Ho appena finito Asfissiante
cultura di Jean Dubuffet e appena cominciato L’ardore di Roberto Calasso.
Che
musica ascolti?
Ho un orecchio decisamente onnivoro: nel mio iPod
convivono Chopin e Coltrane, Hendrix e i Kodo giapponesi. Trascorro lunghi
periodi senza ascoltarne affatto.
Città che
consiglieresti di visitare e perché.
Vale sempre la pena visitare una città: le consiglio tutte.
I luoghi che ti
hanno particolarmente affascinato.
Moltissimi. La stessa idea di luogo, così polivalente, mi affascina
enormemente. Mi piace visitare i siti archeologici preistorici, perché
generalmente sono luoghi speciali per caratteristiche geografiche e geologiche.
Visito sempre con piacere musei di storia naturale, orti botanici e planetari.
Le pellicole che
hai amato di più.
Ci sono autori di cui amo lo sguardo, il punto di vista. Tra questi
Murnau, Kurosawa, Tarkovsky, Truffaut, Hitchcock, Kubrick, Monicelli, Fellini,
Pasolini, Herzog. Il tempo si è fermato
di Olmi e Umberto D. di De Sica sono
bellissimi e ripenso spesso a La jetée di Marker. Hollywood Party e Frankenstein Junior mi fanno sempre
ridere, e piango davanti a un sacco di film. I documentari della Bbc come Planet Earth e The Blue Planet sono strabilianti, a volte piango anche con quelli.
Le mostre
visitate che ti hanno lasciato un segno.
Ne cito alcune. Cycles and seasons di
Twombly, The Strange Museum dei
Kabakov, l’installazione The Everyday
Altered di Durham alla Biennale
del 2003, le testine di Marisa Merz su un tavolo di Mario Merz a Rivoli. Le
ninfee di Monet a L’Orangerie, la mostra vuota di Tiravanija a Rotterdam,
raccontatami da un amico. Il Museo delle Culture di Lugano è bellissimo.
Gli artisti del
passato per i quali nutri interesse.
Quando gli artisti parlano, il tempo che scorre è solo una questione di
aggiornamento linguistico. Gli artisti che amo, a partire dalla Preistoria,
sono per me tutti attualissimi. Questi sono solo alcuni nomi, in ordine sparso:
Twombly, Ernst, Alÿs,
Brancusi, Ono, Bacon, Durham, Duchamp, Munari, Marchetti, Tichy, Grotowski, e
moltissimi artisti anonimi di tutte le epoche e nazionalità.
E i giovani a cui
ti senti vicino, artisticamente parlando?
Mi piace molto il lavoro di Alice Tomaselli e stimo la ricerca di Linda
Fregni Nagler. A Parigi ho apprezzato il lavoro di Samuel Richardot.
Che formazione
hai?
Sono cresciuta in una famiglia di musicisti e sono stata indirizzata allo
studio della musica fin da piccolissima. Dopo il liceo ho frequentato una
scuola di teatro fino ad approdare all’Accademia di Brera, dove ho seguito
appassionatamente il corso di Alberto Garutti, insegnante straordinario, un
vero maestro.
Hai frequentato
il Corso
Superiore di Arte Visiva della Fondazione Ratti con Jimmie Durham, seguito un
workshop con Liliana Moro alla Fondazione Spinola Banna e una residenza di tre
mesi alla Dena Foundation for Contemporary Art di Parigi. Cosa ricordi di
queste esperienze?
La gratificazione di vedere la propria ricerca sostenuta da
un’istituzione responsabilizza molto, ma davvero preziosi sono i legami che si
instaurano tra i partecipanti. Jimmie e Liliana sono stati visiting professor
eccezionali, e molti artisti con cui ho condiviso le esperienze sono ora miei
cari amici.
Nel vedere i tuoi
lavori video, si rimane molto affascinati dalla musica, che non è un
accompagnamento ma una parte fondamentale della narrazione. Hai anche
realizzato di recente un’opera audio lavorando su un pezzo di Bach. Qual è la
tua relazione con la musica?
La musica rappresenta in modo particolarmente diretto quella che a mio
avviso è la prima magia dell’arte: quella misteriosa tensione che ci fa
“sentire” l’opera, muovendo in noi emozioni, pensiero e immaginazione. Nella
musica ciò avviene in modo meno mediato che nell’arte visiva, c’è un rapporto
più diretto con l’energia e tutto si compie nell’invisibile. Non finirà mai di
affascinarmi. Nelle opere che coinvolgono un aspetto musicale o acustico è per
me fondamentale il rapporto con mio padre Patrizio. Con lui ho lavorato alle
colonne sonore dei miei video e all’opera audio Ricercar (20-20k), l’esecuzione del cosiddetto Canone Infinito di Bach attraverso l’intero spettro dell’udibile
umano. Il suono rientra anche nella mia ricerca pittorica: nel 2010 ho
inaugurato Polline, una serie di
opere basate sulla commistione fra tela e tamburo, una ricerca che mi interessa
molto e che intendo proseguire.
Devi essere
un’acuta osservatrice. I dati di realtà che riporti nelle tue opere non sono
però mere documentazioni, perché assumono subito un’aura quasi intimista. Cosa
ti interessa trasmettere della natura e dei suoi fenomeni?
Ho sempre considerato me stessa la materia prima del mio lavoro,
allenandomi a una meraviglia sempre rinnovata verso l’esistente. La realtà è
incredibile, oltre qualsiasi immaginazione. Rendersi conto di questo equivale
alla più profonda delle vertigini. Preferisco parlare di realtà piuttosto che
di natura, perché non rimanda a semplicistiche separazioni tra uomo e resto
dell’esistente, che non condivido. La distinzione tra realtà interna ed esterna
si allenta quando ritroviamo nel mondo aspetti dell’interiorità, così come
quando scopriamo in noi riflessi dell’ambiente. Questo mi porta ad
appassionarmi a fenomeni specifici, come le misteriose luci di Hessdalen o i
grani di polline al microscopio che ispirano la serie Polline.
a cui sembri particolarmente legata è la luce. Penso ad alcune tue performance,
a un tuo self-portrait fotografico e al work in progress Lights. Da cosa nasce
quest’interesse?
La luce è energia, presupposto fondamentale alla visione e all’esistenza,
un tema immenso che mi seduce e intimorisce al tempo stesso. Forse per questo
l’ho sempre affrontato lateralmente, attraverso elementi concreti, che siano il
manifesto di un lampione o un costume riflettente. Mi commuove l’idea di una
luce particolare, individuale, la “lucina in lontananza” che ricorre nelle
fiabe, un archetipo dell’esistenza.
In una serie di
foto in bianco e nero hai affiancato immagini astronomiche di stelle a scatti
anatomici di pertugi anali. Perché questa associazione così ardita?
Tutto nasce da una certa attitudine “musicale” nei confronti delle
immagini. Certe immagini, così come certe parole o note, “suonano bene insieme”
creando accordi di senso e poesia. La serie cui ti riferisci è stata concepita
con questo criterio.
Su che progetti
stai lavorando?
Molti miei lavori sono strutturati come serie, che io vivo come degli
organismi che mi accompagnano, su cui continuo a riflettere e lavorare. A
questi si sommano i nuovi progetti, ogni tanto se ne estingue qualcuno. In
questo periodo sto lavorando a un progetto per una mostra al Crac di Cremona.
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secondo me è una questione di cortile, che è sempre quello e non cambia mai.
gli artisti di perra sono sempre a km 0, mai che faccia una capatina in sicilia o in campania (solo per citare due posti a sud), mai la benché minima parvenza di approfondimento.
le tue proposte sono noiose, scialbe e prevedibili. se vuoi che le tue interviste siano veramente utili mettici più serietà.
ti piace la cioccolata?
e quanto?
e il minestrone?
Come dice l'artista, la realtà può essere estremamente ricca e inaspettata. Certo è che moltissimi artisti, in italia e nel mondo, sviluppano questo medesimo sguardo sulle cose. Potremo essere di fronte ad opere di Matteo Rubbi o Meris Angioletti, altri recenti studenti di Garutti. E questa stessa indole la ritroviamo negli studenti di Garutti degli anni '90. Non si tratta di essere ossessionati da Garutti, ma di rilevare come una certa poetica sia ormai satura e impersonale. Questo ci getta nello smart relativism, che può anche andare bene per un po', ma poi, dopo un altro po', stucca e diventa pesante. Esattamente come diventa pesante una certa poesia "pilotata".
Gentile Enrico,
le scelte sono sempre discutibili. Che io manchi di serietà è però un'affermazione gratuita e poco rispettosa. Ho cercato in questi anni di offrire un panorama sulla giovane creatitivà il più ampio possibile, facendo decine e dicine di incontri, studio visit, visitando numerose mostre. In poche parole seguendo la rubrica con professionalità e serietà. Il salto in Sicilia compreso con i /barbara gurrieri/ group che a mio parere ad oggi rimangono i giovani talenti più interessanti di quell'area. Che dall'aula di Garutti siano usciti gli artisti più promettenti negli ultimi anni è un dato di fatto e non di cortile. Giorgio Guidi, Cleo Fariselli, Margherita Moscardini, Giulio Frigo, Mirko Smerdel, Giovanni Oberti, Diego Marcon, T-Yong Chung... non mi sembra che la scelta sia come dici banale, noiosa e prevedibile.
se la scelta non ti sembra banale noiosa e prevedibile di arte non capisci proprio nulla, prova a recensire l'uncinetto che magari sei più ferrato