Considerato uno dei protagonisti della sperimentazione pittorica in Italia della seconda metà del Novecento, tra i principali esponenti del movimento artistico della Pittura Analitica, Pino Pinelli si è spento nella sua casa, a 86 anni. La notizia è stata confermata dall’Archivio Pinelli, istituito per raccogliere la documentazione sull’attività dell’artista e promuoverne la ricerca, durata oltre 50 anni e portata avanti tra riflessioni sempre intense e orientate alla messa a fuoco, in particolare, del nesso tra tradizione e innovazione, imprescindibile per la pittura.
«Ho “giocato” la mia vita, correndo dei rischi, cercando instancabilmente e continuamente di cogliere il mistero della luce che è l’elemento principe della pittura», raccontava Pinelli. «L’arte è seduzione e fascinazione. È invito alla dimensione estetica dello sguardo e alla vertigine tattile del senso. […] I miei frammenti sono corpi inquieti di pittura proiettati nello spazio, che fluttuano in formazioni piccole e grandi e recano segni di una plasticità ansiosa e di una felicità visiva di un colore pulsante di vibrazioni luminose».
«Le opere di Pinelli sono corpi inquieti di pittura in cammino nello spazio, fluttuanti e migranti in piccole o grandi formazioni, fatte di materiali che recano impressi i segni di un’ansiosa duttilità, e che esaltano la fisicità tattile e la felicità visiva di un colore pulsante di vibrazioni luminose», con queste parole dall’Archivio ricordano l’arte di Pinelli.
Nato a Catania nel 1938, la sua prima formazione artistica si svolse in Sicilia, dove ottenne anche i primi riconoscimenti. Nei primi anni ‘60 si trasferì a Milano, città in cui entrò in contatto con un ambiente culturale ricco di spunti, animato dal dibattito portato avanti da personalità quali Lucio Fontana, Piero Manzoni, Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, Dadamaino, Giovanni Colombo, Turi Simeti.
Nel 1968 esordì con la sua prima mostra personale alla Galleria Bergamini, cui seguirono negli anni Settanta ulteriori percorsi di ricerca, in cui Pinelli tentava approfondì il lavoro sulla superficie pittorica e sulle sue vibrazioni. Nacquero così i cicli delle Topologie e quelli dei Monocromi, attraversati da una sottile inquietudine, quasi che l’artista volesse restituire il respiro stesso della pittura. Queste esperienze lo inserirono nella tendenza che Filiberto Menna definì “Pittura analitica”, anche se dal 1976 Pinelli ridusse drasticamente la dimensione delle sue opere, che si collocavano nello spazio, accostate l’una all’altra, come se fossero state investite da una deflagrazione, arrivando così al superamento del limite.
Il rapporto con lo spazio sarebbe diventato un punto nodale della sua ricerca, con la pittura che avrebbe preso la strada della disseminazione, ridotta a frammenti per essere collocata sulla parete, in una sintesi tra ambiente e pittura considerati come un unicum. Questi frammenti, sempre monocromi, subiranno nel tempo delle variazioni, passando da forme modulari rigorose (1976) ad altre che sembrano gonfiarsi per una sorta di dilatazione energetica (1984), fino alle “scaglie”, caratterizzate dalla leggerezza come fossero la pelle della pittura (1986) e alle più recenti, che hanno riacquistato una maggiore consistenza corporea.
Le sue opere sono in numerose collezioni museali permanenti tra cui: le Gallerie d’Italia di Milano, il Museo del Novecento di Milano, l’Università Bocconi e l’Università degli Studi Bicocca di Milano, il Centre Pompidou di Parigi, il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma, la Collection CMR di Monaco, la Collezione di San Patrignano di Rimini, la Fondazione Pablo Atchugarry in Uruguay, la Fondazione Zappettini di Chiavari, il MA*GA di Gallarate, il MACAM – Museo di Arte Contemporanea all’Aperto di Morterone, il MACTE – Museo di Arte Contemporanea di Termoli, la Margulies Foundation di Miami, il Mart di Trento e Rovereto, i Musei Civici di Lecco, il Museion di Bolzano, il Museum Art.Plus di Donaueschingen e Palazzo Valle a Catania.
Negli ultimi anni si era consolidata la collaborazione con la galleria Dep Art di Milano, con l’ultima personale presentata nel 2019, mentre al 2018 risale una retrospettiva a Palazzo Reale di Milano, a cura di Francesco Tedeschi.
I funerali verranno celebrati venerdì, 3 maggio, alle ore 14:45, nella Chiesa di Sant’Angela Merici a Milano.
«La sua destrutturazione del quadro che s’intravvede già agli albori del suo operare e che, ormai, è pietra miliare del fare e pensare pittura non ha solo la significanza del commiato dal principio dell’immutabile e dell’affermarsi di quello del libero creare e ricreare forme come figura che incorpora la possibilità di ogni diversità e differenza. Il suo quadro non più quadro e il suo possibile realizzarsi in un aprirsi e ampliarsi indefinito, è anche traslato dell’interminabile chiudersi-dischiudersi della vita che mai muore in alcun suo morire perché essa non è che incessabile ritorno nel rinascere.
È il significato nuovo, profondo del prodursi della sua pittura disancorata dall’immobilità nei cardini e negli interstizi in assecondamento di un irreprimibile anelito di desituarsi per essere centro itinerante sui margini e oltre i confini in una prefigurazione del mondo che si attua come possibilità dell’illimite.
Un significato “altro” che nel suo coerente creare non è che il persistente farsi coscienza dello spazio-tempo del suo “oltre” di sempre come brama incontenibile del continuo ripartire per le lontananze del senza fine.
L’Etna quando erompe scadenza un momento del tempo nel suo fluire, Pinelli nel suo operare segna il momento di un superamento nel perdurare umano di pensare e fare pittura con la sua apertura all’universo del senso», Carlo Invernizzi, 1989.
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