Bianca, Bianca, ma che c’hai combinato? Davvero te ne sei andata? Proprio tu, che eri immortale. Anche se un po’ acciaccata, anche se camminavi sempre meno, con sempre più bisogno di dame di compagnia, che ti facessero compagnia e che tu potessi bistrattare a tuo piacimento. Eppure viva, lucida, simpatica e tremenda come sempre. Inarrivabile. Nessuno poteva credere che un giorno te ne saresti andata. Perché una forza della natura come te non se ne va. E perché tu, andandotene, ti porti via un mondo, dell’arte e di Roma, che già sta scomparendo ma che una come te, miracolosamente, continuava a far esistere. Tu, collezionista acuta, occhio più giovane di tanti giovani, sguardo tagliente, battuta sempre pronta, lingua lunga e pettegola, colta, intelligente, cattivissima a volte e dolcissima (rare) altre. Tu, Bianca da Corfù come a 89 anni ti firmavi su facebook dove discutevi, dicevi la tua, ribattevi. E poi ricominciavi.
Bianca, Bianca quanto ci mancherai a tutti, capricciosa e prepotente come pochi e al tempo stesso amabile, con quel tuo humour cinico tipicamente romano, da vera “iena”. Tu, che signora della buona borghesia pariola, ti potevi permettere di parlare quel romanesco che in bocca d’altri suonerebbe volgare, lingua del generone, e invece in te era chic.
Tu e i tuoi risotti a pranzo e le belle cene e feste la sera, dove ti piaceva riunire il meglio del mondo dell’arte che in quel momento ti sfiziava e a cui mostravi i tuoi tesori. Il Manzoni e il Fontana di cui eri fierissima, il grande Schifano che una volta difendesti a suon di urla in una cena davanti a tutti, la sfilza dei giovani, da Pintaldi e Vedovamazzei, Alessandro Piangiamore e Giuseppe Pietroniro, Emiliano Maggi e Maria Grazia Pontormo, per tornare a Pascali, Kounellis, Giacinto Cerone e poi Vanessa Beecroft, Sisley Xhafa, Grazia Toderi, Vik Muniz, Santiago Sierra, Kiki Smith, Mark Dion, Tracey Emin, Ian Tweedy, Costa Vece che pende sopra la porta d’ingresso. Una galleria d’arte avanti e indietro nella storia, alla portata di tutti. E tu, pronta a raccontarli uno ad uno, dove li avevi presi, quando e a quanto, facendo piangere i galleristi per quelle battaglie all’ultimo euro che tanto ti divertivano e che fieramente rivendicavi, ma soprattutto quanto li amavi e quanto brava – dicevamo tutti – eri stata a sceglierli.
Uno sguardo acuto come il tuo era difficile avercelo, alfabetizzato con il meglio del Novecento italiano, quello che collezionava tuo padre, il grande medico Tommaso Lucherini, le cui opere stanno rispettosamente riunite, come in una cappella protetta dal frastuono del contemporaneo, nella sala da pranzo di casa tua. Quella dove ogni tanto invitavi solo donne, “le amiche”, e più spesso facevi accomodare tanti amici diversi. Giovani e non, artisti e non, critici e non, collezionisti e politici. E in quella prima sala da pranzo cominciava la tua storia di collezionista che, come per chiunque degno di questo nome, non si ferma al salotto, ma si inerpica nel soffitto dell’ingresso, tra le mensole del bagno, nel silenzio della camera da letto. La tua è una splendida collezione domestica, frutto di una passione che fino a qualche mese fa, sottobraccio di qualcuno e con sempre più fatica, ti faceva andare alle mostre, ai musei, ti faceva sorridere verso chi ti incontrava, facendo a gare a chi, per primo, aveva l’ultimo gossip e la battuta più feroce. Perché con te ogni tanto bisognava essere spietati, come eri tu. Altrimenti tu te lo magnavi vivo, l’interlocutore. Ma senza mai rinunciare alla classe, e alla testa.
Che bella testa la tua, aperta e curiosa, a suo modo leggera, scanzonata, che ti faceva continuare a voler sapere, conoscere e ad amare i giovani artisti, a scoprire le gallerie più nuove. Una testa golosa, che non si saziava mai. Sì, eri anche insaziabile, famelica nel tuo desiderio di collezionare. Quando scrissi il libro sul collezionismo ad un certo punto, mi pare nella prefazione, dico quello che avevo imparato frequentando i collezionisti, colpita da quella loro fame d’arte, che non è solo cieca voracità, ma forza e consapevolezza del desiderio. Qualcosa, per me, prezioso da osservare, e imparare. E da te questo l’ho imparato. Come anche una cosa che mi dicesti tanti anni fa: “Collezionare è difficile, coinvolge tutta la persona, diventa una grande responsabilità”. Parole vere e sagge. Parole belle. E un’altra volta, dritta come una lama: “Adria’, ma non ce devi stare a fa’ tutti sti discorsi a noi collezionisti. Mica tutti hanno studiato, mica siamo come te. Parlace d’arte, che quella la capiamo, anche mejo de te”. Grande, unica Bianca! Ci mancherai tantissimo.
I funerali di Bianca Attolico si terranno domani, martedì 21 gennaio, alla Chiesa di Sant’Eugenio, in via Belle Arti 10 a Roma.
Manufatti della cultura materiale, opere d’arte, documenti fotografici e materiali editoriali, poesia, progetti di design e di architettura: il "disponibile…
La città tedesca di Chemnitz sarà capitale europea della cultura del 2025, insieme a Gorizia e Nova Gorica: il programma…
Cabinet de curiosités: nella sede romana di Tornabuoni Arte, un progetto inedito che mostra l’intimo del mondo di Alighiero Boetti.…
Memorie personali e storia collettiva si intrecciano in un drammatico racconto visivo: alla Galleria Fonti di Napoli, la prima mostra…
Una rassegna di alcuni lotti significativi dell’anno che sta per finire, tra vecchi maestri e artisti emergenti in giro per…
Curata da Stefano Raimondi, MOCKUPAINT di Oscar Giaconia al Museo d’Arte Contemporanea di Lissone rimarrà aperta fino al 26 gennaio…
Visualizza commenti
Grazie Adriana per questa bella fotografia di Bianca! Che donna, ironica, sprezzante, ma con me sempre gentile. Spesso son stata alle sue sontuose cene, con Fabio Mauri, sulla sua meravigliosa terrazza, dove a volte volavano coltelli.... Come mi rincresce di non esserle stata più vicina, di non aver sempre potuto accettare i suoi inviti... Piera
Grazie a te Piera. Possiamo solo pensare che Bianca ha vissuto una vita molto bella.