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Addio Monica Vitti: scompare una delle attrici più incredibili del Novecento
Personaggi
di redazione
Era nata a Roma il 3 novembre 1931, Monica Vitti. Un nome che non ha di certo bisogno di tante presentazioni: Monica Vitti – vero nome di Maria Luisa Ceciarelli – è stata una delle più grandi attrici d’Italia, e non solo. Musa e compagna di Michelangelo Antonioni, con il regista aveva girato la meravigliosa “tetralogia dell’incomunicabilità”, di cui fanno parte i titoli L’avventura, La notte, L’eclisse e Deserto rosso. Ma Monica Vitti era stata anche legata artisticamente a Mario Monicelli e ad Alberto Sordi, con cui aveva girato rispettivamente altri due grandi film: La ragazza con la pistola e il cult Io so che tu sai che io so.
La biografia e gli esordi di Monica Vitti
Monica Vitti raccontava spesso che si era appassionata allo “spettacolo” da bambina, durante la guerra, dilettando i fratelli con i burattini. Diplomata all’Accademia d’Arte Drammatica, nel 1953, iniziò la sua carriera al teatro recitando Shakespeare, per poi poi essere notata proprio da Antonioni. Versatile nella recitazione, “mattatrice” e drammatica, presentatrice e doppiatrice, Monica Vitti prestò la sua voce a una serie numerosa di pellicole, partendo dai primi anni ’60: sua è la vocalità di Ascenza nel film Accattone di Pasolini, arrivando a essere Dalila (Daphne) nella commedia Senti chi parla adesso! (1993).
L’attrice fu anche, nel 1968, nominata presidente della giuria al XXI festival del cinema di Cannes, ma fu costretta a dimettersi a causa delle proteste del maggio francese. Negli anni ’70 Monica Vitti lavorò con tutti i grandi registi che diedero vita al filone “Commedia all’Italiana”: Ettore Scola le diede il ruolo di protagonista in Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca) (1970), recitò in Gli ordini sono ordini (1972) di Franco Giraldi e La Tosca (1973) di Luigi Magni.
Gli incontri internazionali
Monica Vitti, però, non fu solamente un’attrice italiana: recitò per Jean Valère in La donna scarlatta (1969), per Luis Buñuel in Il fantasma della libertà (1974) e André Cayatte in Ragione di stato (1978). In diverse occasioni, infatti, Monica Vitti aveva ricordato come per un’attrice (o un attore) fosse necessario studiare almeno due lingue straniere, per poter davvero recitare e per poter intraprendere una “carriera competitiva”.
Amata dal pubblico, fu anche oggetto di una clamorosa gaffe nel 1988, quando Le Monde la diede per morta, per “suicidio con barbiturici”. Vincitrice di vari David di Donatello e Nastri d’Argento, l’ultima apparizione in pubblico – e l’ultima intervista – fu nel 2002, alla prima teatrale italiana di Notre-Dame de Paris. Oggi, la malattia, che da lungo tempo l’accompagnava, l’ha portata altrove. A reincontrare, senza dubbio, i suoi grandi amici attori.