà legale dell’intera residenza, più le undici opere lì realizzate da altri sette artisti. Mi ero avvalso di una sorta di vuoto legale generato dal sistema dei Creative Commons: registrando la residenza a mio nome tramite i CC, ma limitandone successive elaborazioni, mi appropriavo di materiali altrui in pieno rispetto delle normative vigenti.
La residenza mi aveva anche offerto la possibilità di sperimentare nuovi modelli collaborativi su cui non ho lo spazio di dilungarmi, tra me e la curatrice che avevo deciso di coinvolgere nella mia operazione artistica: Lucrezia Calabrò. La mediazione di Calabrò comunque certificava la mia operazione artistica tramite il suo testo curatoriale, e THE ITALIAN JOB veniva collegato alla tradizione artistica dell’appropriazionismo e a quella filosofica dell’Italian Theory: quel tipo di filosofia politica la cui attitudine sperimentale è radicata in processi collettivi e pratiche teoriche.
L’invito ad esporre alla WAG coincideva inoltre con la mia prima immersione prolungata nel Deep Web, ovvero quella parte del World Wide Web non indicizzata e raggiungibile attraverso la Rete anonimizzante di Tor. L’idea di realizzare qualcosa in uno spazio quasi inaccessibile ma allo stesso tempo alla portata di tutti, mi aveva portato all’esplorazione di alcuni siti molto frequentati tra cui “l’eBay del Deep Web”: Silk Road.
Interessato al rapporto tra materialità e immaterialità, ho spesso evidenziato i meccanismi economici soggiacenti la produzione e la vendita delle mie opere (recentemente tramite polizze economiche stipulate con i pittori cinesi di Dafen per la realizzazione del THE CAPTHCA PROJECT), e il secondo Italian job prese la forma di una mostra online nella Widget Art Gallery accompagnata da una vendita tramite la Silk Road di versioni fisiche di ciò che virtualmente esponevo nella galleria on-line. In tal modo materialità ed immaterialità venivano a coesistere all’interno dell’opera, e la versione fisica del lavoro si trovava paradossalmente nella parte commerciale più invisibile della Rete.
Una volta decisa la struttura del progetto andava deciso il contenuto della mostra.GIF, e a quel punto ho pensato di attingere all’archivio NSAF (National Stolen Art File) dell’FBI, in cui vengono elencate opere rubate attualmente ricercate. Consideravo particolarmente interessante il sotto-archivio dedicato alla fotografia: molte immagini delle foto rubate sono ancora in circolazione (in cataloghi o siti internet) seppure si siano perse le tracce dell’originale. Per decidere quali immagini selezionare dalle centinaia presenti nell’archivio ho pensato di delegare la scelta delle singole fotografie alla curatrice Monica Bosaro, la quale a sua volta ha esteso l’invito alla curatrice svedese Emma Stanisic. In sintonia con lo spirito collaborativo degli italian jobs si sono dedicate non solo alla stesura dei testi curatoriali, ma anche alla scelta delle immagini secondo criteri prettamente personali, e – dal momento che la mia opera consisteva in una mostra – hanno in qualche modo determinato gli elementi dell’opera stessa. Dal mio punto di vista trovavo molto interessante che se solitamente in tutti i miei lavori fotografici non scatto personalmente le fotografie, ma le seleziono e ricontestualizzo, in questo caso ho delegato perfino la fase di scelta limitandomi a intrecciare il gioco collaborativo e a delinearne la metodologia.
A meno di un mese dall’opening però, il colpo di scena. Tanto teatrale da sembrare previsto dal copione di un’opera che fa della sua narrazione un punto centrale. L’FBI, in collaborazione con un certo numero di altre agenzie internazionali, sequestra la Silk Road e moltissimi altri siti analoghi, e arresta decine di persone in tutto il mondo con uno degli attacchi meglio riusciti al mercato nero. Nonostante l’imprevedibilità degli esiti dei processi legali in atto, questo conduceva apparentemente all’arenarsi del mio progetto.
E dopo uno sconfortante giro di email e videochiamate, a pochi giorni dalla caduta dell’impero del Deep Web, una nuova alternativa dal basso, chiamata OpenBazaar, è rapidamente salita agli onori della cronaca, offrendomi una possibilità tanto inaspettata quanto perfetta. OpenBazaar consiste in un network peer to peer, decentralizzato ed open source, che propone un sistema di e-commerce attraverso Bitcoins senza intermediari, tasse e che non può essere censurato. Una nuova tecnologia, ancora in fase beta, che potrebbe rivelarsi capace di rivoluzionare il mercato così come lo conosciamo.
Ho deciso di sfruttare l’occasione e di essere il primo artista a mettere in vendita opere d’arte attraverso OpenBazaar, e ho lanciato l’online shop An-Archiving Game in concomitanza con l’opening alla Widget Art Gallery. Con mia grande sorpresa tra i primi a salutare con grande interesse la mia operazione artistica vi sono stati proprio i volontari di OpenBazaar, felici di ospitare un progetto artistico e speranzosi che al mio progetto ne seguano altri. Con THE ITALIAN JOB spero di suscitare alcune domande sul futuro dell’arte, del suo mercato, delle possibilità che tecnologie nuove e in rapida espansione come Bitcoins e OpenBazaar offrono, delle relazioni tra artisti, curatori e galleristi, sul lavoro immateriale, su ciò che significa “originalità” e come tale concetto continua ad evolversi, riflettendo i valori e le logiche della nostra società.