Cultura a Milano: incontro con Tommaso Sacchi

di - 29 Marzo 2022

Sembra un uomo d’altri tempi l’Assessore alla Cultura del Comune di Milano. Elegante, posato e sorridente, mi accoglie nel suo ufficio con affaccio su Piazza Duomo. Giacca e maglia blu marino, sguardo deciso e spirito determinato, il non ancora quarantenne Tommaso Sacchi conosce bene il passato della città, pre-Expo, e ha le idee chiare sul suo futuro. Dopo gli spazi ibridi, le strutture industriali riconvertite e il posizionamento internazionale della città, è tempo — ci dice Sacchi — delle grandi infrastrutture, dal progetto della BEIC (Biblioteca Europea di Informazione e Cultura) alla Cittadella della Scala, con la riqualificazione del quartiere Rubattino, passando per il MAD (Museo Nazionale d’Arte Digitale) nell’ex Albergo Diurno nella centrale porta Venezia (apertura entro il 2026) e il Museo della Resistenza. Senza però trascurare una capillare mappatura degli spazi indipendenti. Una fase che vede la città confrontarsi di nuovo con sfide complesse e ambiziose e il compito, quello dell’assessore, insieme ad altri assessorati, di dover gestire ingenti investimenti in arrivo.
Sfide non da poco che richiedono determinazione, ambizione, diplomazia e un approccio imperturbabile, qualità che non mancano al giovane, ma preparato e politicamente navigato, assessore. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare il passato, il presente e immaginare il futuro della cultura a Milano che, insieme a Cortina, tra quattro anni ospiterà i Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali.

Elisa Sighicelli, Untitled (9590), 2021, stampa fine art e pigmenti in cornice di legno

Sorride quando gli dico “ben tornato a Milano”, un po’ come se gli avessi detto “a volte ritornano”. Perché in effetti Tommaso Sacchi era già in questo palazzo ai tempi della giunta Pisapia, nel 2011, e collaborava con l’allora assessore Stefano Boeri, oggi Presidente di Triennale. Se non ricordo male seguiva, in particolare, il teatro e gli eventi performativi. “Sì — mi conferma — con Stefano Boeri mi occupavo specificamente degli ambiti teatrali e performativi. Di fatto, facendo un passo indietro, su suo mandato, avevamo creato un ufficio di progettazione culturale, una sorta di gabinetto di direzione dei progetti strategici nella cultura. Le varie “week” e le “city” — format che si sono molto consolidati in quegli anni — passavano da me al fine di creare una regia condivisa e una calendarizzazione degli eventi nazionali e internazionali.”
E come ha lasciato la città? “Ho lasciato una città — chiaramente guardandola da una prospettiva culturale, d’intreccio tra cultura e sviluppo urbanistico — che iniziava a mettersi un vestito nuovo, a creare una nuova lettura e percezione di sé. Era la fase uno degli anni dieci: la stagione della rigenerazione urbana e della riattivazione di spazi in disuso.”

Artur Żmijewski, Gestures, 2019, fotografia in bianco e nero, 58 × 75 cm. Courtesy Foksal Gallery Foundation, Varsavia e Galerie Peter Kilchmann, Zurigo

E come l’ha ritrovata dopo un decennio? “Ho ritrovato una città che ha seguito e fortificato — grazie anche a grandi investimenti e operazioni internazionali, prima fra tutte l’Expo del 2015 — quest’onda di rigenerazione e rilettura di una Milano, che nell’opinione comune, era poco ambiziosa, poco suadente e poco affascinante rispetto ad ora. Milano è diventata la capitale del contemporaneo, la porta d’Europa d’Italia, testa di locomotiva economica e un luogo di innovazione, facilitazione d’impresa e di nuove realtà nei settori comunicativi, imprenditoriali e culturali. Una città che ha raccontato come potessero nascere spazi ibridi. La fase di mezzo è stata quella, da un lato, della rilettura degli spazi, dall’altro della corsa verso un contemporaneo positivamente competitivo con le altre città europee. La fase due è stata sicuramente quella di riposizionare la città, forte di una rete e struttura dei luoghi e degli spazi molto più al passo coi tempi, e di creare una Milano contemporanea e internazionale. La cultura è stata il comun denominatore a tutte le operazioni che ognuno di noi ricordi, ogni volta che parliamo della Milano degli ultimi quindici anni.”
Oggi come immagina il futuro della città? “La fase tre riguarda le nuove grandi infrastrutture per la cultura. Nel giro di poche settimane, mesi, anni — perché parliamo di cantieri molto ambiziosi — arriveranno 135 milioni di Euro da parte del Governo. Sono soldi che parteciperanno alla rinascita di una città nella fase post pandemica e che di fatto ci permetteranno di aprire nuovi luoghi istituzionali, molto riconoscibili e iconici e di raccontare come oggi progettiamo le istituzioni del terzo millennio. Progettare una biblioteca europea oggi vuol dire, ad esempio, rispettare determinati punti che hanno a che fare col rapporto tra uomo e digitale. In prospettiva, avremo un Museo Nazionale d’Arte Digitale, il Museo della Resistenza, che sarà un completamento di Porta Nuova, il secondo Arengario del Novecento, la Cittadella della Scala.” Il tutto senza tralasciare il lavoro sulla cultura indipendente fatta impresa che l’Assessore ha citato spesso nelle sue prime uscite pubbliche. E a questo proposito ci dice: “Milano è la capitale delle realtà d’impresa e delle piccole realtà imprenditoriali, fondamentali per le attività di spettacolo e culturali. È la capitale del terzo settore culturale, dell’associazionismo che abita tutti i quartieri. È stata la prima città a creare spazi che ibridano la proposta di cultura contemporanea con l’incubazione d’impresa, che ha inventato questo rapporto positivo tra spazi di coabitazione e co-lavoro. Negli anni ha studiato modelli molto facilitati dal pubblico, incentivati da una certa idea politica e di sviluppo della città: investimenti di solidarietà tra pubblico e privato molto importanti. Penso a Base, Mare Culturale Urbano, Santeria, Magnolia… spazi voluti da giovani intraprendenti della città che avevano, da un lato, capacità imprenditoriali, dall’altro l’ambizione di lanciare Milano in Europa. Insieme ad Alessia Cappello, Assessora allo Sviluppo Economico e Politiche del Lavoro, abbiamo lanciato un bando, che chiude tra qualche mese, per mappare questi spazi ibridi. Perché vogliamo riconoscerli istituzionalmente e lavorarci in maniera seria per progettare pezzi di cultura d’impresa della città del futuro.” Oltre al MAD, che l’Assessore ha già citato e che fa capo allo Stato, gli ricordo un annuncio che ha fatto il Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 21/22 delle Scuole Civiche di Fondazione Milano, che riguarda l’idea e la promessa di un Politecnico delle arti. “Milano è la prima e unica città italiana ad avere una struttura didattica civica politecnica, che ovviamente nella sua natura metamorfica ha cambiato pelle più volte, e che incide sul bilancio dell’Assessorato della Cultura per, se non sbaglio, 11 milioni. Una grossa fetta economica pubblica. Avere un ministro che annuncia una disponibilità ad essere con noi permanentemente all’interno della gestione di questa realtà così qualificata ci fa capire di come anche quella struttura politecnica farà un salto di maggiore ambizione nazionale.” Che in altre parole significa fondi da parte dello Stato. “Sicuramente ci sarà una partecipazione anche di natura economica. Le cifre però non sono state ancora attribuite”.

Render del progetto vincitore del Secondo Arengario per l’ampliamento del Museo del Novecento di Milano, foto © Comune di Milano

Miart torna in primavera e durante la art week, che ruota intorno alla fiera, le fondazioni private porteranno in città artisti di fama internazionale: Elmgreen & Dragset alla Fondazione Prada e Steve McQueen all’HangarBicocca (entrambe le mostre dal 31 marzo). Gli chiedo cosa offrirà il Comune nella sua programmazione. “Abbiamo una doppia apertura: la mostra “Quando la paura mangia l’anima” di Artur Żmijewski al PAC (dal 29 marzo ndr); la personale “AS ABOVE, SO BELOW” di Elisa Sighicelli alla GAM (dal 28 marzo ndr) e tre nuove opere per l’ArtLine nel parco pubblico di CityLife.” E prima di prendere commiato — per usare un termine rétro che tanto si addice alle buone vecchie maniere dell’Assessore — ci tiene a dirmi che ha un grande desiderio, “lavorare in futuro su un tema che a me sta molto a cuore e che Milano può indagare molto meglio rispetto a quello che ha fatto negli ultimi decenni: il rapporto tra piazza e arte pubblica, tra città e interventi artistici.”

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