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Addio a Richard Feigen: morto il grande mercante d’arte “radical chic”
Personaggi
di redazione
Tra i commercianti d’arte più influenti degli Stati Uniti e con clienti in tutto il mondo, eclettico gallerista con sedi a Chicago, New York, Londra e Los Angeles, Richard L. Feigen è morto a 90 anni, per le complicazioni legate al Covid-19. «Collezionista travestito da mercate», come spesso di definiva, scopritore di artisti entrati poi nella storia – fu lui a organizzare la prima personale d’oltreoceano a Francis Bacon –, Feigen era uno degli esponenti più in vista di una grande generazione di personaggi dell’arte e della cultura. Ad annunciare la sua morte, un portavoce della sua galleria. «Richard era soprattutto un appassionato collezionista», hanno dichiarato. «Un gigante del mondo dell’arte, che sarà ricordato con affetto per la sua personalità e per tutte le vite che ha toccato».
Richard Feigen: le scoperte e i successi di un radical chic
Tra le sue “scoperte”, Jean Dubuffet, Max Beckmann, Bridget Riley e Allen Jones ma il suo impatto nel mercato è principalmente riferibile agli old master. Un dipinto di William Turner, Il Tempio di Giove Restaurato, fu venduto da Sotheby’s per poco meno di 13 milioni di dollari, nel 2009, mentre il Getty Museum di Los Angeles acquistò dalla sua collezione un’opera di Orazio Gentileschi, una Danae del 1623, per 30,5 milioni di dollari, sempre da Sotheby’s, nel 2016. Nel 2019, 10 opere della sua collezione, di artisti del calibro di Tiziano, John Constable e dei Carracci, sono state vendute da Christie’s.
Nato a Chicago nel 1930, Feigen sviluppò la sua propensione al collezionismo già da giovane, iniziando ad acquistare francobolli, monete e libri rari, per poi passare all’arte: una delle prime opere fu un acquerello dell’illustratore satirico Isaac Cruikshank sulla Rivoluzione francese. «Ero davvero attratto da quelle cose che pensavo fossero sottovalutate e questo mi ha portato a collezionare», raccontava qualche anno fa, «Ma fu solo negli anni ’50 che uscì allo scoperto come mercante d’arte».
Dopo aver studiato storia dell’arte e letteratura inglese alla Yale University, Feigen frequentò la Harvard Business School ed entrò in finanza, trasferendosi a New York nel 1954, per lavorare presso Lehmann Brothers. Dopo essere passato per la Goldman Sachs, disse addio al mondo della finanza, abbracciando la sua nuova carriera di mercante d’arte.
La prima galleria aprì a Chicago, nel 1957, mentre nel 1963, inaugurò la seconda sede a New York, uno delle prime di Soho. Nella Grande Mela, Feigen fu molto attivo anche sul mercato immobiliare, con investimenti nell’Upper East Side: nel 2017, David Zwirner acquistò uno degli edificio di Feigen, al 34 East 69th Street, per una sua sede. Protagonista della scena culturale degli anni ’60, Feigen organizzò mostre memorabili, come una collettiva in risposta alle brutalità della polizia durante la Convention Nazionale Democratica del 1968 a Chicago, esponendo opere di artisti come James Rosenquist e Claes Oldenburg. La mostra fu visitata da oltre 10mila persone.
Vicino agli ambienti politici democratici, nel 1970, insieme alla moglie, partecipò a una festa per i Black Panthers. E fu proprio citando la sua esperienza, che Tom Wolfe coniò la celeberrima frase “radical chic”, usata per denotare il sostegno dell’alta società alle cause di sinistra.