Umberto Bignardi, Quadro per bene, 1963, copyright Galleria Bianconi, Milano
Umberto Bignardi é sempre stato pittore, fin da giovanissimo. Nel 1954, infatti, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bologna, città dove era nato nel 1935, e l’anno successivo si trasferisce però a Roma, per studiare con Toti Scialoja.
Pochi anni dopo, in qualità di “giovane pittore”, esordisce alla galleria La Tartaruga di Plinio De Maartis, nella collettiva “Giovane pittura a Roma”.
Le sue immagini sono prese dai media, mischiando collage e pittura, e Bignardi infila una serie di mostre personali e collettive fino ad un ritorno bolognese, nel 1964.
In quell’anno, infatti, è la volta della sua prima personale nella celebre galleria De’ Foscherari.
Appassionato sperimentatore, negli anni ’60 “mixa” le cronofotografie di Muybridge con i fotofinish, si avvicina al cinema indipendente e crea il Rotor, un cilindro-schermo rotante, in grado di creare i primi ambienti immersivi tecnologici.
Con il Rotor sarà anche inserito, nel 1967, alla Bertesca di Genova nella mostra “Arte Povera, Im-spazio”, a cura di Germano Celant, anche se già nel 1966 era avvenuta la prima consacrazione – a soli 31 anni – esponendo alla XXXVII Biennale di Venezia.
Dalla fine degli anni ’60 e fino agli ’80, Umberto Bignardi sarà uno sperimentatore tecnologico, collaborando con Olivetti e poi con IBM, esponendo grandi ambienti con schermi e specchi (Implicor, 1970) anche al MoMA di New York, nella celeberrima mostra “Italian Landscape”, del 1972.
Dagli anni ’90, invece, la strada di Bignardi segna un ritorno alla pittura, anche se moltissime mostre collettive continuano a occuparsi delle sue sperimentazioni degli anni precendenti: é il caso di “Pop Art Italia, 1958-1968” alla Galleria Civica di Modena o, di nuovo in un tempio dell’arte contemporanea come la Tate Modern, nel 2015 con Motion Vision, opera del 1966/67.
Da anni di casa a Milano, Umberto Bignardi era rappresentato dalla Galleria Bianconi, con cui aveva realizzato la personale “Visual Experiments in Rome (1964 -67)”, nel 2020.
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