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Bologna, Carlos Garaicoa e l’ORATORIO. Intervista all’artista
Personaggi
Intervista con l’artista Carlos Garaicoa (Cuba, 1967 vive e lavora a Madrid) in occasione del suo intervento nell’Oratorio di San Filippo Neri, di proprietà della Fondazione del Monte, a Bologna a maggio in occasione di Art City, evento collaterale di Arte Fiera.
Hai più volte lavorato in Italia, ricordo la tua mostra del 2017 alla Fondazione Merz di Torino. Per chi si occupa dell’idea di architettura e di città è una sfida lavorare in Italia…
Lavoro da molti anni con la Galleria Continua e quindi ho lavorato più volte in Italia, non sempre poi faccio lavori site-specific, ma certo l’architettura italiana è una sfida e noi tutti ci siamo formati con gli esempi storici di questa architettura.
L’idea di città e di architettura sono sempre stati un tema importante per te. Me ne potresti parlare?
L’architettura è un interesse che è cresciuto a poco a poco nel mio lavoro. Sono cresciuto nell’Avana Vecchia (Habana Vieja), tra l’architettura coloniale, modernista, caratterizzata dalla decadenza, dalla sofferenza e l’abbandono nel mezzo della crisi economica e politica e quando mi sono avvicinato all’architettura ho cominciato con la fotografia. Alcune questioni riguardo all’immagine erano centrali: come avvicinarsi al reale dal punto di vista concettuale, radicale nel mondo architettonico che mi circondava. C’era anche la relazione tra architettura e utopia, l’idea di una città nuova, ma poi interveniva anche la propaganda politica. In questo modo la narrazione politica si interfacciava con gli interessi per la rappresentazione narrativa: Borges, Calvino che mi formarono nell’idea del racconto. Da lì nasce l’idea della città. La mia poetica si è poi sviluppata crescendo in complessità, incorporando anche architetti nei miei progetti. Per me sono importanti due aspetti: la scultura di luce, la forma visuale, il materiale e la caratteristica artigianale del lavoro e naturalmente anche l’aspetto razionale e concettuale, lo studio dell’architettura e i suoi significati. Entrambe le metodologie servono per narrare storie.
Continuando questo fecondo discorso sulla città, mi potresti parlare di Ciudad Archivo/ Archive City (2020) esposta nel 2021 alla Galleria Continua nella tua personale “Imágenes Infieles/ Unfaithful Images”?
La Ciudad Archivo è preceduta da una serie di disegni in cui si trovavano gli “edifici parlanti” elaborati con il nastro adesivo, così chiamati perché gli edifici erano accompagnati da parole, era la mostra di un’idea. E’ come andare in una città ed incontrare lo sguardo critico del cittadino su se stesso, è un’idea poetica. Questa ricerca è preceduta anche da un altro lavoro esposto in mostra dalla Galleria Continua: i tappeti con dei testi, tra cui i nomi dei negozi dell’Avana. Era una sorta di poesia concreta e critica. Nella scorsa mostra invece i palazzi sono composti da dispositivi da ufficio per archiviare documenti fatti di cartone, struttura in legno e sopra, la parola scritta con il neon colorato, che si riferisce alla città tradizionale. La parola è tautologica, è l’arte che si riferisce a se stessa. L’archivio contiene la parola, la vita, tutto. Ripetere l’idea che sottolinea un’altra idea: lo che vediamo è ciò che è, ma nello stesso tempo c’è una devianza. La funzione dell’arte è questa: ti fa vedere e ti devia dal tuo modo personale di vedere e pensare. La città è piena di linguaggi. Si tratta di giocare con l’esistenza dei linguaggi e creare punti di vista nuovi. Ora sto facendo dei nuovi modellini, nuove distribuzioni, partizioni della città e si tratta di nuove elucubrazioni sull’idea tradizionale del modellino. C’è del calcolo, ma entra in gioco anche l’irrazionalità, il caso, così procede anche l’architetto. E in questo lavoro della Ciudad / Archivo si apre il gioco dell’arte, della forma e del colore in un senso anche teatrale.
Nella stessa mostra l’opera Soñamos en la superficie rayada de un cristal (2021) affronta il tema dell’immagine in quanto riflesso, doppio del reale e della dialettica immagine e parola, a tal proposito ricordo il testo dallo stesso titolo di Jose Lezama Lima. Mi racconti di quest’opera?
Sto facendo un’opera d’arte pubblica per Bilbao, un bosco di specchietti retrovisori delle automobili; è interessante vedere come il paesaggio si allontana dallo specchietto retrovisore e nello stesso tempo gli oggetti negli specchi sono più vicini di come sembra. Così ragiono sull’apparenza e la falsità dell’immagine. L’immagine nel gruppo degli specchietti si frantuma, si moltiplica. Lezama tratta del sorgere dell’immagine ed è un tema parallelo del mio lavoro. Così come è parallela la parola, il testo che appare nello specchietto. E ciò è collegato anche allo scrittore tedesco Winfried Georg Sebald. Si tratta di una storia parallela.
Mi potresti parlare della mostra per l’Oratorio dei Filippini, luogo storico inserito in un contesto antico, adiacente alla Madonna di Galliera, di fronte al Museo Medievale e con un interno rifatto nel 1730 dall’architetto tardo-barocco Alfonso Torreggiani?
Il titolo dell’installazione è ORATORIO. Più che una risposta diretta all’antichità del luogo, mi hanno colpito cose trasversali: mi ha toccato la storia delle distruzioni e dei restauri e rifacimenti e poi l’organo dell’Oratorio. La musica barocca mi piace particolarmente. Quindi ci siamo seduti con il musicista Estéban Puebla (lo stesso con cui è nata la videoinstallazione Partituta della recente mostra alla Continua) e abbiamo pensato ad una musica che potesse interagire con il luogo. Poi ho fatto quattro grandi sculture che si riferiscono all’idea di restauro e sono fatte dei tubi di metallo e teloni che ricordano le impalcature e i teli che le proteggono. I colori dei teloni sono vivaci e la scultura più alta è imponente e raggiunge i dieci metri. Lo spazio infine viene trasformato oltre che dalle sculture da due videoanimazioni create da Pablo Calatayud. Si tratta di un’opera molto sensoriale e una riflessione ambientale, uno stato d’animo e una risposta diretta allo spazio sacro.
I tuoi prossimi progetti?
La residenza nella fabbrica di ceramiche Bordalo Pinheiro a Lisbona e la consegna del PEM Prize di Salem, Massachussets, dove, dopo la mostra Partitura, ci saranno performance tratte dall’opera.