Si è spento il 3 marzo scorso, a Lucca, Paolo Baratella che, tra pochi mesi, avrebbe compiuto 88 anni. Artista militante nel senso culturale e creativo del termine, è figlio della Milano post-bellica, dell’atmosfera di ricostruzione intellettuale della Brera anni ‘60. «Baratella, è nato a Bologna ma cresciuto a Ferrara, sua città d’adozione, dove ha dipinto il “Risorto” di Santa Francesca Romana, collocato proprio a fianco del celebre capolavoro di Ludovico Carracci dedicato alla Crocifissione. Suoi sono gli affreschi della sagrestia della Cattedrale, suo è “L’albero della vita” nell’aula del commiato della Certosa Monumentale. “La ferraresità non si perde, il mio pensiero è sempre qui. Ferrara è città importante, vedo che si muove”, con queste sue parole amo ricordarlo usando da questo momento in poi anche la sua vista sulla città delle cento meraviglie, così come la definiva de Pisis», ha dichiarato Marco Gulinelli, assessore alla Cultura del Comune di Ferrara.
Fino al prossimo 4 giugno, nelle sale del piano nobile del Castello Estense, si potrà ammirare una piccola ma preziosa esposizione di opere di Baratella organizzata dalla Fondazione VAF nell’ambito del IX Premio della Fondazione tedesca dedicato all’arte contemporanea italiana. In mostra, oltre ai lavori di Baratella (Premio alla carriera), si possono passare in rassegna quelli di Luca Azzurro, Renata e Cristina Cosi, Silvia Inselvini, collettivo KEM, L’orMa, Enrico Minguzzi, Sebastiano Raimondo, Dario Tironi, Valeria Vaccaro.
Paolo Baratella è nato a Bologna nel 1935. «Ha partecipato alla pittura d’impegno del dopoguerra trasformandola dall’interno – ha scritto Paolo Emilio Antognoli –. Negli anni Sessanta reagisce alla Pop Art americana con una critica audace della politica e della società neo-consumista. Da questa posizione indipendente e pur minoritaria produce una critica sarcastica, ironica, iperbolica, utilizzando i più diversi strumenti – fra cui l’happening, il teatro, la fotografia, il fotoromanzo – nella creazione di grandi contro-spettacoli pittorici, a metà tra il grande schermo del cinema e la pittura d’affresco. I modi e generi che mette in opera dagli anni Settanta saranno riscoperti dal nuovo cinema».
Inserito storicamente nel “Gruppo dei milanesi”, insieme ad Umberto Mariani, Giangiacomo Spadari e Fernando de Filippi, dai primi anni ’70 Baratella intraprende un’intensa attività espositiva. Nel 1973 espone al Palais des Beaux Arts di Bruxelles e nel 1974 al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris mentre, nel 1976, gli viene assegnata dal senato di Berlino la borsa del D.A.A.D. che darà luogo a una serie di mostre in varie città tedesche. Numerose sono anche le mostre in Italia, quali “Salvare Venezia” alla Biennale di Venezia del 1972, Biennale di Milano del 1974 e 1994, Quadriennale di Roma del 1986 e 1999 e Triennale di Milano del 1992. Molte anche le personali dedicate alla sua opera, tra le quali si ricordano le esposizioni alla Mudima di Milano e alle Gallerie Civiche di Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara nel 1995, a Palazzo Reale di Milano nel 1998, all’area esposizione Zona Servizi Territoriali di Castelfranco Veneto, alla Galleria Soave di Alessandria nel 2002 e a Palazzo Guasco di Alessandria nel 2003. L’artista ha inoltre insegnato per 10 anni all’Accademia di Brera di Milano.
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