Critico, storico dell’arte, curatore di mostre, docente universitario, Luciano Caramel – scomparso il 26 novembre 2022 – è stato tra coloro che hanno promosso lo studio della storia dell’arte “contemporanea” attraverso un’attività instancabile, dispiegata in molteplici direzioni. Come alcuni altri della sua generazione, ha saputo affiancare la ricerca scientifica con la divulgazione, l’organizzazione di mostre e la pubblicistica, mantenendo sempre un livello di alta professionalità. Per chi l’ha conosciuto nelle aule universitarie, dove ha a lungo operato – dopo un periodo di insegnamento svolto nelle Accademie di Belle Arti, occorre dire, considerando anche quanti artisti formatisi negli anni Settanta-Ottanta si sentono, a buon diritto, suoi allievi – il ricordo di Luciano Caramel è quello di un “Maestro”, come pochi capita di incontrare nella vita, ma assolutamente asistematico.
Pur invitando a lavorare con serietà filologica nei confronti dei documenti e delle opere, non disdegnava affatto il confronto con l’attualità e con quello che poi si è cominciato a denominare il “sistema dell’arte”, in questo non ritenendo l’ambito accademico come esclusivo e prioritario. Per questo i giovani studiosi che si sono formati alla sua scuola hanno operato tanto sull’Ottocento, palestra di ricerche metodologicamente fondate sul reperimento di materiali spesso dimenticati, quanto sui temi del Novecento e della contemporaneità.
Volendo richiamare alcuni dei filoni di ricerca e di impegno in cui Caramel si è mosso, non si può non partire dalle figure di Antonio Sant’Elia, l’architetto “visionario” comasco a cui ha dedicato molteplici studi, anche catalogatori, e di Medardo Rosso, figura complessa che ha ampiamente contribuito a rileggere come uno dei punti di partenza per la riflessione della scultura del Novecento sui suoi statuti. E quindi le mai sopite ricerche sull’astrattismo italiano, fra le due guerre e nel secondo Novecento, approfondite sui singoli protagonisti, con lunghe ricerche di catalogazione e la realizzazione di molteplici iniziative espositive ed editoriali: da Mauro Reggiani a Mario Radice e Manlio Rho, ma anche Atanasio Soldati, Luigi Veronesi, Lucio Fontana. Accanto a questi, si ponevano interessi per l’informale, la scultura del secondo Novecento, l’arte cinetico-programmata (va ricordata l’importante mostra retrospettiva sul GRAV, con la monografia pubblicata per l’occasione), e ancora le attenzioni per la diffusione dell’arte contemporanea nei più diversi luoghi, come quanto avvenuto attraverso i “Premi” costituiti nel secondo dopoguerra, da Gallarate alle Marche ad altre località. La connessione fra luoghi periferici e i centri deputati della scena dell’arte è infatti uno dei temi di un dialogo avviato, attraverso innumerevoli iniziative e pubblicazioni su molteplici livelli, contemporaneamente. Nel volume di studi in suo onore, “Il presente si fa storia”, edito nel 2008 da Vita & Pensiero, la casa editrice universitaria della Cattolica, dove Caramel ha a lungo insegnato, la bibliografia dei suoi scritti raggiunge le novanta pagine. Questo sovrapporsi di interessi complementari porta per esempio, nel 1969, Caramel ad essere protagonista di un recupero dell’astrattismo italiano nella mostra “Aspetti del primo astrattismo italiano: 1930-1940”, negli stessi mesi in cui promuove a Como la manifestazione ipercontemporanea, per il modello d’intervento sull’ambiente della città, “Campo urbano”.
Se si dovesse sottolineare una caratteristica del suo approccio allo studio e alla riflessione critica, si dovrebbe in primo luogo ricorrere alla categoria della problematicità, nel senso di un accentuato ricorso alla necessità di mettere in discussione, rileggere, individuare nuove prospettive interpretative, sentire come l’evolversi del pensiero critico agisca sulla comprensione dei fenomeni, portando nuova luce sulle cose. In questo senso, il suo insegnamento convergeva nel considerare la storia materia viva, che si fonda sulla novità, sulla fragranza dell’accadere, matrice della trasformazione della contemporaneità in punto di incontro fra la memoria del passato e le energie del presente. Certi suoi contributi critici della fine degli anni Novanta e dei primi anni Duemila, per esempio, sono particolarmente dimostrativi, in questo senso, e valgono a dare un profilo dello studioso che non smette mai di interrogare la materia di cui si occupa, con l’oggettività della ricerca, ma anche con la passione e la partecipazione diretta di chi vive il legame con la realtà nella sua dimensione vitale, fondata sugli incontri diretti e sul confronto delle idee.
La lettura delle relazioni dell’astrattismo degli anni Trenta con i temi del mito e del primordio, per esempio, o l’esplorazione del ruolo di Kandinsky nei confronti dell’arte italiana del Novecento, sono due percorsi complementari per comprendere l’estensione delle linee di indagine che un’epoca come quella dell’arte fra le due guerre e dell’immediato secondo dopoguerra offre.
Al di là delle tante direzioni di intervento, però, quella che predominava in lui era la dimensione vissuta di un impegno quotidiano nei confronti della capacità dell’arte di produrre una spinta culturale, anche imprevedibile, in ogni sua manifestazione.
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