Artista visiva dalla sensibile potenza visionaria, conosciuta in particolare per i suoi dipinti, disegni e illustrazioni di matrice favolistica, reinterpretata per farne risaltare i lati più oscuri e profondi, Paula Rego è morta questa mattina, all’età di 87 anni, nella sua casa a Londra, circondata dall’affetto dei suoi famigliari, al termine di una breve malattia. Ad annunciare la notizia, la galleria Victoria Miro, che recentemente le ha dedicato una mostra, ancora in esposizione nella sua sede di Venezia e incentrata sulla serie “Secrets of Faith” del 2002, tratta da episodi della biografia della Vergine Maria. Sempre nella città lagunare, in occasione della mostra internazionale della 59ma Biennale d’Arte Contemporanea, curata da Cecilia Alemani, sono state esposte varie sue opere realizzate dagli anni ’90 fino al 2019.
Nata a Lisbona, il 26 gennaio 1935, grande tifosa della squadra di calcio del Benfica, Maria Paula Figueiroa Rego trascorse i primi anni di vita con la nonna, che sarebbe diventata una figura importante non solo per gli episodi della sua biografia ma anche per le sue vicende artistiche. Nel 1936, infatti, il padre di Paula, antifascista e ingegnere per la Marconi Company, insieme alla moglie, fu costretto a trasferirsi nel Regno Unito.
Dal 1945 al 1951, Rego frequentò l’unica scuola di lingua inglese nel distretto di Lisbona, la Scuola di San Giuliano a Carcavelos, di fede anglicana. Anche questa vicenda – una scuola anglicana in un Paese fortemente cattolico – contribuì a formare la sensibilità di Rego, che raccontava come, da bambina, fosse influenzata da un forte senso di colpa, oltre che dalla credenza che il demonio fosse una figura reale.
Nel 1951, il trasferimento nel Regno Unito per frequentare una scuola di perfezionamento, la The Grove School, a Sevenoaks, nel Kent. Ma l’anno successivo, prese la decisione di iniziare gli studi artistici alla Slade School of Fine Art, frequentata dal 1952 al 1956. Qui Rego incontrò il suo futuro marito, Victor Willing, con il quale, nel 1957, tornò nella sua terra natale, precisamente a Ericeira, continuando comunque a viaggiare spesso tra il Portogallo e la Gran Bretagna. Di nuovo, nel 1974, il trasferimento definitivo a Londra, a seguito della Rivoluzione dei Garofani, il colpo di stato non violento che rovesciò la dittatura di António Salazar ma che ebbe ripercussioni sulla gestione industriale privata: la famiglia di Rego era infatti proprietaria di un’attività.
Nel corso degli anni, facendosi carico delle varie vicissitudini attraversate oltre che dei mutamenti di gusto e di espressione, lo stile di Rego è transitato dall’astrattismo alla rappresentazione, mantenendo però la costante del medium, con gli amati pastelli. Le tematiche del suo lavoro riflettono spesso i temi del femminismo, riletti attraverso la ricca tradizione popolare del Portogallo.
Il suo percorso artistico iniziò nei primi anni ’60, quando iniziò a collaborare con The London Group, organizzazione di artisti che tra i membri annoverava personalità quali David Hockney e Frank Auerbach. Nel 1965, fu invitata a una mostra collettiva presso l’ICA – Institute of Contemporary Arts di Londra. Nello stesso anno tenne la sua prima mostra personale alla Sociedade Nacional de Belas Artes, a Lisbona. Nel 1969, rappresentò il Portogallo alla Biennale d’Arte di San Paolo. Nel 1988, la prima ampia retrospettiva, alla Calouste Gulbenkian Foundation di Lisbona e alla Serpentine Gallery di Londra.
Tra le mostre più importanti, le retrospettive alla Tate Liverpool nel 1997, alla Tate Britain nel 2005 e al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid nel 2007, poi portata anche al National Museum of Women in the Arts di Washington, nel 2008.
Importantissime anche le sue battaglie per i diritti civili. Criticò aspramente il movimento anti-abortista, anche per la sua sproporzione sociale nei confronti delle donne più povere, affrontando il tema in gran parte delle sue opere. La sua pittura si è fatta portavoce di una critica radicale anche al suo Paese, in particolare al regime salazariano, che ha dominato la storia nazionale del Portogallo per 40 anni, come nella serie Salazar Vomiting the Homeland, del 1960.
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