Maestro dell’Arte Nucleare e Patafisica, tra i protagonisti del rinnovamento della pittura tra gli anni ’50 e i ’60, instancabile animatore dell’Avanguardia artistica napoletana, Mario Persico è morto oggi a Napoli, all’età di 92 anni. La notizie ci è stata confermata da fonti vicine alla famiglia.
Nato nella città partenopea nel 1930, Mario Persico partecipò alla formazione dei primi movimenti artistici sperimentali e di rottura. Allievo di Emilio Notte all’Accademia di Belle Arti di Napoli, nel 1955 fu uno dei firmatari del manifesto dell’Arte Nucleare i cui primi animatori erano stati Enrico Baj e Sergio Dangelo e che si opponeva ai modi del Neorealismo: «I Nucleari vogliono abbattere tutti gli “ismi” di una pittura che cade inevitabilmente nell’accademismo, qualunque sia la sua genesi. Essi vogliono e possono reinventare la Pittura. Le forme si disintegrano: le nuove forme dell’uomo sono quelle dell’universo atomico. Le forze sono le cariche elettriche. La bellezza ideale non appartiene più ad una casta di stupidi eroi, né ai robot. Ma coincide con la rappresentazione dell’uomo nucleare e del suo spazio. La verità non vi appartiene: è dentro l’atomo. La pittura nucleare documenta la ricerca di questa verità», si legge nel manifesto, esemplificando anche parte della ricerca di Persico.
Alla fine degli anni ‘50 partecipò alla formazione del “Gruppo 58”, con Guido Biasi, LUCA Luigi Castellano, Franco Palumbo, Mario Colucci e Lucio Del Pezzo. Nel 1958 la partecipazione alla collettiva “Gruppo 58 + Baj”, alla Galleria San Carlo di Napoli, nel 1959 la sua prima personale, alla Galleria Senatore di Stoccarda, e nello stesso anno il “Manifeste de Naples”, che criticava le posizioni dell’Astrattismo. Dai primi anni ’60, Persico iniziò a introdurre nelle opere anche elementi extrapittorici e materiali di scarto, come bottoni, rondelle, carte e congegni meccanici, a metà tra Robot (1961) e la serie degli “oggetti praticabili” (dal 1963), composti da parti mobili che permettevano una configurazione sempre diversa dell’opera.
Nel 1966 illustra l’Ubu Cocu di Alfred Jarry, padre della Patafisica, tradotto in italiano da Luciano Caruso. Alla fine degli anni Sessanta, risalgono i Segnali e gli Oggetti Ammiccanti, pensati come opere mobili in sostituzione dei segnali stradali, e le Gru Eterogaie, installate nei parchi pubblici. Negli anni ’70 inizia a collaborare alla realizzazione di spettacoli di teatro sperimentale, disegnando costumi e scenografie per “Laborinthus II” di Luciano Berio, con testo di Sanguineti, e per “Combattimento di Tancredi e Clorinda”, di Claudio Monteverdi, entrambi in scena al Teatro La Scala di Milano.
Nel 2001, alla morta di LUCA, Persico ne raccolse il testimone diventando Rettore Magnifico dell’Istituto patafisco partenopeo, avviando la pubblicazione di Patart, con il primo numero dedicato proprio a Luigi Castellano. Nel 2007, la prima grande antologica, a Castel dell’Ovo, seguita, nel 2012, da una mostra al museo Madre. Le sue opere sono nelle collezioni del Museo di Capodimonte e del Museo del Novecento a Napoli.
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