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Il mondo dell’arte piange la scomparsa prematura di un artista promettente, intraprendente sperimentatore del medium pittorico, attraversato nelle sue molteplici diramazioni, tra materia e concetto: Federico Lissoni si è spento lunedì, 23 ottobre, a 43 anni. Da tre anni l’ottava contro la Leucemia. Federico era un artista apprezzato e lo scorso anno era stato protagonista di uno degli studio visit della Quadriennale di Roma, a cura di Francesca Guerisoli. Nato nel 1980 a Sesto San Giovanni, Lissoni viveva e lavorava nella sua Lissone, cittadina alla quale era profondamente legato per le tante attività promosse, sia per la cultura che per lo sport. Il padre, Silvano Lissoni, è stato infatti presidente della storica e seguitissima associazione sportiva ciclistica Sport Club Mobili Lissone.
A ricordarlo, infatti, anche l’attuale presidente della Mobili Lissone, Enrico Biganzoli, con un commosso post pubblicato sui social: «Federico non era solo il figlio di Silvano Lissoni. Federico era quel ragazzo silenzioso fuori, ma con un mondo dentro, che non perdeva l’occasione di sprigionare attraverso la sua vena artistica. Siamo cresciuti insieme allo Sport Club Mobili Lissone, quando i nostri papà erano impegnati nella gestione della società, era un grande appassionato di ciclismo come me, per questo siamo andati subito d’accordo. Lo ricordo con grande stima, sempre disponibile e collaborativo nei confronti della società. Federico sapeva bene quanto la Mobili fosse importante per suo padre, per questo fin quando ha potuto ha cercato di essere presente. Provo grande dolore per quanto accaduto, posso solo immaginare il vuoto che lascia questa grave perdita. Non ci credo ancora».
Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera, selezionato in due edizioni del Premio Lissone, nel 2021 e nel 2018, Lissoni aveva partecipato a diverse mostre personali e collettive, a partire dal 2002 e fino allo scorso anno, presso sedi istituzionali e gallerie private, come la 10AM Art Gallery, Palazzo Terragni, il museo MAC di Lissone e Villa Vertua, in un percorso di crescita personale e sviluppo artistico ancora in corso e che si è interrotto troppo presto. Hanno scritto di lui importanti curatori, come Alberto Zanchetta e Angela Madesani.
«Nel mio processo di lavoro non esistono fasi preparatorie o progetti di base, preferisco ricercare la casualità e l’impersonalità dei materiali che mi circondano in studio», così l’artista parlava del suo lavoro. «Trovo più interessante e autentico ciò che nasce da una sequenza di eventi accidentali e inattesi che da un pensiero precostituito. Cogliere ciò che accade solo in quel preciso momento, né prima, né dopo. Per questo utilizzo e combino diversi materiali come acrilici, carte, smalti, pitture spray e inchiostri. L’opera finale è il risultato di una somma di azioni, di decisioni, di errori che si susseguono uno dopo l’altro. Intendo generare intorno all’opera uno spazio di silenzio, promuovere uno sguardo diverso sulla realtà, uno sguardo crudo, astratto, grazie al quale il mondo si pone sotto il segno della contemplazione: in un certo senso, è come il silenzio che viene dopo la parola».