Ci sono storie che ti colpiscono come un pugno allo stomaco. E ti spingono a lottare e a ribellarti. Storie di prevaricazione e d’ingiustizia. Come quella del MUOS di Niscemi. L’acronimo sta per Mobile User Objective System, un sistema di telecomunicazioni satellitari della marina militare statunitense, costruito nel cuore di una riserva naturale e ignorando il più elementare principio di precauzione. Gli scienziati non sono giunti a conclusioni certe sui danni alla salute causati dai forti campi elettromagnetici. Proprio per questo la popolazione, esposta nel raggio di parecchi chilometri in maniera prolungata a emissioni ad alta frequenza, ha il diritto di essere tutelata e informata. Le misurazioni per verificare se le emissioni superino i limiti di legge o meno, trattandosi di una struttura militare top secret, sono state eseguite su basi congetturali. È un’arma sofisticata e costosa e dovrà ripagarsi con guerre future. In pratica, loro malgrado i siciliani sono scudi umani per guerre e conflitti scatenati da una potenza straniera.
Per anni comitati e movimenti hanno lottato, da soli e nel silenzio dei media nazionali, per evitare il completamento e l’entrata in funzione del MUOS, tenendo testa al colosso americano. Tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, in uno scenario internazionale gravato dalla minaccia del terrorismo, gli USA hanno ottenuto dal governo italiano il via libera all’accensione delle antenne e un’aspra offensiva giudiziaria contro attivisti e militanti, con centinaia di rinvii a giudizio. Le istituzioni italiane hanno usato il guanto di velluto con il potente alleato e il pugno di ferro con i cittadini inermi.
Le nostre vicende personali e la passione per la politica e l’impegno civile ci hanno portato a camminare assieme con gli uomini e le donne – tra loro anche alcuni artisti – del movimento No MUOS. Da questo incontro è nata l’esigenza di raccontare l’esperienza di vita e di lotta in una mostra dal titolo “Artists Against MUOS”, che è stata inaugurata lo scorso 29 dicembre. La collettiva vuole rendere omaggio a chi in questi anni ha lottato dal basso contro poteri invisibili e invincibili, usando talvolta la creatività per vincere il silenzio della stampa, per ribaltare un’argomentazione, per scuotere le coscienze sopite degli indifferenti, per smascherare la corruzione degli apparati di potere. Gli artisti che abbiamo invitato a partecipare sono attivisti dei movimenti No MUOS. Alcuni – come Enzo Dragotta, Giuseppe Firrincieli, Guglielmo Manenti, Maddalena Migliore, Matilde Politi – hanno vissuto in prima persona l’esperienza della lotta. Altri – come Francesco D’Amore, Francesca Dimanuele, Irene Puglisi e Maria Domenica Rapicavoli – ne hanno seguito le vicende a distanza, dal momento che vivono e lavorano lontano dalla Sicilia e in alcuni casi all’estero. Ogni artista ha scelto mezzi espressivi propri e ha sottolineato chiavi di lettura differenti, dallo scempio ambientale al pacifismo, dal rischio per la salute al pericolo delle guerre. Ma tutti riflettono nei loro lavori il vissuto d’impegno e di militanza. Ne viene fuori una storia corale, dove si incrociano vite, passioni, ideali e speranze. La mostra espone pezzi d’archivio – giornali, pizzini, volantini, comunicati – che ripercorrono la cronaca dei fatti, ma anche video, fotografie, incisioni, vignette e libri d’artista, tra reportage e denuncia, tra satira e impegno civile.
L’obiettivo che ci siamo prefissi con questa mostra è duplice. Da un lato, intende portare la vicenda del MUOS a conoscenza di un pubblico più vasto e far sì che gli attivisti avvertano il sostegno e la solidarietà dell’opinione pubblica. Dall’altro, abbiamo voluto promuovere una mostra d’arte politica. Pensiamo che l’arte politica debba essere scomoda, capace di saltare fuori dagli schemi, pronta a scegliere da che parte stare. Recuperando così un ruolo di responsabilità, al quale molti artisti e intellettuali sembrano aver abdicato da tempo. Inoltre, poiché il tema dell’arte politica ci intriga parecchio e poiché volevamo mantenere alta l’attenzione sulla mostra, a tre settimane dall’inaugurazione della collettiva abbiamo organizzato una conferenza – dibattito in uno spazio pubblico cittadino, invitando relatori che potevano dire la loro con autorevolezza sull’argomento. Abbiamo invitato, tra gli altri, Charles Esche, direttore del Van Abbe Museum, e Gabi Scardi, critica d’arte, firma del supplemento domenicale del “Il Sole 24 Ore”, i quali hanno inquadrato il tema “politico” nel più ampio sistema dell’arte, includendo gli spazi espositivi, i musei, le gallerie e i percorsi curatoriali. Al tavolo dei relatori abbiamo chiamato anche due giornalisti, Antonio Mazzeo e Pippo Gurrieri, entrambi attivi nel movimento No MUOS e impegnati sul fronte del pacifismo, dell’antimilitarismo, della lotta alle mafie. È stata un’occasione per riflettere sul percorso compiuto e per tracciare un bilancio. E ci impegneremo ad organizzarne altre, magari con il coinvolgimento delle scuole, delle nuove generazioni, da qui al 25 marzo, data di chiusura della mostra.
Corrado Gugliotta e Sveva D’Antonio